domenica 4 luglio 2010

Lorenzo Tarabella , il poeta cavatore di Seravezza mai dimenticato

A 38 anni di distanza dalla fine del suo cammino terreno, che avvenne il 4 aprile 1972, mi fa ancora piacere parlare di Lorenzo Tarabella, sul conto del quale, negli anni passati, ho scritto alcuni articoli su Versilia Oggi per ricordare le sua vita che fu anche sofferta a causa delle motivazioni che affliggevano il mondo del lavoro ancora oggi sul tappeto degli uomini del nostro tempo, tanto da saperle evidenziare nelle sue lancinanti e illuminate opere poetiche e struggenti racconti, il tutto degno della massima considerazione. Mentre scrivo lo rivedo apparire davanti ai miei occhi quando ci incontravamo nelle strade di Seravezza, durante gli anni in cui la sua famiglia si trasferì da Malbacco in una casa vicina al Ponticello, dove più in basso c'era la Chiesa della Santissima Annunziata, che fu fatta saltare in aria dai tedeschi, insieme a tutte le case del rione durante la tragica estate del 1944. Era un ragazzo con qualche anno in più di me.
Fra i miei libri ho anche il suo, intitolato “E' troppo presto!, presentato dai suoi amici seravezzini, e con la prefazione del grande maestro Narciso Lega. Questa encomiabile opera fu pubblicata postuma dalla Associazione Pro- Loco di Seravezza il 31 ottobre 1974.
La sua poesia vera, generata dal suo cuore ricco d'amore e da una profonda umanità, colpì il mio cuore per la sua “immediatezza sui “concetti, sensazioni e momenti profondamente vissuti dall’Autore”. Anche i suoi racconti, a mio parere, sono eccezionali.
Dal suo racconto il Cavatore, Sirio Giannini un grande scrittore della Versilia contemporanea, acomparso prematuramente, girò un documentario che ebbe un grande successo al Festival Internazionale del Passo Ridotto di Montecatini.
Trascrivo, qui di seguito soltanto la seguente poesia di Lorenzo Tarabella che scrisse quando perì sul lavoro il nostro grande e fraterno amico Lido Calistri, cresciuto insieme a noi ragazzi del Ponticello, intitolata “Dove andiamo stasera”
Si accesero le luci,/ un bianco fruscio d’infermeria/fluttò nella vetrata/ e svani nel silenzio delle corsie./ Fuori il mondo agonizzava,/fuori il giorno esalava l'ultimo respiro, / soffocato/dilaniato, avvinto,/ ucciso dall’ombra della sera/ carica di autunno immensamente malinconico./Le sette. L’orologio marcava le sette./Che importava un dottore!/ Ormai l’avevamo capito,/anche se i più lontani angoli dell’immaginazione / sfruttavano ogni possibilità,/ per renderla impossibile./Sì l’avevamo capito./ Capito!/Capito!.../Oh!../ Si insinuava debolmente,/ saliva piano piano,/ ingrossava, / si fermava un attimo fra i battiti del cuore:/ e lo ingannava spudoratamente./ E’ venuta!/ L’ho sentita che entrava dalla porta di ingresso, /affascinante e superba/ come un’aman te al suo milionesimo appuntamento,/ sta salendo le scale…/ e’ arrivata nei corridoi , frusciando, / è passata, /libellula nera, brivido,/dagli inavvertibili piedi felpati/ a raggelare le cose./ No!.../ Ha schiantato la sua gioventù./ Qui,ora/ ditemi a cosa servono le parole. /Fu forse un’opera d’arte/ che volle lo sciatto raggiro d’una spiegazione?/ Sopra i muri di gesso, / sopra le porte chiuse, /sopra le immobili maniglie, /sopra l’indefinibile pavimento di mattonelle, /sopra la luce sbiadita delle lampade, /sopra il quadrante dell’orologio; /sopra i vetri;/ sopra il frastuono pauroso del silenzio, / sopra i volti nostri/è fermato l’incubo di una morte bianca,/agghiacciante e terribile,/ grandiosa come la sfinge egiziana:/ Il giorno dopo c’era un sole così splendido/ che sembrava impossibile che fosse morto:/ Si dipingetemi un paesaggio!/ Ma che ci sia il ricordo di un amico perduto./ No, non verrò nella camera ardente. /Io amo il presente. Il futuro; amo la vita:
Mancavano cinque minuti:”Spostate quel carrello, poi ce ne andiamo”.E vennero,/ scolvolti e disperati portarono il tuo corpo,/inerte/ simile a un Cristo, con le mani ancora nere di morchia ,/ e la nobiltà del lavoro/ stampata col sangue sui tuoi calzoni rattoppati./ Un paio di scarpe per Lido; /una camicia per Lido; /è giovane, /forse,forse un vestito per Lido:/ e la minestra sul tavolo/ gridava una giustificazione:/ Era un operaio, / era il figlio,/ era il fratello di cinque fratelli, / era il padre che entrava nella casa del padre disoccupato: / E' morto. Era un amico. Di più era quasi un fratello./ Non lo vedrò mai più. E tu, fermati, tempo! /Torna indietro nel passato! /Eccolo:/ Spilungone e magro come John Carradine, / mi vieme incontro sorridendo, dai denti invidiati:- Ehi! / Ehi!/ Dove andiamo stasera?”

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