giovedì 6 dicembre 2012

Estrazione a sorte dei deputati e senatori


Sul numero  di ottobre 2004, di  Versilia Oggi, ultimo anno in cui il periodico fu diretto dal  suo fondatore, il giornalista e scrittore  Giorgio Giannelli, fu pubblicato il mio articolo intitolato  “Visita al politologo  della Versilia. Elezioni  per estrazione a sorte”. Lo avevo scritto  dopo aver letto alcuni suoi interventi e avergli fatto una visita  nel suo “eremo” alla Colombaia dove viveva.
Esaminammo le varie problematiche  della nostra terra e Giorgio mi parlò  anche di una sua particolare idea:   per avere un vera democrazia  è necessario estrarre a sorte deputati e senatori.   Era convinto della validità del suo pensiero espresso dopo che  per  trent’ anni aveva lavorato  come giornalista parlamentare  e, proprio per questo , poteva ben dire  di conoscere il lavoro dei nostri rappresentati sia in Senato che alla Camera dei deputati.  Secondo Giannelli  anche  la titolare dell’esercizio di alimentari, frutta e  verdura, vicino alla sua casa che lui chiamava “Raisa”,   avrebbe  potuto essere una brava parlamentare conoscendo i costi dei beni primari necessari alla vita dell’uomo e sapendo far bene i conti della spesa sostenuta  giornalmente   dalla sua clientela. Giorgio si diceva convinto   che in Italia di democrazia “non c’è  alcun odore.“ E con l’estrazio0ne a sorte  dei deputati e senatori  si poteva arrivare  ad uno stato veramente democratico “ Basta coi partiti, basta alla loro  incredibile proliferazione,   come era avvenuto nel passato  quando  in occasioni di importanti elezioni elettorali , furono presentati oltre quaranta simboli.

Capii da quanto mi  aveva detto Giorgio che tante cose brutte,  troppe direi, nella nostra politica  non andavano bene, e che era necessario provare ad invertire  la rotta  coinvolgendo persone animate dalla passione, dallo spirito di sacrificio e da apostolato. Giorgio Giannelli,  oltre che giornalista e scrittore dimostrò, coi suoi giudizi,  di essere anche un politologo all’altezza  della situazione. Quando furono eletti consiglieri comunali di Seravezza sia lui che Manlio Cancogni, questi   presidente dell’Unione Versiliese,  rinunciarono a percepire il gettone di presenza destinato agli eletti al Consiglio comunale.
Ho definito Giorgio un “politologo all’altezza della situazione” perché a distanza  di otto anni trascorsi da quel nostro incontro, la proposta  di estrarre a sorte  i parlamentari è stata oggetto di  uno studio da parte di  cinque docenti dell’Università di Catania,  due economisti (Maurizio Caserta e Salvatore Spagano), due fisici (Andrea Rapisarda e Alessandro Pluchino) e un sociologo (Cesare Garofalo), Questo studio propone un’alternativa al sistema parlamentare: sorteggiare una quota di rappresentanti tra i cittadini stessi. Non una democrazia a caso quindi.  Bensì un sistema che prevede il controllo all’interno e la rappresentanza di tutte le sensibilità dell’elettorato“.  Questa proposta è presentata in un  libro fresco di stampa, come  ho letto  in un articolo pubblicato alcuni giorni fa sul Fatto Quotidiano.
La teoria dei suddetti studiosi, appare semplice: ”Affidare  l’istituzione parlamentare del nostro Paese a chi non sta dentro la grande macchina della politica e creare una democrazia contaminata da una estrazione a sorte dei suoi protagonisti”.. ecco cosa si legge ancora nell’articolo in questione.
Se si dovesse arrivare all’estrazione a sorte non ci sarebbe più la necessità di finanziare i nostri partiti,  ai quali gli italiani  potranno sempre associarsi   liberamente per concorrere al miglioramento delle condizioni di vita della collettività nazionale.

                                





martedì 27 novembre 2012

IL COMUNE UNICO DELLA VERSILIA

Con gioia rilevo che, grazie al sindaco di Seravezza  Ettore Neri, si ritorni a parlare della necessità di arrivare a costituire  il  comune unico della Versilia che possa affrontare e risolvere, globalmente,  tutte le problematiche che interessano gli abitanti della nostra laboriosa terra.

Nell’ultima Cronaca libera ne ha parlato anche Roberto Ippolito un uomo che non conosco ma che da sempre stimo  per i suoi approfonditi  articoli pubblicati su Versilia Oggi, con cui , mi vanto di collaborare dal 1982, ai tempi in cui era diretto dal suo fondatore  Giorgio Giannelli.

