martedì 24 giugno 2008

Staffetta

A marzo, a Roma, i politici

dovevano correre la staffetta,

in palio anziché medaglie

e lucenti coppe, c’era

la poltrona prestigiosa

riservata al Capo del Governo.

Il vincitore pareva già designato,

almeno così, più volte,

l’avevo letto sul giornale.

Il PSI lascerà il posto alla DC,

De Mita subentrerà a Craxi !

Poi, per via del nucleare

e su questioni referendarie,

le cose si misero male.

Dimissioni dell’esecutivo,

consultazioni, esplorazioni,

riconsultazioni, ci portarono

ad un Governo istituzionale,

ch’ebbe una fiducia che invece

non fu considerata tale.

Insomma una gran confusione,

tant’è che fu il popolo

a correre la staffetta

senza corsie preferenziali,

ma con il testimone

che i politici gli avevano

di prepotenza rifilato

nella mano.

lunedì 23 giugno 2008

Morte di Filippo Raciti, valoroso ispettore capo della Polizia

Sbigottito e sconvolto dal dolore.
Ecco cosa ho provato nel mio cuore
nel veder le immagini sconvolgenti
e terrificanti, trasmesse dalla televisione,
dopo l'’incontro di calcio, sì del pallone,
Catania-–Palermo, disputato il 2 febbraio 2007.

Doveva essere un momento di sana allegria
tale da riempire di festa tutta la tifoseria
che doveva scambiarsi sorrisi e abbracci
mentre nell’'aria avrebbero dovuto far volare
palloncini rosso-azzurro e rosa nero, tanto da incantare,
nel veder nel cielo, colori più accesi e caldi dell’'arcobaleno.

Amore, questa la cosa fondamentale che doveva unire i tifosi.
Invece è scoppiata una dura battaglia, voluta da troppi facinorosi,
sì da violenti teppisti, che senza alcun timore,
contro le Forze dell’'Ordine, si sono lanciati con furore
e la Polizia con grande impegno ha reagito
per riportare la calma e ripristinar l’'ordine sovvertito.

Gli uomini della Legge non sono stati premiati,
uno di essi, l’'ispettore capo Filippo Raciti
che correva instancabilmente in qua e là,
dove gli scontri si facevan sempre più serrati,
colpito da un corpo contundente,
cadeva a terra ferito mortalmente.

Incredibile la scena di questa inaudita violenza,
che ha tremendamente scosso la nostra coscienza,
un orrore ripugnante questa brutale aggressione,
che vilmente ha stroncato il cuore di un valente servitore,
figlio del popolo, padre di famiglia che tentava di riportare alla calma
tutta quella folta e scatenata teppaglia.

Meritavano profondo rispetto gli uomini della Polizia
per il duro servizio da sempre esplicato,
invece teppisti violenti li hanno attaccati,
brandendo corpi contundenti e quant’'altro che
capitava fra le mani di questi forsennati
che non ragionavano più perché molto indiavolati.


Questa vigliacca aggressione che ha generato
tanta violenza e la vile uccisione di Raciti
ci ha sprofondato nel più grande dolore.

In un luogo d'’incontro tra giovani forti e felici,
e per questo fonte di gioia di vivere,
nessuno avrebbe dovuto invece soffrire e morire.

Per l'incredibile scomparsa
di questo fedele servitore,
piangono la sua adorata sposa e i due figli
Alessio e Fabiana, insieme a tutti i parenti e amici.
Piangono con loro tutti gli italiani
che rispettano le leggi, e sono quindi di principi sani.

La vedova di questo poliziotto ci ha fatto conoscere
ciò che le disse Filippo il giorno del suo
quarantesimo compleanno:
"“Ho firmato per la donazione degli organi!”".
Non è possibile fare l’'espianto, le risposero i medici.
il corpo di suo marito è a disposizione del perito.

In quel momento la vedova pensò che
avevano rubato anche l'’ultimo desiderio
manifestato dal suo caro e amato marito,
difensore strenuo della legge, nel cui cuore,
aveva però riservato ampi spazi d’'amore, da dedicare
a tutte le abbisognevoli creature del Signore.

Morì senza nimo accanto

Sul mucchio di fieno misso nel cantone

del fondo buio pieno di attrezzi,

stacea mi’ mà con la figlioletta in braccio

e ccon la gamba gonfia e fferita da le schegge

dei colpi di mortaio sparati dai Tedeschi;

seduta su una seggiola c’era anco la mi’ nò

che pregava in continuazione : “ Avemmaria... “,

mentre l’eco terrificante de le esplosioni

l’aveimo sempre ne le nostre orecchie.

“ A Giustagnana un si póle più sta,

dobbiemo scappà. Via! Andiemo via ! “,

così decise mi pà.

“ E la nò, che un ce la fà a ccamminà ? “

“ La guardo io... “, fu quanto promisse una sfollata,

a la quale lasciammo tutto quélo

ch’era rimasto ne la borsa del mangià,

comprese le scatolette di carne congelata

che i ssoldati mericani ci aveino datto,

per le pesanti munizioni fin sule loro trincee portate.

Fuggimmo di matina ed in cima al Montornato

rividdi il mare, ma non più la mi nò.

Morì lassù disperata, senza nimo accanto,

le rubbarono la vera e ggli orecchini d’oro

e la tèra d’una piana, senza la bara,

ricoprì il su’ corpo.

Ah, se potessi davéro ritornà indietro,

tanto farei per un staccarmi mai da lé,

per accarezzalla e sstringelle le mane,

per dille: “ Ecchimi nò, un sei rimasta sola! “

Anco se eno passati tanti anni da quel giorno,

vivo e immutato drénto di me è rrimasto il su’ ricordo

e pper questo che ancora oggi sono triste e ppiangio.

