Ecco il motto araldico che si vide sullo sfondo della gigantesca fotografia dei leader che parteciparono al summit del G8 a l’Aquila presso la scuola Allievi Marescialli della Guardia di finanza di Coppito dove si svolse l’importante incontro tra i cosiddetti grandi della terra e che io avevo già scolpito nel mio cuore dal 15 luglio 1949, quando iniziai a frequentare a Roma, nella caserma Piave, il corso di allievo finanziere.
Fu il poeta soldato, Gabriele d’Annunzio, cavaliere, marinaio ed aviatore, decorato
di due medaglie d’oro, tre di argento ed una di bronzo che volle dedicare alla
Guardia di Finanza, per iscritto, questo motto araldico divenuto patrimonio spirituale
e viatico di fede per quanti hanno onorato ed onoreranno il Corpo compiendo fino in
fondo, oltre ogni ostacolo, il loro dovere.
I rapporti tra i militari della Guardia di Finanza e il poeta soldato iniziarono il 10
dicembre 1918, quando, dopo tre giorni di marce dure, giungeva a Fiume la XXX
compagnia della Guardia di Finanza messa alla diretta dipendenza del corpo di
occupazione interalleato con compiti di vigilanza nel porto e di polizia marittima
lungo le coste e della costituzione di una dogana interalleata. Il 15 luglio 1919 il
reparto fu rinforzato con la 9° compagnia del III battaglione mobilitato e
successivamente da altri finanzieri, arrivando a costituire il battaglione che
d’Annunzio ispezionò il 21 ottobre successivo.
In quella occasione il, Poeta soldato pronunciò un grande discorso:
“Le Fiamme Gialle sono rimaste con me a difendere l’italianità di questo sacro
lembo di terra nostra.
I finanzieri d’Italia che possono gloriarsi di avere sparato al ponte di Brazzano il
primo colpo di fucile della nostra guerra di riscossa, che in tutte le guerre che
prepararono e compirono il nostro Risorgimento, dalle cinque giornate alla difesa di
Roma, dall’assedio di Venezia fino all’attuale guerra dove nei più fieri combattimenti di Pal Piccolo, degli Altopiani, del Trentno, del Podgora, del Carso e del Piave
compirono prodezze gloriose, tingendo di sangue le rocce scabre e le paludi
fabbricose, non potevano far mancare il loro contributo alla causa di Fiume la più
bella la più santa, la più divina della cause per le quali gli uomini abbiano
combattuto. Che se la vostra opera è, non dico misconosciuta, ma troppo poco
conosciuta, non per questo è meno nobile, meno apprezzabile, meno gloriosa e
meno ispirata a nobilissime tradizioni , ch’io son fiero di esaltare.
Con lo stesso animo che vi assistette durante l’ultima guerra vittoriosa vi consacrate
ora alla difesa di Fiume. Questa vostra dedizione mi è sommamente cara. Ed è assai
strano e non senza significato che, di fronte all’avida finanza internazionale, al
cospetto delle insidie senza scrupoli tentate dai finanzieri democraticamente
privilegiati, si affermi sempre salda ed incorruttibile la schiera dei nostri finanzieri di
ferro, che il buon diritto italico, il più perfetto dei diritti, contrappone ai finanzieri
dell’oro sospinto da brame impure e a contrastarci il possesso della più italiana delle
città”.
Il 4 dicembre 1919 d’Annunzio consegnò al battaglione il gagliardetto offerto dalla
donne fiumane e il 25 giugno 1920, nel corso di una solenne cerimonia, volle
personalmente fregiarlo della “ Medaglia di Ronchi”. Anche in questa circostanza il
Poeta soldato parlò ai finanzieri:
“Fiamme Gialle - disse- è sempre con profonda commozione che io vi vedo, che io vi
incontro. In ciascuno di voi ed in voi tutti noto un gesto affettuoso; ed io vi saluto
vedendo sempre in voi l’esemplare del legionario fiumano: la dignità e la semplicità
non mai interrotte.
Io vi ho dimostrato più di una volta quale sia la riconoscenza della città, che voi
avete salvata con gli altri legionari, per esempio che avete dato e date ogni giorno
in disciplina, in sagacia, in coraggio ed in resistenza, voi lo sapete, e n’è testimonio il
gagliardetto giallo che vi affidarono le donne fiumane. E’ alta ventura per me
offrirvi oggi il segno di Ronchi, segno di legionari in questo mese di giugno che è per
voi ricco di ricorrenze gloriose. A monte Pal Piccolo, nella primezza della guerra, lo
ricordate un battaglione di fiamme Gialle fu assalito da più battaglioni austriaci, fu
accerchiato, fu respinto, fu decimato, e nondimeno continuò a combattere senza
aiuto di artiglierie, senza aiuto di rinforzi, chiesto insistentemente, e tenne la linea.
Pal Piccolo, poi Piave Vecchio e il Piave Nuovo, sulla fine della battaglia che ieri si
chiuse, detta del solstizio; e fu appunto il 21 giugno che le vostre bella Fiamme
Gialle irruppero nelle posizioni del nemico e lo annientarono. Parlo del VII , VIII E XX
battaglione che occuparono il Piave Nuovo e finalmente raggiunsero la sponda el
Piave Vecchio.
Come sul Pal Piccolo, sul Podgora, sullo Sperone, sul Carso, in Val d’Astco, sul
Cimone, dove ricordo l’eroismo di ventotto finanzieri modello ed esempio di
disciplina e di sacrificio, voi avete tenuto fermo, o Fiamme Gialle , voi avete
compreso che noi siamo qui, come sul Piave, alla difesa suprema della Patria.
Quindi a voi più che ad ogni altro legionario, a voi che ogni giorno respirate col
vento la salsedine e la frescura del Carnaro, è dovuto il segno di Ronchi.
Fiamme Gialle, debbo confermare che aggradisco di cuore il vostro pensiero di
promuovermi appuntato della Guardia di Finanza. Il vostro capitano mi aveva
chiesto in precedenza di scegliermi un grado dei finanzieri: io mi glorio di essere
appuntato...”
Al termine del discorso d’Annunzio volle anche dedicare alla Guardia di Finanza, per
iscritto, il motto araldico che è divenuto patrimonio spirituale e viatico di fede per
quanti hanno onorato e onoreranno il Corpo compiendo fino in fondo, oltre ad ogni
ostacolo, il proprio dovere: “ Nec recisa recedit".
Il poeta soldato mostrò sempre negli anni che seguirono, di ricordare con
particolare sentimento la sua “ promozione ” ad appuntato della Guardia di
Finanza; come attesta anche una lettera indirizzata il 9 settembre 1935 al
Comandante Generale dell’Epoca; in cui fra l’altro scrisse:... “ le guardie di Finanza ,
le Fiamme Gialle; in Fiume d’ Italia furono soldati esemplari: ed io ebbi l’onore di
essere iscritto nel Corpo. Cosicché a Lei scrive oggi un subordinato... ".
La lettera finiva con queste parole meravigliose: "Le Fiamme Gialle nella mia
memoria splendono e ardono.
Il 3 marzo 1938, a Gardone Riviera (Brescia), tra le numerose corone che
precedevano il feretro del “ Comandante ” - accompagnato anche da un plotone di
25 finanzieri – ce n’era una bellissima, guarnita con un nastro verde orlato di giallo
su cui spiccava in lettere d’oro la dedica “ La Guardia di Finanza al suo glorioso
Appuntato d’onore".
Renato Sacchelli