Ecco quali sono a mio parere i  problemi che richiedono un impegno comune, per assicurare tranquillità e benessere alla nostra gente:

1  - difesa delle  opere protettive  dalle eventuali  piene lungo 
       Il  fiume Versilia;
2  - costruzione di scogliere flangiflutti lungo la  costa versiliese,
       minacciata seriamente dall’ erosione;
3  - sfruttamento comune, non a fini di lucro,  delle acque quale bene
       primario per la vita  dell’uomo;
4  - ritiro e smaltimento dei rifiuti solidi urbani ed industriali, in ordine ai
      quali  bisognerà avere un impianto comune
5  - disciplinare al meglio la viabilità su tutta la Versilia, per far si che
       avvenga nel massimo ordine possibile e non in modo caotico come
       ho visto in alcuni centri urbani.
6  - creare apposite aree delimitate per le attività artigianali ed industriali
      che danno lavoro e benessere alla mano d’opera;
7  - costruzione di un forno crematorio per la cremazione dei corpi dei
      defunti versiliesi;
8 - traforo del monte Costa e del monte di Ripa per evitare il transito di 
     autocarri pesanti nel centro  di Seravezza, che rendono insopportabile
     la vita di coloro che abitano lungo le vie percorse da detti automezzi.
Credo  che la costituzione del Comune unico  riduca i costi di gestione di questa nuova struttura pubblica che dovrebbe avere un proprio collegio elettorale per candidare i propri cittadini alle elezioni per ricoprire cariche elettive nei vari organi dello Stato. Concludo col ringraziare il signor Sindaco di Seravezza Ettore Neri, il signor Roberto Ippolito e tutti coloro  che faranno il possibile per realizzare questo importante progetto che chi scrive sostenne quando Giorgio Giannelli lo incluse tra gli obbiettivi più importanti dell’Unione Versiliese, movimento apartitico da lui fondato,  che fu propugnato anche da Pietro Marchi nel secondo decennio del 1900 (cento anni fa) quando, per la prima volta,  fu sindaco di Seravezza dal 1911 al 1919. La seconda volta fu sindaco di Seravezza dal 1944 al 1946.


martedì 20 novembre 2012

Mario Draghi deve essere ascoltato



Ho rilevato con piacere che quanto ho scritto di recente come  semplice uomo della strada sulla Cronaca libera della Versilia,  in merito alle misure da adottare per risolvere la grave crisi che continua a farci soffrire, collimi, in toto, con quanto ha detto Mario Draghi, presidente della Bce.

In sostanza per rilanciare l’attività produttiva  bisogna favorire i consumi e questo si ottiene riducendo il prelievo fiscale a carico delle imprese che producono beni e servizi, badando, al contempo, anche a ridurre gli oneri a carico dei datori di lavoro per ogni singolo operaio alle dipendenze. Anche i contributi a carico dei dipendenti dovrebbero essere, a mio parere, ridotti.

Abbassando le imposte e le tasse si  allargherebbe la massa dei contribuenti e - potenzialmente - diminuirebbe l'evasione fiscale; di conseguenza si avrebbero maggiori entrate per fare fronte ai bisogni dello Stato.

Ovviamente debbono essere anche ridotte le spese generali, partendo dall'eliminazione di tanti inutili carrozzoni. Io starei molto attento a toccare le spese sanitarie, che con una popolazione che invecchia saranno sempre più importanti se vogliamo continuare a curare i cittadini, anche quelli che non possono permettersi di pagarsi le spese autonomamente.
Non ripeto le altre misure necessarie per diminuire i costi che ho illustrato nell’articolo che ho citato.

Mi limito a una considerazione a mio modo di vedere molto importante: se riuscissimo a far salire i consumi le aziende avrebbero bisogno di più dipendenti per fare fronte alla crescita della domanda. E se crescono i consumi tendenzialmente diminuiscono i disoccupati. Non basta solo questo per superare la crisi (vedi debito pubblico che ci assilla). Ma è certamente un buon inizio.



Difficile superare questa crisi


Rilevo, con dispiacere, che il professor Mario Monti incontra grosse difficoltà a governare il nostro Paese. Ad un anno di distanza da quando è capo del governo il debito pubblico è arrivato a 1.995 miliardi di euro, nonostante l’aumento delle entrate per complessivi  280 miliardi di euro,  pari al 2,6% in più rispetto al 2011.

Tanti i problemi da risolvere: in primis occorre ridurre la spesa pubblica, salvaguardando i servizi primari per permettere ai cittadini di vivere con dignità, senza troppe lacrime. Ovviamente bisognerebbe ridurre gli eccessivi emolumenti che percepiscono gli alti burocrati e chi ricopre importanti cariche pubbliche. Chi lavora per il raggiungimento del bene comune deve sentirsi gratificato già solo per l'incarico che riveste nell’interesse di tutta la collettività.