Renato Sacchelli

venerdì 20 giugno 2008

La nuova bandiera

Auree luci nel cielo

sprigiona la bandiera

che hanno disegnato

gli uomini uccisi

dalle canne di fuoco

di chi, con la violenza,

intendeva toglierci

il bene acquisito,

sin da quando abbiamo

emesso il primo vagito:

la Libertà !

Questo grande vessillo

un lenzuolo macchiato,

impregnato di sangue,

sempre ammainato

sui corpi senza vita,

lo vorrei issare

sul pennone più alto

piantato sulla Terra,

per farlo sventolare

in onore della schiera

di eroi e martiri,

caduti a difesa,

della nostra Libertà.

giovedì 19 giugno 2008

Una nuova luna per sognare

Per tantissimi anni

l’uomo ha sognato

dolci canzoni d’amore

che facevano vibrare

il cuore degli amanti

che vivevano passioni ardenti

sotto il lume della

splendente, pallida,

verde, sorridente luna;

ricordo, quand’ero giovane,

che ce n’era una anche

tutta algerina.

Quando Neil Armstrong,

sceso dal Lem,

posò i piedi sul suolo

lunare, cosparso

di polvere e sassi

e constatò che tutt’intorno

era grigio e nero,

finì per gli uomini

il bellissimo sogno

che durava fin dall’antichità:

arrivare fin lassù per amare

donne dalla pelle chiara di luna.

Era il ventuno luglio

millenovecentosessantanove,

ore quattro e cinquantasei.

Da allora l’uomo

avverte un gran bisogno

di scoprire una nuova luna

per continuare a sognare,

amare e cantare.


Un parlatimi più di paradisi artificiali

Finimola ragà di giocà col foco;

la droga v’avvelena e po’ vi uccide;

perchè, ditimi perché vi bucate?

E atroce, duvete capillo, quelo che fate.

Col cervello bloccato da false sensazione

un riscite a vedè la bellezza de la vita

che tale è se vissuta accanto a le persone

che vi voglino vramente bene:

la mà, il babbo, i fratelli, le sorelle e i nonni

e ‘na giovenetta che po’ doventerà

la vostra cara e fedele sposa.

Nell’amore e nella capacità di lavorà

troverete la forza per superà, state seguri,

i momenti dificili che attraversate.

Siate forti per strappà a le rocce

le mitiche, guasi inafferrabili, stelle alpine

e lassù, da le cime dei monti che scalerete,

finalmente capirete,

di avello sotto il vostro sguardo,

il Mondo meraviglioso che Dio ha creato

per voi e per tutta l’Umanità.

E un parlatimi più di pradisi artificiali

e ascoltatimi ragà per il vostro bene.

Un volo senza ali
Piangeva, col volto sul guanciale,
la giovane nord africana,
mentre nella povera casa
giocavano, ignari di ciò che avea
in  mente  la sventurata madre, 
i tre bambini,i soli tesori avuti dalla vita.
Rimasta sola, coi suoi sogni infranti,
in quanto abbandonata nell’immensa città
da un uomo vile e infame,
indegno di essere padre,
la donna capiva
che la situazione familiare,
così com’era, a lungo
non poteva continuare.
Quando, udita nelle scale
la voce dell’assistente sociale,
erroneamente pensò:
“Ecco, è giunto il momento
del distacco.” Gridò:
“No ! Non voglio ! Non dovete
portare via i miei bambini.”
Invece della porta
aprì la finestra
e così vide le rondini
sfrecciare liberamente
davanti alla sua casa
e sparire nell’azzurro cielo.
Follemente immaginò
che anche i suoi figli,
muovendo le braccia e le manine,
potessero volare senza ali,
per raggiungere un mondo migliore
dove prevalgono sentimenti d’amore
e per non soffrire più,
forse per fargli ritrovare
anche il padre.
In un baleno, uno ad uno,
li lanciò nel vuoto.
Si spaventò quando s’accorse
che invece di volare
s’erano schiantati
sul selciato stradale.
Di corsa, allora, scavalcò il davanzale,
per riprendere i suoi piccini,
per stringerli al suo petto,
per dirgli quanto li amava,
per baciarli, baciarli,
ancora, ancora.
Anche lei finì di schianto
accanto ai suoi tesori;
fu un impatto violento.
Voleva allungare le mani
per accarezzarli,
ma non poteva,
desiderava parlare con loro,
ma non poteva;
immobile, paralizzata,
non aveva più la voce.
Solo i suoi grandi occhi
sbarrati, dilatati,
esprimevano il suo amore
e tutta l’angoscia
ed il profondo dolore
per una vita breve vissuta
in una società dove esistono
uomini senza cuore
e dove molte creature
sono abbandonate
al loro tragico destino.
Renato Sacchelli

mercoledì 18 giugno 2008

Timido da morì

Avea i capégli biondi e occhi color del mare
la gióvena che, a Ripa, il còre gli fé palpità.
Timido da morì, doppo un po’ che le stacea intorno,
il bel giovénetto, con gentile garbo,
la invitò a bballà quando l’orchestrina
cominciò a ssonà un dolce tango,
‘na melodia che s’avvilucchia e dda sempre fà sognà.
Per inizià con lé a pparlà duvea approfittà del ballo,
però avea pagura di apparì antepatico,
d’esse banale, che confusione, gioia e ttristezza...
davéro ‘n pianto, per questa su’ inaspettata incapacità a ddialogà.
Ma il còre lo soccorse a mmetà del brano musicale,
quando sussurrò: “ Ballo con la più bela del mondo”.
Lé lo guardo negli occhi e ppòe, a vvoce bassa, rispondette:
“Sei gentile e ccaro, ma quanta esagerazione,
tu solo mi vedi bela e ggnanco sóno più ‘na giòvenetta
e ggià ho vissuto storie con òmeni: che disperazione!
C’era la gùera e ssi patia la fame, ci fui costretta”.
“Un dì nulla, veni fòra a rrespirà un po’d’aria fresca,
si va al Cinquale, ti porto sula canna de la bicicrétta”.
Un dèra pesa: mentre pedalaa il giovénetto sentia
un inebriante profumo, sìè... il su’ profumo di donna.
Arrivonno quando il sole già toccaa l’orizzonte, scalzi,
mana ne la mana e ccol passetto de l’amore, andonno,
saltellando, incontro a le tenue onde che s’infrangevino,
lentamente, lungo la battigia; seduti in mezzo ai patini,
sula sabbia ancora calda, attesero
l’apparizione nel célo de la luna e de le stelle.

