mercoledì 14 luglio 2010

Estate 1944 – Sentimenti di pietà manifestati da un soldato tedesco durante un rastrellamento

Verso la fine del mese di luglio 1944, o nei primi giorni del mese successivo, soldati tedeschi effettuarono un rastrellamento intorno alla cima del Monte Canala, esattamente tra il Pelliccino e il Colle, dove la mia famiglia, dopo essere sfollata da Seravezza, si era rifugiata in un metato di proprietà di un fratello di mio padre.
Ricordo che lasciammo la nostra casa del Ponticello di Seravezza di sera tardi. Arrivammo nella casa dei miei zii del Pelliccino che era già buio. Ci fermammo per un tempo brevissimo e subito si raggiunse il metato, nel quale mio padre, qualche giorno prima aveva messo molto rusco per poterci dormire sopra. Personalamente ebbi dei presentimenti funesti per quanto riguardava lo sviluppo delle operazioni belliche in Versilia quando, qualche pomeriggio prima, vidi passare da Riomagno folte schiere di soldati tedeschi che cantanto, procedevano in direzione di Seravezza. Ricordo che il loro passaggio mi procurò un grande sgomento. I loro canti? Mi sembrarono ululati di guerra, ecco cosa mi parve di udire.Anche sul crinale del Monte di Ripa, dalle rocce sopra Corvaia e fino al Folgorito la presenza delle truppe tedesche si faceva sempre più numerosa. Ricordo che per diverse sere, un giovane soldato tedesco raggiungeva il nostro metato mettendosi a parlare con me e mio fratello Sergio. Si vedeva che provava piacere a parlare con noi anche se avevamo molte difficoltà a comprenderlo. Quel giorno in cui fu effettuato il rastrellamento non mi ero allontanato dal metato, dove la mia famiglia viveva in condizioni disperate. Era una bella giornata come spesso lo sono state in quel periodo tormentato. Il sole filtrava tra le foglie dei castagni sotto i quali aspettavo coi miei fratelli e la sorellina, nata due anni prima, il ritorno dei genitori che di buon ora erano andati in cerca del solito cibo. Potevano essere le dieci, comunque era prima di mezzogiorno, quando vidi, in lontananza, mio padre correre lungo il sentiero che dal Pelliccino conduceva al metato. In breve tempo ci raggiunse, era tutto sudato e visibilmente preoccupato. Faticava a parlare, aveva il fiato grosso. Se ben ricordo disse: “ I tedeschi stanno facendo un rastrellamento, prendono tutti gli uomini che trovano: Presto ragazzi, entrate nel metato e mettetevi a pulire i patatini”. Mi assalì una grande paura: Portare via il babbo? Ero davvero terrorizzato, ma non c'era tempo per chiedere altri particolari. Presi per mano la sorellina e seguito dai mie due fratelli più piccoli, entrai nel metato. Misi al centro del rusco, il paiuolo ed il sacchettino dei patatini, presi un coltello e, dopo essermi seduto, iniziai a sbucciare i patatini. Così fecero i mie fratelli, la sorellina e anche mio padre, il quale nel frattempo, si era avvolto un asciugamano ad una caviglia. In assoluto silenzio attendevamo l'arrivo dei tedeschi, seduti sul rusco, sul quale ogni sera si stendeva il materasso di lana, sul quale si dormiva tutti e che ogni mattina veniva steso al sole perchè si riscaldasse, per non farci sentire l'udimità della notte. Nel metato non c'era alcun oggetto di arredo, il muro a secco, il tetto di piastroni e la porta sgangherata davano un'idea dello squallore estremo che ci cirrcondava. Non passo moltò tempo quando sentimmo un rumore di passi che si stavano avvicinando come purtroppo temevamo.Ad un tratto la stanza si fece più buia. qualcuno di era fermato sulla porta di accesso. Mi feci coraggio, alzai la testa e per un attimo volsi il mio sguardo sul soldato che si era fermato sulla soglia del metato. Era in tuta mimetica, portava la pistola alla cinura e teneva il fucile allacciato su una spalla con la canna in avanti. Si mise a guardarci con entrambi le mani appoggiate sui muri della porta senza pronunciare una parola. Non so quanto rimase in quella posizione, a me smbrava che non se ne andasse mai. Quando apparve il tedesco mio padre si alzò, ma subito si accascò a terra fingendo di non reggersi in piedi, ecco perché si era fasciato la caviglia. Intanto il tedesco continuava a guardarci silenziosamente e noi lì col fiato sospeso a darci da fare con i coltelli in mano s sbucciare i patatini. Perch è il soldato tedesco indugiava a catturare mio padre. Perchè? Ad un certo punto si voltò di scatto, e così com'era arrivato si allontano in silenzio, seguito dagli altri suoi commilitoni che erano rimasti ad attenderlo nelle vicinaze. Il tedesco non aveva ottemperato all'ordine ricevuto nonostante fosse tenuto per giuramento, all'obbedienza cieca ed assoluta, in nome della quale, com'è noto, fuono commessi in quell'epoca crimini spaventosi.L'aver visto, quattro ragazzi con il loro babbo con una gamba fasciata, vivere in quelle miserevoli condizioni, dovette suscitare in lui sentimenti di umana pietà e anche di amore. Del resto il modo in cui ci aveva guardato fu significativo: anche con gli occhi, senza parlare , si possono dire tante cose.

Fu molta la felicità che provammo per lo scampato pericolo. Eravamo ancora con il babbo, tutti insieme, anche se il nostro era davvero un “povero nido di rusco”
Tale gioia fu però di breve durata perchè, qualche tempo, dopo fummo costretti a fuggire da quella località nella quale furono combattute aspre battaglie, tra i soldati americani e i tedeschi, trinceratisi sui nostri monti divenuti gli estremi limiti della Linea Gotica del versante tirrenico.
Altri sette mesi di giornate durissime ci stavano ancora aspettando prima di arrivare alla fine di quel tragico conflitto.

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