E' necessario riscoprire i valori della fratellanza. E c’è bisogno soprattutto di dare lavoro ai giovani, perché è il lavoro che produce ricchezza e benessere. Il governo deve agevolare  fiscalmente chi intende operare  per incrementare la produzione di beni e servizi. E’ doloroso vedere come la disoccupazione giovanile non accenni a diminuire.
Personalmente ritengo che basterebbero i Comuni, ovviamente potenziati, a fare fronte alle problematiche ora demandate alle Provincie e addirittura alle Regioni.
E’ chiaro che chi svolge funzioni pubbliche deve essere ben pagato, ma senza arrivare alle attuali esagerazioni.

Desidererei, inoltre, che chi  ha in mano le leve del potere agisse sempre agire nell’interesse del popolo italiano. Le proteste violente che si sono verificate anche in data odierna contro le Forze dell’Ordine - che hanno dimostrato, ancora una volta, come siano un baluardo a difesa della nostra democrazia - mi inducono  a spronare il Governo a non imporre nuove tassazioni che, a mio parere, aggraverebbero ancora di più le condizioni di vita di chi stenta ad arrivare a fine del mese.

domenica 21 ottobre 2012

La Versilia onora il suo eroe finanziere scelto Claudio Sacchelli, medaglia d’Oro al merito civile alla memoria



Il 23 settembre 2012 i quattro comuni storici della Versilia, Pietrasanta, Seravezza, Forte dei Marmi e Stazzema coi loro sindaci, hanno festeggiato insieme la ricorrenza del sessantottesimo anniversario della liberazione dal nazifascismo di Pietrasanta che avvenne il 19 settembre 1944 con l’arrivo in città delle truppe alleate e la figura dell’eroico Finanziere Scelto Claudio Sacchelli morto nel campo di sterminio nazista di Mauthausen nel 1945 e decorato di medaglia d’oro al M.C. alla memoria, dal signor Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 24 aprile 2012, per aver fatto espatriare in Svizzera circa 300 cittadini italiani di origine ebraica, ristretti nel campo di concentramento dell’Aprica (SO) e per aver collaborato coi partigiani della formazione Fiamme Verdi operanti nella zona di Villa di Tirano sede della brigata di frontiera delle Fiamme Gialle che aveva alla dipendenza il proprio distaccamento di Lughina, proprio sul confine italo svizzero, dove Claudio (che vi prestava servizio) fece espatriare i perseguitati italiani di origine ebraica

A queste due cerimonie hanno partecipato: il Presidente Nazionale dell’ANFI Gen. C. A. Giovanni Verdicchio, il Consigliere Nazionale per la Toscana Finanziere Marco Mugnaini, nonché il Ten.Col. Nicola Pianese, nella veste di rappresentante del Gruppo Provinciale di Lucca, del quale è capo ufficio operazioni, i sindaci di Camaiore e Massarosa e l’assessore alla cultura del comune seravezzino Riccardo Biagi.

Claudio Sacchelli nacque a Querceta di Seravezza, presso i nonni materni, il 31 dicembre 1913. Trascorse la sua giovinezza a Cerro Grosso (Strettoia), enclave del Comune di Pietrasanta: ecco perché questo comune lo considera ancora oggi come un proprio figlio.

La cerimonia è iniziata con la collocazione di una corona di alloro al Monumento ai Caduti di Pietrasanta, dopodichè il corteo ha sfilato nella centrale via di mezzo dalle cui finestre sventolavamo tante bandiere tricolori. Suggestivo questo corteo dove garrivano al vento le tante bandiere delle sezioni ANFI di Seravezza e di altre località della Toscana e quelle delle locali Associazioni Combattentistiche e d’Arma. E’ stato emozionante vedere il gonfalone di Stazzema, decorato di medaglia d’oro al valor militare e quello di Seravezza decorato di medaglia d’argento al merito civile.

Raggiunto lo storico salone dell’Annunziata, il sindaco di Pietrasanta dr. Domenico Lombardi ha pronunciato un vibrante discorso ricordando la ricorrenza della festa della liberazione della sua città, accennando anche alla vita piena di problemi dei nostri giorni, con l’augurio che presto tutti i nostri ragazzi possano vivere giorni più felici e ricchi lavoro.