martedì 17 giugno 2008

P A C E AMORE POESIA

La poesia di Renato Sacchelli mirata alla trasposizione di sentimenti della propria dimensione di ogni giorno, si svolge sul piano prevalentemente intimistico con versi la cui genuinità, scevra da orpelli di ogni sorta, offre un’immediata presa su concetti, sensazioni, momenti profondamenti vissuti dall’Autore. Figurazioni intensamente sentite, malinconicamente ricontemplate e dolenti immagini di pensosa sensibilità, con amare e incisive considerazioni, pare che sospendano i problemi in accettazione rassegnata; ma l’efficacia dei versi scorrevoli, suggestivi ed incalzanti, in una vena poetica romantica, religiosa, umana, toccano quella parte di “animo” che , in ognuno di noi, troppo spesso si reprime e coinvolgono nella speranza, nella volontà, nell’impegno per la loro risoluzione. L’Autentico lirismo, attinto dall’inesauribile fonte del sentimento, riflette il carattere onesto e cristallino di Uomo intelligente, attento, acuto che nutre amore per Dio ed il suo Creato ed amore per l’amore. Da Ley Tolstoy: "La forza della poesia sta nell’amore; senza amore non si fa poesia". G. A. Paoli (San Valentino 1987)

lunedì 16 giugno 2008

A mi' ma'

Èrino mesi che mi dicei:
"Un mi sento più d’andà
a la bottega, a ffa la spesa,
un mi risce gnanco scende le scale",
ma in casa senza fa nulla
un ci sapei sta
ed eri sempre a llaborà
come una formicolina,
anche se d’anni
n’avei un’ottantina.
Ora sto accanto a tté a l’ospidale,
duve ti portonno la matina
che un movei più
la gamba il braccio e la manina.
Pati e al tu’ bimbo grando
gli si spezza il còre
mentre prega il Signore:
"Falla guarì...
dà a mme il su’ male".

Il tuo Renato

domenica 15 giugno 2008

In nome dell'amore

Li vediamo sotto i portici
sempre più numerosi,
silenziosi, dignitosi;
a passanti frettolosi mostrano,
distesi su pezzi di stoffa,
accendini, monili
ed altre cose di poco prezzo.
Con abiti leggeri sfidano la pioggia,
il vento e il freddo;
non importunano la gente.
Pazientemente aspettano
che s’avvicini il possibile,
atteso, desiderato cliente.
Si tratta, spesso, di ragazzi come loro;
l’unica differenza: il colore della pelle.
Sono scappati da sfortunate
seppure belle terre lontane,
da assolate distese africane,
dove c’è chi muore di fame,
perché sulla terra bruciata
dai raggi del caldo sole
non cresce più il grano
ma s’alzano dune di sabbia
del deserto che avanza minacciosamente,
insieme a nuvole di cavallette.
In nome dell’amore eterno,
di questo nobile sentimento,
facciamoglielo sentire,
coi fatti e non a parole,
che non sono rimasti soli,
che sono nostri fratelli.

All’alba sulla cava

Per arrivare all’alba sulla cava
dove un duro lavoro l’aspettava,
di buon ora il cavatore di Seravezza s’alzava,
quando negli anni Trenta ero bambino.
Passato l’uscio, col cibo nel fagotto,
il cielo osservava: nello spazio infinito
sempre splendevano miriade di stelle,
mentre tanta gente ancora a casa riposava
e la sposa trepidante di già il suo ritorno aspettava.

Su passerelle ballerine attraversava il fiume,
saltando sui sassi oltrepassava canali e ruscelli,
con altri compagni, in fila, percorreva irti sentieri
tracciati tra boschi e ravaneti.
E già da tanto lavorava
allorché s’udiva la campana
che ogni dì annunciava
la celebrazione della Messa del Signore.

Questa era la vita dell’uomo dal passo ferrato,
dal destino talvolta tragicamente segnato.
Infatti c’era chi la vita perdeva,
schiacciato da un blocco abbacinante,
scavato con molto sudore,
dove rimanevano grumi di sangue del cavatore.

