venerdì 25 febbraio 2011

1945 - Arrivano in Versilia i “Nisei”, pronti a sferrare l'attacco finale alla linea Gotica

Nel mese di marzo del 1945 notai che a Capezzano Pianore era aumentata la presenza di soldati americani. Si trattava di nuovi uomini,chiamati "Nisei", nati in America da genitori giapponesi, facenti parte del 442° reggimento, aggregato alla 92^ divisione “Buffalo”.
Ricordo che questi giovanissimi soldati , erano molto ghiotti di cipolline che gli portavano, a mazzetti, i ragazzi del posto, i quali ricevevano in cambio qualche cioccolata e del cibo conservato in scatola. Quei militari dopo qualche giorno raggiunsero la piana di Seravezza, dove sostarono nella zona di Pozzi, pronti, il 5 aprile 1945 a partecipare all’attacco finale che fu sferrato dagli Alleati all'estremo limite della linea Gotica per snidare le forze tedesche attestate sul Castellaccio, lungo tutto il Crinale del Monte di Ripa fino a arrivare sul monte Folgorito, partendo da Riomagno e dalla Desiata. Dopo aspri combattimenti, dove emerse il fulgido coraggio e valore delle truppe attaccanti, il 7 aprile 1945 la Linea Gotica, nel tratto versiliese, fu sfondata. Il motto del reggimento di questi ardimentosi e valorosi soldati, era “Go for broke”, o la va o la spacca! Dopo lo sfondamento un ragazzo di Seravezza, Alberto Benti, mio caro e indimenticato amico, scomparso in questi ultimi anni, mi raccontò di aver visto ammucchiati a Riomagno, moltissimi cadaveri di soldati americani che poi, su diversi autocarri, furono trasportati, per la sepoltura, in un cimitero di guerra alleato che non mi seppe indicare. Secondo notizie acquisite da chi scrive questo cimitero alleato dovrebbe trovarsi nella provincia di Firenze.

giovedì 24 febbraio 2011

Conosci la terra dove fioriscono i limoni?”. La mostra di pittura in memoria di Marta Gierut, esaltò i colori e lo splendore della natura.


A Calcinaia (PI) nella antica Torre degli Upezzinghi, dal 7 al 15 ottobre di qualche anno fa, fu allestita una bella mostra di pittura in memoria della giovane artista versiliese Marta Gierut, prematuramente scomparsa.
Curata da Paolo Grigò e Lodovico Gierut, il babbo di Marta, noto giornalista e critico d’arte, l’esposizione, fu ispirata da una frase dello scrittore e poeta tedesco Johann Wolfagang von Goethe, il cantore dei colori. Questa manifestazione riscosse un notevole successo. Numerose le opere esposte realizzate da più di cento pittori, tutte di piccole dimensioni ma di alto spessore artistico, in cui prevale il colore giallo, ch’è quello del sole, che riscalda la terra e fa apparire dorate le spighe di grano.
E’ il Giallo che predomina nei quadri. Goethe, considerato il massimo scrittore in lingua tedesca, sotto falso nome, fece un viaggio in Italia nel biennio 1786-88, durante il quale rimase incantato, dalla bellezza delle nostre opere d’arte e dai colori della nostra terra, tanto da ispirarlo a scrivere i libri “Teoria dei colori” e “Metamorfasi delle piante”.
Vedere appena sono entrato nella storica Torre, incorniciata in un quadro, l’immagine del volto stupendo e splendente di Marta Gierut, dal quale sprizzava felicità e vita, tanto da farmi apparire per lei lontanissima negli anni la sua morte, ha acuito il mio dolore sapendo che purtroppo questa sensibile artista e poetessa, qual è stata, non era più fra noi, anche se subito ho trovato conforto al solo pensare che la sua anima ora aleggia lassù negli spazi infiniti del Cielo, dove brilla la luce, dove c’è la pace, perché, per coloro che hanno la Fede nel Cristo nostro Salvatore, morire è vivere eternamente, un premio solo per le creature buone e giuste. E mi par bello anche pensare che da lassù ella tutti i giorni posa il suo sguardo sui loro cari e affranti genitori colpiti da un dolore immenso per la sua prematura scomparsa.
La bellezza di questa mostra venne ancora di più evidenziata dalle fotografie riportate nel DVD, realizzato per l’occasione, in cui furono illustrate tutte le opere esposte.
Marta Geirut fu studentessa dell’Istituto d’Arte Stagio Stagi di Pietrasanta e dell’Accademia di Belle Arti di Carrara. Fu allieva anche del grande scultore Franco Miozzo. Primeggia fra le opere che ci ha lasciato, la grande scultura “Il volto e la maschera”, di cui parlò suo padre con un articolo che fu pubblicato sul numero 200 del marzo - aprile 2006 del periodico mensile cattolico il Dialogo del quale egli fu un prezioso collaboratore. Questa pagina fu fotocopiata su un foglio illustrativo che venne esposto all'interno della Torre degli Upezzinghi, perché i visitatori potessero conoscere i brevi anni della vita di Marta Geirut interamente dedicati all'arte che era la sua ragione di vita.

