venerdì 28 aprile 2017

Il Comune Unico della Versilia

Dal sito versilia.org
"La costituzione del Comune Unico della Versilia è un obiettivo a cui si deve arrivare per migliorare la situazione dell'intero territorio e dei suoi abitanti, tenendo conto del quadro economico e sociale sempre più complesso, con continui tagli alla spesa pubblica e sacrifici richiesti ai cittadini, a cui purtroppo non corrispondono adeguati servizi. Torno a parlare di questa proposta, propugnata anche da Pietro Marchi quando fu sindaco di Seravezza (dal 1911 al 1919 e dal 1944 al 1946), perché la ritengo ancora oggi di estrema attualità. Quello che segue è un mio articolo pubblicato su "Versilia Oggi" nell'ottobre 2003. 

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"Con i suoi articoli ”Versilia senza respiro” e “Non fate finta di sognare”, pubblicati su Versilia Oggi nei mesi di marzo e di agosto, Paolo Macchia  mise a nudo la situazione del territorio versiliese,  che aveva già evidenziato nel libro “La Versilia Storica - aspetti geografici di un piccolo sistema territoriale", pubblicato nel 1977 a cura della Banca di Credito Cooperativo della Versilia, in accoglimento della proposta avanzata dal professor Milvio Capovani. Condivisi la sua analisi a 360 gradi. Anch'io, anni addietro, accennai su Versilia Oggi alla conurbazione che interessava il nostro territorio, cioè a quel processo di formazione di una grande città dovuto al collegamento di piccoli centri urbani intorno al nucleo maggiore. Questa convinzione l’ebbi quando con mio figlio salii nel 1988 in cima al monte Canala per arrivare a Cerreta S.Nicola, ai piedi del Folgorito, Dal paesaggio che vidi dalla criniera del monte di Ripa, notando le differenze dai primi anni Quaranta, mi resi conto che si stava completando l’intera urbanizzazione della pianura versiliese. 

Nello stesso articolo parlai della difesa del territorio minacciato dalle calamità naturali, dell’inquinamento, dell’approvvigionamento idrico e dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani , tutte problematiche che andavano affrontate e risolte sulla base di un piano unico riguardante l’intero territorio versiliese. Diedi risalto all’idea che uomini liberi, disinteressati e colti, appartenenti al movimento dell’Unione Versiliese, ebbero nel progettare il Comune Unico della Versilia, che poteva avere a disposizione più risorse finanziarie e un maggiore peso a fini elettorali. Purtroppo questo progetto naufragò ancora prima di nascere, a mio parere per interessi partitici e di campanilismo. Naufragò soprattutto perché gli elettori versiliesi non seppero cogliere l’importanza di questa nuova formazione politica, l’unica che avrebbe potuto garantire traguardi unitari. Non si vollero eliminare le poltroncine locali, si preferì andare avanti alla peggio. E pensare che nel 1776 l’illuminato granduca Pietro Leopoldo, resosi già allora conto della situazione, pose fine alla frammentazione della Versilia in tanti comunelli, accorpando il territorio in sole tre comunità.

In un libro che gli è costato una fatica durata due anni, a mio parere una pietra miliare della storia del nostro territorio, Paolo Macchia afferma che "per realizzare con successo qualunque forma di riorganizzazione del territorio dell’intero sistema è necessario intervenire in modo organico e completo su tutta l’area, con un unico progetto che abbia finalità chiare e non consideri le parti del sistema sia spaziali che aspaziali, come indipendenti e svincolate le une dalle altre". 

Anche se non siamo arrivati all’ultimo respiro, come ha scritto nel suo articolo Roberto Ippolito,  chi scrive è convinto che se le cose continueranno ad andare avanti di questo passo, l’uomo non potrà più disporre in Versilia di altri spazi di territorio da destinare all’ulteriore sviluppo industriale e artigianale, in quanto già interamente occupato da agglomerati urbani, e da preesistenti   opifici.  Per arrivare al Comune Unico, importante anche per disciplinare la situazione antropica dell’intera Versilia e per evitare possibili diseconomie, c’è bisogno davvero di operare una svolta decisiva.
Renato Sacchelli