Primavera 1990

No ! Questa volta non voglio,
davvero non voglio parlare di viole,
di mandorli in fiore
né di cuori innamorati.
Pensate e ricordate!
E’ la prima Primavera
che Nelson Mandela
finalmente trascorre in libertà,
dopo quasi trent’anni di galera,
reo soltanto, nella propria terra,
di volere gli stessi diritti dell’uomo bianco.
E’ la prima Primavera
senza l’incredibile e vergognoso
Muro di Berlino;
è la prima Primavera di libertà per la Lituania
e per tanti altri popoli dell’est europeo.
Ricordate!
E’ la prima Primavera
che non viene salutata
e festeggiata dagli eroi della piazza di Pechino,
la piazza di Tienanmen,
sì, ragazzi eroi,
disarmati, trucidati dai carri armati,
perché inneggiavano alla libertà
e volevano vivere democraticamente;
un sogno legittimo
rimasto nei loro giovani cuori
barbaramente schiacciati.

sabato 14 giugno 2008

San Valentino

Occhi radiosi
s’incontrano,
mani tremule
accarezzano
il dolce viso.
Caro...
è bellissimo
il tuo regalo,
non l’aspettavo!
Amore...
anche il tuo
è stupendo,
non dovevi,
a me basta
il tuo cuore.
Caro!
Cara!
E' San Valentino
stasera si va
fuori a cena
a festeggiar
questo giorno.
Mentre in tante
parti del mondo
si scambian
doni, baci,carezze
e c’è chi beve,
al piano bar,
fresco champagne,
nei dintorni
di Bassora
nel golfo Persico,
insanguinato,
si decompongono
nella fanghiglia
tanti ragazzi
che sono stati
colà uccisi
incolpevoli fiori recisi
sull'esile stelo.

Quale Patria?

Splendente era la vera
che portava al dito mia madre
durante gli Anni Trenta,
fino al giorno in cui
uscì di casa
e ritornò tutta emozionata
senza più l’anello d’oro,
ma con un cerchietto di ferro.
“Ha fatto il suo dovere!
L’ha donato alla Patria!”
Come lessi anch’io
sul pezzetto di carta
che le fu dato.
Poi scoppiò la guerra
e patimmo la fame.
E sempre in nome della Patria ci dissero:
“Portate un po’ di lana dei materassi!
E’ necessaria per fare i calzettoni
per i nostri soldati in Russia,
altrimenti rimarranno
con gli arti congelati”.
E ancora, in nome della Patria
ci tolsero le inferriate
e si presero le pentole di rame
per fabbricare armi;
subimmo bombardamenti e distruzioni
e ci furono tante vittime innocenti.
Negli ultimi giorni del tragico conflitto,
a Dongo riapparvero gli anelli d’oro
che le spose italiane
avevano donato alla Patria.
Ma quale Patria ?

L'angelo biondo

Estate 1944 – Sfollamento e patimenti di ogni genere. Una ragazza, un Angelo biondo, fu catturata dai tedeschi e martirizzata.


A Seravezza, durante l’estate del 1944, avevano trovato rifugio diverse famiglie provenienti da varie località della Versilia, in particolare da Forte dei Marmi e da altre zone litoranee; il paese fu in quel tempo intensamente popolato come non mai, c’era anche gente di Livorno e della provincia di La Spezia.

Tanti sfollati si erano adattati a vivere in vecchi fondi (locali al piano terra ), nella circostanza imbiancati e resi il più possibile confortevoli, ma che in condizioni di vita normali non sarebbero mai stati abitati perché pieni di umidità e privi anche dei servizi igienici, di intonaci alle pareti e anche della pavimentazione e se c’era, questa era stata fatta con sole pietre e/o piastroni. Durante l’ultima guerra era convinzione comune che i monti intorno a Seravezza costituissero una difesa naturale contro gli eventuali cannoneggiamenti navali e terrestri, in relazione alla traiettoria dei proiettili, che sparati da qualsiasi punto, non avrebbero mai potuto colpire il centro abitato.

Ci furono delle discussioni in proposito fra noi ragazzi; qualcuno per farsi capire meglio, si aiutava coi gesti delle mani tracciando linee figurate che avrebbero percorso i proiettili che sorvolavano il paese, finendo nelle località più alte del monte intorno a Giustagnana, della Cappella o addirittura sul monte Altissimo, il monte di Michelangelo sul quale egli , ai primi del 1500, scoprì le famose cave del marmo statuario. Soltanto i colpi di mortaio o degli obici potevano colpire le case di Seravezza.

che in quell’epoca si riteneva che fosse addirittura anche al riparo dai bombardamenti aerei. Nel giugno 1944, quando caccia bombardieri alleati volando a bassissima quota, quasi a sfiorare i tetti delle case, sganciarono alcune bombe su Seravezza, tale illusione ebbe fine.

Convinti fino a quando i fatti non dimostrarono il contrario, che fosse un luogo sicuro, alcune famiglie trasportarono a Seravezza non solo la mobilia, ma anche porte, finestre e persiane delle loro ville ubicate nella provincia di La Spezia, vicino al mare dove ritenevano che vi potessero sbarcare gli anglo-americani. Tutto quanto accatastato in alcuni fondi dell’antico rione del Ponticello dove abitava la mia famiglia, rimase sotto le macerie, quando i tedeschi lo fecero saltare in aria facendo esplodere proiettili di artiglieria, collocati alla base dei muri perimetrali degli edifici, mentre i fabbricati di La Spezia che erano stati spogliati di ogni cosa non subirono alcun danno; la guerra da quelle località, contrariamente a quanto molte persone avevano pensato era passata lontana.

Seravezza invece, nonostante le previsioni più favorevoli, si trovò sfortunatamente al centro dei tragici eventi bellici dell’epoca , proprio nella parte finale degli stessi.

Comunque nel paese non si pensava al peggio, si riteneva che la guerra, non sarebbe mai arrivata da noi. Addirittura c’era chi pensava alla pace firmata a tavolino. Così mi sembrò di capire quel giorno che andai a farmi tagliare i capelli dal barbiere Scali, il babbo di Rolando anche lui barbiere. Nell’attesa sentii il titolare dell’esercizio che disse proprio cosi ad un uomo adulto, suo abituale cliente. Anche quest’ultimo sembrò dello stesso parere. Nella gente sfollata a Seravezza era viva comunque la speranza di ritornare presto nelle loro case. Chi l’avrebbe mai detto che i tedeschi si sarebbero trincerati proprio sui quei monti a noi così cari e familiari per arrestare l’avanzata delle truppe alleate?