Dal Manifesto dei diritti della Terra – Il discorso di Capo Seattle – Capriolo Zoppo – 1854

Riporto soltanto una minima parte dell’ampia risposta che il capo dei pellerossa Capriolo Zoppo nel 1854 diede al Presidente degli USA che gli aveva chiesto di vendergli la sua terra.

Toccando il tema dell’acqua, ecco, cosa disse: “ Noi considereremo la vostra offerta di acquisto Ma non sarà facile perché questa terra per noi è sacra. L’acqua scintillante che scorre nei torrenti e nei fiumi non è soltanto acqua , ma è il sangue dei nostri antenati. Se noi vi vendiamo la terra dovete ricordarvi che essa è sacra e dovete insegnare ai vostri figli che essa è sacra e che ogni tremolante riflesso nell’acqua limpida del lago parla di eventi e di ricordi della vita del mio popolo. Il mormorio dell’acqua è la voce del padre di mio padre. I fiumi sono i nostri fratelli ed essi saziano la nostra sete. I fiumi portano le nostre canoe e nutrono i nostri figli.. Se vi vendiamo la terra , voi dovete ricordare ed insegnare ai vostri figli che i fiumi sono nostri fratelli ed anche vostri e dovete perciò usare con i fiumi la gentilezza che userete con un fratello”.Parlando delle città disse: “Non c’è alcun posto quieto nelle città dell’uomo bianco. Alcun posto in cui sentire lo stormire di foglie in primavera o il ronzio delle ali degli insetti. Ma forse io sono un selvaggio e non capisco. Il rumore della città ci sembra soltanto che ferisca soltanto gli orecchi. E cosa è mai la vita , se l’uomo non può ascoltare il grido solitario dei succiacapre o i discorsi delle rane attorno ad uno stagno di notte? Ma io sono un uomo rosso e non capisco: L’indiano preferisce il dolce rumore del vento che soffia sulla superficie del lago o l’odore del vento stesso, pulito dalla pioggia o profumato dagli aghi di pino. L’aria è preziosa per l’uomo poiché tutte le cose partecipano dello stesso respiro. L’uomo bianco sembra non accorgersi dell’aria che respira e come un uomo da molti giorni in agonia, egli è insensibile alla puzza. Ma se noi vi vendiamo la terra , voi dovete ricordare che l’aria e preziosa per noi e che l’aria ha lo stesso spirito della vita che essa sostiene. Il vento che ha dato ai nostri padri il primo respiro , riceve anche l’ultimo respiro. E il vento che deve dare anche ai nostri figli lo spirito della vita. E se vi vendiamo la nostra terra voi dovete tenerla da parte e come sacra, come un posto dove anche l’uomo bianco possa andare a gustare il vento addolcito dai fiori dei prati”.

P.S.
Parlò il grande e saggio capo indiano anche di altre tematiche tuttora attuali, in ordine alle quali l’uomo, nonostante siano trascorsi oltre 150 anni, non ha ancora imparato nulla per migliorare le sue condizioni di vita, anzi, sotto molti aspetti, ha peggiorato la situazione.

venerdì 18 febbraio 2011

Il Giugno Pisano: la Luminaria.