sabato 8 aprile 2017

Il Progetto Mare Monti

Il 5.2.1987, periodo in cui collaboravo assiduamente con "Versilia Oggi", mensile diretto da Giorgio Giannelli, fu pubblicato un mio articolo intitolato "ll progetto mare–monti". Non feci alcun cenno ad un sogno a cui avevano lavorato agli inizi del Novecento due uomini geniali quanto intraprendenti: Alemanno Barsi e suo figlio Daniele che tentarono di realizzare una linea di risalita dal mare fino ai loro due alberghi, costruiti sugli arditi rilievi apuani, nella zona alta del Matanna, da Grotta dell’Onda alla Foce. L'impianto di risalita era basato su un pallone aerostatico frenato, tenuto ancorato al suolo con grosse catene metalliche (qui trovate un interessante articolo che parla di questa incredibile storia).

Quando scrissi quell’articolo non spiegai perché il pallone frenato fu chiamato "Rosetta" che era la moglie di Daniele Barsi e  non  accennai neppure al suo primo volo de(l’aerostato di Casoli,  che aveva fatto il 28 agosto del 1910, mandando in visibilio i pochi fortunati  che avevano potuto ammirare dall’alto la bellezza dei luoghi appena sorvolati.
Nel mio articolo parlai della storia dell'estrazione dai nostri monti  del marmo  e della sua lavorazione che mutarono, nei secoli passati le condizioni di vita  della gente della Versilia del fiume fino allora dedita all'esercizio della pastorizia  ed all' agricoltura, quest'ultima praticata  su piccoli terreni della montagna al fine di disporre  di una più vasta  estensione di terreno da coltivare per aumentare i raccolti e fare così fronte ai bisogni  dei nuclei familiari arroccati sui monti.  In buona sostanza parlai soprattutto del duro lavoro della terra svolto dai versiliesi nei secoli passati, e che avevano ricamata coi sassi, di cui sono ancora oggi  visibili le tracce negli oliveti e castagneti della nostra amata terra.

Raccontai una storia scritta con il sudore e il sangue, quest'ultimo versato dai tantissimi cavatori morti sulle cave. Mi soffermai anche su un episodio che piacque anche al mio babbo, perché lo riguardava in prima persona. Nel 1928, poco più che ventenne, lavorava nella cava del Palazzolo, situata vicino al passo del Vestito, di proprietà dei fratelli Pellizzari industriali del marmo di Seravezza. Mentre insieme ad altri colleghi,  per raggiungere il posto di lavoro percorreva un sentiero ricoperto dalla neve, scivolando precipitò nel baratro sottostante. Fece un volo di oltre centro metri. Cadde su un mucchio di neve e fortunatamente se la cavò solo con l’incrinatura di alcuni anelli della spina dorsale, che lo costrinse a rimanere sei mesi disteso su una lastra di marmo dell’ospedale di Massa. Amo pensare che se uscì vivo da questa terribile caduta fu grazie agli angeli protettori dei cavatori.

Ecco come concludevo l’articolo scritto nel 1987:  "Sono convinto la bellezza dei nostri monti potrà sempre richiamare in Versilia una più larga massa di turisti e villeggianti solo se saremo capaci di costruire sulle cime più suggestive terrazze raggiungibili con le funivia. In tal modo il sogno: ”Versilia- mare monti “ sarebbe finalmente una realtà". 

L’idea di rifare un nuovo "pallone frenato" non avrebbe senso, per due ragioni: in primo luogo perché la tecnologia ha fatto passi avanti notevoli, e riproporre un sistema di quel genere sarebbe anacronistico. Inoltre perché il maltempo, oggi come allora, potrebbe cancellare, in pochi attimi, tutta la struttura. Al di là del "pallone", però, restava e resta ancora oggi più che mai valida la lucida lungimiranza di quel progetto: sviluppare il turismo della nostra terra utilizzando ciò che di bello e incredibile la natura ci offre, la vicinanza tra il mare e le nostre bellissime e per certi versi uniche montagne. Viverle appieno e farle vivere ai turisti, salvaguardando la natura, creando sviluppo e posti di lavoro per la nostra gente. Politici e imprenditori della Versilia, pensateci!

Renato Sacchelli