Le Linea Gotica. Inimmaginabile, di già apparteneva alla storia. Gli eventi bellici purtroppo precipitarono e così venne meno la segreta speranza che avevamo in una fine imminente del sanguinoso conflitto che durava da oltre quattro anni.

Arrivò improvvisamente l’ordine di sfollamento a cui nessuno aveva mai pensato. Che grande agitazione ci fu, che giornate piene di angoscia vivemmo.

Io che ora scrivo i fatti di cui fui testimone ero in quell’epoca un ragazzo quasi quattordicenne. Avevo la nonna materna con una caviglia molto gonfia che da anni la faceva camminare a fatica, zoppicava vistosamente, il mio primo pensiero fu per lei. Mi domandavo come si potesse andare via da Seravezza con una persona anziana e i quelle brutte condizioni fisiche. Il tutto reso ancora più difficile dal fatto di avere due fratelli più piccoli e una sorellina nata durante la guerra., quindi assai piccina.. Come potevamo muoverci? Come tante altre persone la mia famiglia preferì rimanere attaccata alla propria terra.

Molto preoccupato per la mia nonna mi venne alla mente un pensiero atroce. Si pensai alla morte come una liberazione dai tristi eventi che ella sarebbe andata incontro se avesse continuato a vivere. Questo mio brutto pensiero lo manifestai anche a lei. “Nonna “ le dissi , “con tutto quello che ci aspetta sarebbe meglio morire, sì, meglio vedervi morta che continuare a soffrire” Ebbi il coraggio di dire queste brutte parole che per anni e anni mi hanno fatto tanto piangere dal rimorso di essere stato così crudele con lei.. Avrei dovuto dirle. “Nonna stai tranquilla non sei sola, ci siamo noi con te”. Non mi vennero alla mente queste buone parole di conforto e di speranza, per questo spesso i miei occhi si sono riempiti di lacrime.

Ritornando al discorso, non mi rendevo conto allora come potevamo muoverci in quelle condizioni assai disperate. Come si poteva raggiungere Sala Baganza, località del parmense dove era stato predisposto un centro di assistenza per gli sfollati della Versilia, come lessi sull’ordine di sfollamento affisso il 30 giugno 1944 sulla facciata di una casa della piazza Carducci, dirimpetto al monumento ai Caduti di Seravezza. Mio padre in quella situazione non sapeva che decisione prendere e non intuendo quello che sarebbe accaduto preferì rimanere sui monti circostanti, non appena riuscimmo a fare ricoverare mia nonna materna all’ospedale di Pietrasanta, distaccato in quel periodo a Valdicastello, dove nacque Giosuè Carducci..

Purtroppo sfollammo in una località che poco dopo dovemmo abbandonare precipitosamente perché vicina alla trincee erette dai tedeschi più sopra il nostro rifugio, cioè lungo tutto il crinale del Monte di Ripa, che fu per sette mesi l’estremo limite della linea Gotica..

Infatti ci rifugiammo tra il Pelliccino e il Colle, sotto il monte Canala, in un metato di cui sono ancora visibili i ruderi, poco distante dal canale, ove tutto sommato, ci sentivamo tranquilli perché potevamo disporre, in caso di bombardamenti, anche della grossa buca scavata nella roccia, sita a poche decine di metri, dalla quale durante la prima guerra mondiale veniva estratto il quarzo.. Avere poi vicinissima la sorgente d’acqua, quella che tuttora alimenta la fontana di Riomagno, era di grande consolazione perché potevamo far fronte ai nostri bisogni senza alcuna limitazione, ciò davvero non era cosa da poco.

Sfollare in quella località fu comunque un gravissimo errore che mio padre commise, perché ignorava che proprio quella zona sarebbe divenuta un caposaldo per fermare l’avanzata delle truppe alleate, e sia perché sul Pelliccino c’era la casa di suo fratello Pietro, e si era quindi molto vicini a Seravezza e per tale motivo potevamo ancora respirare aria di casa nostra. Ma non fu il solo a sbagliare. La famiglia Lucii che ben conoscevo, abitante in fondo alle case del Ponticello, nelle vicinanze della Casa dei Combattenti, trovò rifugio nella buca dell’acqua, vicina alla zona del monte chiamato Mezzaluna, Quando vidi piantati all’ingresso della buca paletti e tronchi di castagno non potei fare a meno di pensare a come dovevano essere le prime abitazioni dell’uomo antico. Durante l’estate del 1944, in pieno sfollamento, si era ritornati indietro di millenni.

Anche il trasporto della mia nonna all’ospedale di Valdicastello insieme ad altri ammalati e /o molto anziani ebbe momenti di suspense. Fu impiegata un’autoambulanza che non partiva mai perché mancava la benzina. Che sospiro di sollievo fu tirato quando fu consegnato al conducente un fiasco di carburante procurato da mio cugino Gualtiero Bandelloni, noto e molto bravo riparatore di orologi. Chi intanto si era rifugiato sui monti praticamente era stato abbandonato al suo destino. Infatti nessuno si occupò della numerosa popolazione rimasta appunto sui monti di Seravezza, una gran parte della quale era costituita da sfollati costretti a vivere nelle grotte, capanne e metati, quindi in condizioni di vita quanto mai disagiate, per non parlare di chi trovò rifugio nella chiesa di Giustagnana e dormiva sul pavimento ai piedi degli altari. Ogni giorno tutti dovevano arrangiarsi e darsi da fare per trovare qualcosa da mangiare per continuare a sopravvivere.

La preghiera, il “Padre Nostro che sei nei Cieli…dacci oggi il nostro pane quotidiano…” , sembrava che Gesù Cristo l’avesse dettata proprio in quei giorni così tragici; era come sempre è, quanto mai attuale, non sembrava davvero una vecchia preghiera di quasi duemila anni fa.