Strisce del cielo dove brillano da sempre miriade di stelle che alla vista dell’occhio dell’uomo appaiono come infiniti puntini luminosi, da secoli vengono staccate, per una notte, dalla “fantastica” creatività pisana, dalla volta celeste per posarle ordinatamente ed anche con geometrica precisione, lungo i muri dell’Arno, sulle facciate degli antichi palazzi e financo sulla superficie delle sue acque che continuano perennemente a scorrere verso il mare. La prima edizione di questa eccezionale luminaria, secondo manoscritti dell’epoca, risale al 1688, quando Cosimo III dei Medici fece mettere nella cappella del Duomo appena terminata, l’urna di cristallo contenente il resti di San Ranieri e che da allora fu chiamata col nome del Patrono. Il passaggio della “reliquia” fu salutato dai pisani con l’illuminazione delle strade e delle facciate degli edifici con tipici “lamparini” (lumi di cera accesi dentro appositi bicchieri di vetro). Dalla fine dell’Ottocento l’usanza dell’illuminazione, arrivata ai nostri giorni, assunse il nome di Luminaria. In effetti sembra che fin dai tempi remoti i pisani erano soliti illuminare il corso dell’Arno ed i palazzi per sottolineare in modo particolare liete ricorrenze. E' da dopo la costruzione della cappella di San Ranieri, che la luminaria si svolge insieme ai festeggiamenti dedicati al Santo Patrono. Inizialmente si svolgeva ogni tre anni e soltanto in occasione di eventi eccezionali la stessa veniva ripetuta senza tenere conto dell’apposito calendario. Nel tempo passato furono eseguite edizioni fastose fino agli ultimi due o tre decenni dell’Ottocento quando l' Autorità comunale fu costretta a sospenderle per difficoltà economiche. Dal 1886 la manifestazione fu ripresa, con fatica, per iniziativa di un circolo giovanile cattolico, grazie anche al contributo finanziario dell’intera comunità. Ma il ripristino alla grande di questa manifestazione pisana, avvenne nel 1937 unitamente a quella del Gioco del Ponte. Fu interrotta due volte: la prima avvenne per motivi connessi allo scoppio della seconda guerra mondiale (1940/1945) che continuò anche negli anni del dopoguerra fino al 1952, e la seconda dipese dalla esondazione dell'Arno che si verificò nel 1966, causando a Pisa il crollo del ponte Solferino e di alcuni argini.
La festa della luminaria di Pisa che viene effettuata il 16 giugno di ogni anno termina con un eccezionale spettacolo di fuochi pirotecnici che rende sempre più fantasmagorico parte del cielo della città della Torre pendente.

domenica 13 febbraio 2011

Emilio Barberi, marinaio fortemarmino, medaglia d'oro al valore militare.

Ricordo bene quel giorno che appresi sui banchi dell'Avviamento professionale al lavoro di Seravezza che uomini ardimentosi della Marina militare, su speciali “barchini esplosivi” avevano violato la base navale inglese costituita nella rada di Suda, sulla costa settentrionale dell'Isola di Creta, riuscendo ad incendiarla, dopo aver colpito tre navi cisterna e un incrociatore. Faceva parte di questa squadra di marinai, che si erano preparati alla storica impresa, anche il fortemarmino Emilio Barberi che in quell'epoca rivestiva il grado di sergente cannoniere dei M.A.S..

Questa eccezionale impresa infiammò il cuore di tanti piccoli ragazzi di Seravezza che, nonostante la fame in corpo, cantavano canzoni che inneggiavano all'eroismo dei soldati, dei marinari e avieri italiani, ovunque impegnati in epiche battaglie.
Giorgio Giannelli, nel suo libro “ La Versilia ha vinto la guerra”, edito nel dicembre 1989, ha parlato con dovizia di particolari, del grande valore, dimostrato dai militari versiliesi in Etiopia, in Libia, in Russia, nei Balcani, ed in altre zone operative durante la seconda guerra mondiale.
Si contano medaglie d'oro, d'argento e di bronzo concesse al valor miitare dimostrato da tanti uomini versiliesi di ogni Arma e grado, diversi dei quali, purtroppo, insigniti di questa onorificenza alla memoria per avere perso la vita nel corso di sanguinose battaglie da essi combattute contro le forze nemiche.

In questo suo prezioso libro ha illustrato come si svolse questo storico assalto alla base navale di Suda che avvenne nella notte del 25 – 26 marzo 1941, quando uomini molto addestrati, a bordo di piccoli motoscafi a fondo piatto, larghi m. 1,90 e lunghi m.5,20, manovrabili dal pilota e carichi nella sua parte anteriore di 300 kg. di esplosivo, si portarono davanti alla rada di Suda, per entrare nell'interno della stessa , con il compito di individuare l'obbiettivo da colpire per affondarlo.

Favoriti dall'oscurità della notte, tutti i motoscafi riuscirono a forzare un triplice ordine di ostruzioni poste per impedire l'accesso a mezzi navali italo-tedeschi. Non fu facile per Emilio Barberi e i suoi compagni proseguire nell'attacco predisposto a causa di un fuoco intenso di sbarramento che iniziò subito dopo l'entrata nella rada di questi particolari barchini.

Dopo aver localizzato le navi da colpire, fu impartito ai marinai, che manovravano questi mezzi di assalto, l'ordine di attacco. Gli “arditi del mare” lanciarono i loro natanti sugli obbiettivi prestabiliti. Furono colpite tre navi cisterna e l'incrociatore York di 8.200 tonnellate.