Spesso in quella estate, con all’orizzonte dense e minacciose nubi piene di fuoco, ero in giro per i campi in cerca di pannocchie di granturco, di qualche grappolo di uva, pomodori ecc. ecc, insomma di tutto quello che si potesse mangiare. Anche i miei genitori e mio fratello Sergio erano sempre in movimento, come noi tantissima altra gente lottava per sopravvivere.

Se prima dello sfollamento e solo saltuariamente negli anni e mesi prececedenti ero andato insieme ad altri compagni a cercare castagne sui monti di Seravezza e mele nel Camaiorese o a raccogliere nei campi della piana di Seravezza e di Pietrasanta, rare spighe di grano dopo la mietitura, successivamente a tale imprevedibile evento, la ricerca del cibo quotidiano non avendo da parte alcuna provvista, era obbligatoria se non si voleva davvero morire di fame.

I risultati per la verità erano piuttosto scarsi perché queste ricerche si facevano soltanto in quei campi, nei quali i contadini avevano già effettuato il raccolto, praticamente si prendeva quello che era rimasto. Se avessi saputo allora dell’esistenza di norme di legge in campo penale in merito allo “stato di necessità” ho motivo di ritenere che i risultati sarebbero stati molto diversi. Comunque in quel periodo si tirava avanti con qualche fetta di polenta ed era già molto averla, con pochi patatini e con delle focacce, alcune fatte di sola crusca, perciò difficili da inghiottire in quanto pareva di avere delle lische di pesce in gola che non andavano mai giù. Come si sia riusciti a continuare a vivere in quelle condizioni per me rimane un mistero. Un giorno, chissà che giorno fosse ( oramai chi li contava più), fui fortunato più del solito perché in un campo , dove era stato già effettuato il raccolto, trovai diverse pannocchie di granturco ancor attaccate alle piante. Pensai di farle subito seccare al sole per poi sgranarle e fare macinare i chicchi. Per tale motivo mi accinsi a ritornare subito a Giustagnana, dove nel frattempo la mia famiglia s’era rifugiata, dopo essere in pratica fuggita dalla zona vicina al Pelliccino. Ero giunto nei pressi di Ripa, quando, là dove ora c’è il semaforo, all’incrocio per il Poggione e dall’altro lato per Strettoia, incontrai un gruppo di donne e ragazzi che camminavano in direzione di Querceta con nelle mani borse piene di fiaschi vuoti. La comitiva doveva andare a Forte dei Marmi per prendere l’acqua del mare che allora si utilizzava in sostituzione del sale che non si riusciva più a trovare, e non certamente per bagnarsi e tuffarsi fra le spumeggianti onde del mare, come la stagione calda avrebbe invitato a fare. L’atmosfera del gruppo era serena, senz’altro c’era chi doveva raccontare fatti divertenti perché notai una generale allegria. Si distingueva in mezzo a quel gruppo, per la sua avvenenza , una ragazza alta, con i capelli biondi e lunghi, robusta, ma con le linee del corpo armoniose , di carnagione rosea, occhi radiosi, il viso tondo illuminato da un sorriso dolcissimo che lasciava intravedere denti splendenti. Mi pare che indossasse un vestitino celeste con un golfino chiaro. L’avevo vista diverse volte a Seravezza, dove da tempo era sfollata da La Spezia. Non avevo mai parlato con lei, ne conoscevo il suo nome, In seguito all’improvviso ordine di sfollamento del paese la sua famiglia si era rifugiata a Giustagnana; suo fratello era stato un mio compagno di scuola. Questo incontro, apparentemente normale anche se le strade in quel tempo erano sempre deserte, è rimasto molto vivo nella mia memoria, soprattutto per quanto successe poco dopo alla giovane donna. Più tardi la comitiva di cui faceva parte la ragazza, come mi fu raccontato, venne intercettata da soldati tedeschi, forse “ S. S.”. La sua presenza non poteva passare inosservata, anche per l’aspetto fisico rassomigliante, senza dubbio, a giovani donne della loro terra. Infatti i soldati la catturarono, Non so dove ciò avvenne, ne fui informato di come si svolsero i fatti, seppi solo che i soldati tentarono di usarle violenza, ma lei oppose la più disperata resistenza fino a che non fu uccisa. La sua morte fu un martirio.

L’immagine di quella sfortunata ragazza, un angelo biondo indifeso, non è mai svanita dalla mente di chi scrive, un piccolo e povero ragazzo di allora , che neppure conosceva il suo nome, ma che ancora la rivede mentre il quel lontanissimo e caldo giorno dell’estate del 1944, camminando verso il mare leggiadra e sorridente , con nell’aria il canto delle cicale, andava inconsapevolmente
incontro alla morte.

Il Mondo di Otaner

Terza puntata

Proseguono alacremente i preparativi per l’attuazione del piano San Valentino che, com’è noto è stato recentemente approvato dall’Assemblea degli uomini di Aurix.

I lavori degli scienziati e dei tecnici per la costruzione e la messa in orbita delle base satellitari, collocate nelle vicinanze dei buchi neri, dalle quali partiranno le formazioni dei dischi volanti che verranno impegnati nella missione, sono comunque a buon punto.

Intanto la vita su Aurix scorre felice per tutti i suoi abitanti, le cui condizioni economiche sono quanto mai ottimali per tutta la popolazione. Lassù, da 1500 anni, non si combattono più le guerre, che nei millenni passati avevano portato le varie etnie organizzate in più Stati , a scontrarsi ripetutamente fra di loro, in quanto divise da opposte ideologia, religioni e interessi di ogni sorta, così come sta accadendo da secoli sulla nostra terra.

Millecinquecento anni fa gli uomini di Aurix capirono che si doveva interrompere quel ciclo distruttivo causato dalle guerre periodiche che lasciavano sul terreno innumerevoli morti . feriti e cumuli di macerie.

Bisognava farla finita con la violenza armata e dare avvio alla costruzioni di migliori mondi, nei quali tutti gli uomini potessero sentirsi veramente fratelli. “Basta! Dissero gli aurixini. Occorre porre termine alla polverizzazione di ingente risorse finanziarie che con le guerre si perdono miseramente. Il denaro deve essere impiegato per l’edificazione di una società migliore per tutti gli uomini. Sia sempre dato impulso sia alle opere di pace che alla ricerca tecnologica e agli studi scientifici, i cui risultati sicuramente daranno vita ad una nuova era per i tutti mondi. Facciamo in modo che l’esistenza sia vissuta serenamente da tutti gli abitanti dei pianeti e che nessuno sia più angustiato da problemi economici finanziari.. Tutti si trovarono d’accordo su questi obiettivi espressi e così fini la guerra su Aurix. che sin dai primordi della loro vita fu combattuta, come già accennato, tra le varie tribù, anche su quel pianeta.

Per mantenere la pace fu costituito un organismo planetario , composto da uomini saggi, in grado di sorvegliare e garantire. in modo assoluto, Il rispetto dei diritti, ma anche dei doveri di ciascun essere umano e mai organo fu così efficiente. Con la fine di ogni conflitto, iniziò l’eccezionale sviluppo tecnico industriale ed economico che portò il pianeta degli extra terrestri financo alla conquista di altri spazi siderali ricchi di preziose materie prime di altissimo valore

Queste conquiste furono possibili grazie alle straordinarie macchine volanti, molte delle quali hanno già sorvolato la nostra Terra. Determinante per l’innalzamento della vita media degli uomini, salita da 8° a 200 anni, fu la scoperta sia di nuove fonti di energia nucleare altamente pulita, senza la produzione di scorie inquinanti e sia dall’applicazione di sofisticate tecniche di medicina genetica. . Ma la vita media degli extra terrestri aumentò quando gli abitanti iniziarono a nutrirsi con cibi sani e altamente nutrienti, di facile digestione.

L’habitat degli uomini raggiunse da allora una ideale stabilità, mancata per troppi millenni.. Ora gli abitanti visitano i musei, dove si possono vedere antiche macchine da guerra e armi individuali con le quali gli uomini si combattevano tra di loro.. Nel vedere queste vecchi armi grande è il dolore e lo sgomento che provano ora gli uomini nel constatare che anche il loro pianeta fu un tempo abitato da uomini barbari e sanguinari.

il Mondo di Otaner

Il Mondo di Otaner n.2 (ristampato)

Tutti i mezzi di’informazione del pianeta Aurix hanno dato ampio risalto alla decisione presa dall’Assemblea dei rappresentanti presieduta dal famoso scienziato Otaner, concernente l’invio sulla Terra di formazioni di dischi volanti, in attuazione delle nota operazione di soccorso denominata S:Valentino.

E’ una decisione storica che segna l’inizio di una nuova era in ordine ai rapporti interplanetari.

La diffusione di notizie rese pubbliche da Otaner ha destato molto dolore in larghi strati della pacifica e laboriosa popolazione di Aurix. Le biblioteche, le sale di lettura ed i centri di studi cosmici dotati di sofisticati computer dell’ultima generazione, sono stati presi d’assalto da moltissimi giovani desiderosi di acquisire notizie più approfondite sui pianeti di costellano l’Universo. ed in particolare del pianeta Terra, oggetto di opere di insigni letterati la cui popolarità ora è giunta al massimo. I corridoi aerei utilizzati dai singoli cittadini per raggiungere i centri suddetti coi loro razzi personali, mossi da motori silenziosi , alimentati da batterie atomiche di grande potenza , hanno raggiunto il picco più alto, mai registrato in precedenza.

Taluni giuristi che in un primo tempo avevano manifestato la loro perplessità sulla legittimità dell’operazione, intervistati dai giornalisti, hanno riconosciuto che il piano S.Valemtino trova la sua giustificazione dal fatto che esso scaturisce dalla volontà di aiutare i terrestri a porre termine, tanto per incominciare, all’uso incontrollato della droga che uccide, fatto questo che, a lungo termine, potrebbe porre in serio pericolo l’esistenza di tutti gli abitanti dello stesso pianeta. Se i governi delle varie nazioni della Terra non sono capaci di imporre apposite leggi atte a salvaguardare la vita di tutte le loro collettività, qualcuno dovrà pur agire.. Ecco, questo è il commento generale che viene fatto su Aurx in merito alla programmata operazione., In sostanza, in nome dell’amore universale, ogni essere umano e anche gli extra terrestri lo sono, appartenenti a mondi diversi, può e deve, se è in grado di farlo, uscire dai propri spazi assegnatigli dalle leggi divine del Creatore, quando ritiene doveroso compiere azioni meritevoli, sotto ogni profilo, a favore di altre creature destinate a morire dopo lunghe sofferenze, a causa del comportamento nefasto di una criminalità organizzata che ignora, al solo scopo di ricavarne denaro, il significato della parola amore

venerdì 13 giugno 2008

Operazione "San Valentino"

I rappresentanti del pianeta degli extraterrestri "Aurix " si sono riuniti in assemblea per esprimere il loro parere in merito al piano di soccorso studiato per portare aiuto al pianeta "Terra", la cui sopravvivenza è minacciata a causa dell’irrazionale comportamento dei propri abitanti. Il piano "San Valentino", volutamente così denominato in onore del patrono degli innamorati festeggiato anche su Aurix, è stato ideato dal più famoso scienziato di nome Otaner, un uomo con una mente paragonabile a quella di Leonardo da Vinci, tanto per fare un confronto.