A pochi metri di distanza dalla grossa petroliera che fu affondata dal barchino esplosivo di Emilio Barberi, questi si gettò in mare per raggiungere la riva nuotando vigorosamente. Da li attese che fosse catturato da pattuglie inglesi, mentre i suoi occhi osservavano la rada che stava bruciando.

Poco dopo fu catturato e fatto prigioniero da una pattuglia, che sbigottita e incredula da tanto sangue freddo del marinaio italiano e anche dall'indifferenza da lui dimostrata di fronte alle probabili rappresaglie che gli inglesi potevano prendere nei suoi confronti.

Il Barberi trascorse la lunga prigionia a Bopal nel centro dell'India. Alla fine della guerra venne decorato dagli stessi alti ufficiali della marina inglese che ebbero l'onore di appuntare sul suo petto la medaglia d'oro che gli fu concessa per questa impresa compiuta insieme ad altri marinai coraggiosi. L'ammiraglio Morgan che nel 1945, compì questo gesto cavalleresco, volle esprimere i suoi complimenti sia al Barberi che a tutti gli altri uomini che nel marzo del 1941 avevano compiuto questa leggendaria impresa.

martedì 1 febbraio 2011

Cerpelli Pompe

Ricordo la società Cerpelli pompe che fu fondata nel 1904 dall’ingegner Attilio Cerpelli. Questa società rivestì un ruolo importante dando lavoro a moltissime maestranze versiliesi contribuendo alla crescita dell’economia locale, a partire dal 1935, allorquando si trasferì dalla Liguria alla Centrale di Seravezza. Presso la società dell’onorevole Attilio Cerpelli lavorò anche mio padre nei primi anni 40 e mio cugino Giuseppe ( assunto il 1° aprile 1964, all’età di 15 anni, come apprendista tornitore e dov’è rimasto, senza soluzioni di continuità, per 38 anni ) e, nel 1949, per pochi mesi, anche chi scrive. Nelle officine versiliesi dell’onorevole Cerpelli (titolo acquisito dopo la sua elezione a deputato per il partito democratico liberale, nella 25^ legislatura del Regno d’Italia, prima dell’ascesa al potere di Benito Mussolini) lavoravano, negli anni precedenti lo scoppio della seconda guerra mondiale ed anche in quelli successivi, moltissimi giovani versiliesi, assunti come apprendisti meccanici, saldatori e tornitori. Nell’estate tragica del ’44 l’officina Cerpelli fu fatta saltare in aria dagli operai della organizzazione tedesca Todt, così come fecero per una parte di Seravezza e interamente a Corvaia e Ripa che furono rase al suolo. Nel 1948 l’onorevole Cerpelli riprese l’attività, impiantando a Querceta un’altra officina. Nel 1949 attivò una fonderia in un capannone preesistente in località Madonnina, a due passi dalla ferrovia. Fu grazie all’interessamento di mio padre che anche chi scrive lavorò in questa fonderia insieme a me furono assunti, senza essere assicurati, altri tre giovani apprendisti. La nostra paga era di trecento lire al giorno. Dopo il terzo mese di lavoro ricevemmo una lettera con la quale ci venne comunicato che la società aveva disposto a nostro favore l’aumento del 10%, pari a lire 30 giornaliere. Ho sempre saputo che la società di Attilio Cerpelli costruiva pompe da lui ideate e di alta potenzialità, sia per le navi che per le raffinerie ed altre industrie. Dovevo leggere l'Almanacco Versiliese di Giorgio Giannelli per apprendere la vasta gamma dei macchinari prodotti dalle officine della società Cerpelli, la più importante d’Italia, che contava 1200 dipendenti, per la costruzione di centrifughe rotative e a stantuffo, turbopompe, elettropompe, compressori a bassa e ad alta pressione, frigoriferi per navi e impianti per condizionatori di aria, tutti macchinari di alta qualità. Se non avessi letto l’Almanacco Versiliese mai avrei saputo nulla anche sul “blue ribbon”, sì il nastro azzurro cui si fregiò il supertransatlantico Rex, il più bello del mondo, costruito dall’Ansaldo di Sestri Ponente con pompe Cerpelli, le quali furono determinanti per la conquista del primato di navigazione dell’Atlantico, che avvenne tra il 10 e il 16 agosto 1933, allorché, salpato da Genova con scalo a Gibilterra, giunse a New York con 27 ore e 20 minuti di anticipo rispetto all’orario stabilito. La traversata dell’Atlantico fu effettuata in 4 giorni, 13 ore e 50 minuti, alla velocità di 28,2 miglia orarie, stabilendo un record fino a quel giorno detenuto da navi della marineria inglese. Fu un trionfo per la Marina mercantile italiana. Il Corriere della Sera del 18.8.1933, in relazione a questa impresa, scrisse: ”Il motivo che predomina nella valutazione dell’importantissima vittoria tecnica della Marina mercantile italiana, è costituito dal possedere, questa nave gloriosa, macchinari totalmente nazionali, concepiti e costruiti nelle officine Cerpelli”. Memorabile la spedizione, che nel 1985 fu effettuata dall’officina Cerpelli, di un colossale macchinario antincendio per l’Arabia Saudita del peso complessivo di 24 tonnellate, completamente automatizzato, progettato e brevettato dai propri tecnici. All’uscita del macchinario dallo stabilimento assistette la seconda classe di una locale scuola elementare accompagnata dalla maestra. Un bambino, Fabio Verona, inviò a Versilia Oggi quanto aveva annotato sul suo diario in merito all’avvenimento a cui aveva assistito. Il piccolo Verona nell’attimo in cui le gru alzavano quella gigantesca pompa, credette di sognare, come si legge, tra l’altro, anche nell’Almanacco Versiliese, sotto la voce Cerpelli Pompe. L’ingegner Cerpelli dirigeva lo studio tecnico che aveva nella sua villa di Capriglia, dove tutti i giorni saliva il personale specializzato nel disegno professionale. Spesso l’onorevole controllava personalmente i lavori che venivano svolti sia nell’officina che nella fonderia. Nel suo andare e venire da Capriglia o dall’altra sua villa di Viareggio, sovente era accompagnato dal figlio, l’ingegnere Orazio, pure lui interessato alla gestione della società paterna. Mai ho avuto modo di scambiare una parola con l’onorevole Attilio Cerpelli, che di solito dialogava con il capo della fonderia. Fra i tanti bravi operai formisti della fonderia che conobbi 55 anni fa, c’era anche il signor Mazzucchi, padre dell’ attuale Sindaco di Seravezza. I modellini in legno, necessari per la fusione dei pezzi per la costruzione delle pompe, venivano forniti, nel 1949, dalla ditta costruttrice Vito Viti con sede a Seravezza. Era solito trasportarli alla fonderia, su un carretto. Virgilio Salvatori, che lavorò come apprendita,  per qualche tempo, nella ditta del Viti. Virgilio che fu mio amico,  era nato e cresciuto al Ponticello di Seravezza  fatto saltare in aria insieme a tutte le case del rione, durante la tragica estate del 1944, tra le quali c'era anche quella in cui abitavo, che fu di  di proprietà , del mio nonno materno Raffaello Binelli, deceduto nel 1927.    Il Cerpelli era un uomo anziano e molto distinto. Al solo apparire nella fonderia, intimava non solo rispetto a tutto il personale, ma anche un certo timore. Diversa la figura del capo dell’ufficio amministrazione, signor Feliciani, uomo affabile, sempre sorridente e gentile. La presenza dell’ingegnere Attilio Cerpelli in Versilia è stata molto importante sia per la ripresa economica nazionale che locale, in particolare a partire dall’immediato dopoguerra, quando la nostra terra, ancora piena di macerie, contava un tasso di disoccupazione molto elevato. Tanti uomini, compresi gli anziani, andavano a fare la rena nel fiume per guadagnare soltanto poche lire necessarie per sopravvivere. Alla ripresa dell’attività in Querceta, la situazione finanziaria della società Cerpelli doveva ancora risentire degli ingenti danni bellici subiti nel ’44, diversamente non si spiegherebbe l’omessa assicurazione degli apprendisti assunti nel ’49. Mi fa molto piacere sottolineare che la società fondata nel 1904 dall’ingegnere Attilio Cerpelli, ora nota come Commerciale Cerpelli srl con sede a Querceta, dopo aver superato nel corso dei suoi cento anni di vita anche “paurose” crisi; abbia ripreso in pieno la sua attività, tant’è che annovera, fra i suoi clienti attuali, le maggiori industrie petrolifere, meccaniche e cantieristiche ecc., sia nazionali che straniere. Mi pare altresì doveroso porre in risalto un altro primato conseguito, nel 1998, quando la società versiliese costruì due grandi pompe centrifughe a cassa divisa per gli Emirati arabi, da 5.200 metri cubi ora, mai costruite precedentemente.