Analizzando una serie di campioni di acqua e di aria, prelevati periodicamente dagli equipaggi dei dischi volanti (costruiti con speciali materiali invisibili all’occhio umano) durante i voli di ricognizione sul pianeta Terra, Otaner ha rilevato tassi di inquinamento così elevati da convincerlo della fine imminente di ogni forma di vita sulla Terra, se non verranno adottate urgenti misure in grado di ridurre i più diffusi fenomeni inquinanti che generano appunto le micidiali sostanze, sulla cui pericolosità tutti gli studiosi di Aurix sono concordi.

"Laggiù sono indietro di millenni - tuona Otaner dall'alto del suo seggio -. Sono degli irresponsabili, non sono neppure capaci di proteggere il mondo meraviglioso che Dio ci ha dato secondo precise regole matematiche. E’ mai possibile che questi poveri terrestri non si rendano conto che inquinare i fiumi e i mari sono fatti che a lungo termine determineranno anche la fine dell’esistenza dello stesso uomo? La loro civiltà, da questo punto di vista è ancora allo stato primitivo, anche se hanno fatto passi da gigante nel campo dell’arte e della scienza, arrivando persino a mettere i piedi sulla Luna che essi dai tempi più antichi veneravano come una divinità".

L’assemblea ascolta il vecchio scienziato con grande silenzio e attenzione. Quando su Aurix parla un anziano molti corrono ad ascoltarlo. Essere vecchi, sul pianeta Aurix, vuol dire essere saggi, vuol dire avere esperienza e maturità, tutte doti che si accumulano soltanto col trascorrere degli anni e su Aurix la vita media è di 200 anni; Otaner ne ha pochi di meno. Non è come sulla Terra dove gli anziani spesso sono abbandonati dagli stessi figli, i quali, pur di liberarsi della loro ingombrante presenza, fanno il possibile per metterli nei ricoveri, aree di solitario parcheggio, in angosciosa attesa dell’ultimo affannoso respiro.

"Ho letto - continua Otaner - delle note illustrative con cui i nostri osservatori riferiscono che in più parti del pianeta Terra c’è gente che muore di fame, specie nelle più desolate e aride terre del continente africano". Un vocìo di stupore copre la voce dello scienziato. Un rappresentante dei giovani si alza e prende la parola: "Com’è possibile che avvengano cose del genere? E’ un’offesa a tutti gli astri”, grida con voce tonante.

"Propongo che tu faccia parte dell’equipaggio del disco volante Z.128, quello che ha più ore di ricognizione sulla Terra, così vedrai personalmente come stanno le cose", gli risponde con calma serafica Otaner, che continua a parlare. "Non bastano forme gravi di inquinamento,
non bastano i decessi per fame, non basta l’avanzare del deserto che rende improduttivo il terreno che investe; il fatto più sconvolgente che ancor più ci colpisce è quello causato da una gran parte di uomini dediti alla produzione e al traffico illecito di sostanze stupefacenti, nonostante l’esistenza di leggi che ne vietano l’uso non terapeutico delle stesse. Si tratta di uomini che vivono in più parti della Terra. Taluni ammucchiano ingenti ricchezze fornendo
la droga agli spacciatori, i quali senza alcun pudore, la vendono anche ai ragazzi minorenni".

"Noi conosciamo - continua Otaner - le sofferenze inenarrabili cui vanno incontro quelle piccole creature, destinate peraltro a morire nel volgere di pochi anni. Qui da noi la vita è veramente sacra e ci meraviglia che i terrestri, almeno tanti di essi, non l’abbiano ancora capito. Alla base di questo incredibile comportamento c’è la mancanza di amore verso i propri simili; non è come su Aurix dove tutto è permeato di affetto, comprensione e assoluto rispetto delle regole di vita, tant’è che da noi sono secoli che abbiamo abolito i tribunali; nessuno commetteva più reati di qualsiasi specie, quindi non avevano più nulla da fare. A conclusione del mio intervento propongo l’invio sulla terra di formazioni di dischi volanti in grado di atterrare su quei terreni adibiti alla coltivazione non autorizzate di sostanze stupefacenti. Li abbiamo già tutti localizzati. Scesi a terra, gli equipaggi irroreranno il terreno di speciali sostanze chimiche, grazie alle quali, è stato dimostrato che su quel terreno non cresceranno più le piante dalle quali viene estratta la droga che uccide".

"Dettagli più precisi circa il numero dei dischi volanti, dislocati sulle varie basi stellari, da destinare a questa operazione, che sicuramente non sarà la prima né l’ultima se non riceveremo segnali di inversione di rotta per quanto concerne la vita che conducono i terrestri, saranno forniti dal Comandante dell'operazione, generale Onze. I nostri dischi volanti sfuggono al controllo dei radar, sono superveloci". Appalusi prolungati salutano la conclusione dell’intervento di Otaner.

In nome dell’amore, di questo sentimento universale, molto sentito anche su Aurix, il piano della scienziato Otaner viene approvato all’unanimità, per acclamazione.

lunedì 2 giugno 2008

L'impronta eterna

Giganteschi castagni
e olivi secolari, mi fanno pensare
all’immane fatica
dell’uomo antico della Versilia,
all’affanno, al sudore
che bagnò le pietre
che spaccò e portò,
sulle curve spalle,
sui pendii scoscesi
dove ancora oggi
si raccolgono i frutti
degli alberi che piantò,
su fazzoletti di terra
ricamata coi sassi,
sui quali è rimasta
l’impronta eterna e incancellabile
della secca, screpolata,
callosa sua mano.