In seguito ha preso la parola il professore Giovanni Cipollini, Presidente dell’ANPI Sezione Gino Lombardi, il primo in Versilia a formare, dopo l’armistizio del 1944, la prima banda di partigiani . Ex ufficiale di aviazione Gino Lombardi chiamò la sua formazione partigiana “ I cacciatori delle Apuane”. Profuse tutto il suo impegno nella lotta di liberazione contro i tedeschi e i fascisti. Fu ucciso a Sarzana dalle brigate nere di Mussolini. Per il suo eroico comportamento fu insignito della medaglia d’oro al valore militare. Il professor Cipollini ha elencato con dovizia di particolari i giorni tragici che portarono alla liberazione di Pietrasanta.

La professoressa e scrittrice Paola Lemmi, profonda conoscitrice della storia del nostro Corpo, con il cuore ha parlato della vita di Claudio Sacchelli e del suo eroico comportamento ispirato ai valori fondanti della Guardia di finanza.

Brillante e commovente il discorso del nostro Presidente Nazionale dell’ANFI, che ha sottolineato il valore del finanziere e in particolare la sua tragica fine. Mentre parlava dal suo volto traspariva chiaramente il sentimento di amore che lo lega a tutti i finanzieri in congedo. Vederlo in quel giorno importante, insieme al Consigliere Nazionale per la Toscana ha trasmesso una grande gioia a tutti i finanzieri in congedo della Versilia. Il 23 settembre 2012 è una data storica da non dimenticare.

Al capitano Gerardo Severino, direttore del Museo Storico della Guardia di finanza si deve il merito, di avere scoperto i fatti che condussero alla morte il nostro valoroso militare, incarcerato nel campo di sterminio nazista di Mauthausen dove fu impiegato in duri lavori nelle cave di pietra e nelle officine per la produzione di armi, subendo sevizie e patimenti di ogni genere che spensero la sua giovane vita il 1° maggio 1945. Il suo corpo fu bruciato in un forno crematorio. Il capitano Severino nel suo intervento ha ricordato altri episodi che sottolineano ancor di più la generosità di Claudio Sacchelli nei confronti dei perseguitati di origine ebraica da parte dei nazifascisti. Significativo il fatto che anziché darsi alla fuga o espatriare in Svizzera l’indomani dell’8 settembre 1944, a distanza di appena tre giorni dal suo matrimonio celebrato a Fiorenzuola d’Arda che lo unì a Mafalda Testa, fece ritorno al suo reparto di Villa di Tirano. Sacchelli Claudio ne ha salvati molti altri di ebrei e perseguitati politici , oltre ai 300 dell’Aprica il cui fatto avvenne nel settembre del 1943, mentre Claudio fece fuggire gli ebrei sino all’aprile del 1944, come accertato dal capitano Gerardo Severino.

Finita la cerimonia a Pietrasanta, con la consegna dei Crest alle personalità e ai sindaci dei quattro comuni storici della Versilia ( alla professoressa Lemmi è stato donato anche un foulard della nostra Associazione) le Autorità civili e tutti finanzieri in congedo e i loro familiari si sono trasferiti a Querceta, dove è stata intitolata la Sezione ANFI – Versilia Storica di Seravezza al nome del finanziere Scelto Claudio Sacchelli.

A Querceta ho avuto modo di parlare con Oradino Costa, grande ufficiale al merito della nostra Repubblica. Figlio di una cugina di mio padre, mi ha raccontato che i nonni di Claudio erano cugini dei nonni di sua madre e quindi anche del mio babbo. Non conoscevo questo grado di parentela fino a quando me ne ha parlato, non molto tempo fa , anche mio fratello Sergio, che ha prestato tanti anni di servizio nel nostro Corpo fino al collocamento in congedo per raggiunti limiti di età. Fu lui che apprese questa notizia da una cugina del nostro eroe. Dopo il taglio del nastro. eseguito dal nipote di Claudio Sacchelli che porta lo stesso nome e cognome dello zio, ha preso la parola il Presidente della Sezione Renzo Maggi che ha ringraziato i presenti a questa cerimonia. Poi ha pronunciato un breve discorso il sindaco di Seravezza Ettore Neri, il quale ha sottolineato i meriti acquisiti dal Corpo della Guardia di finanza nel corso dei suoi oltre due secoli di storia, soffermandosi sull’eroico comportamento del Finanziere Scelto Claudio Sacchelli che ha sacrificato la sua vita per salvare quella di tanti perseguitati di origine ebraica. La cerimonia è terminata in un clima di festa. Molti dei presenti si sono ritrovati al ristorante il Grappolo d’oro, vicino a Strettoia.

E’ stato bello e commovente vedere un intero tavolo occupato dai tre nipoti di Claudio Sacchelli e da tutta la loro parentela, compresi bambini e bambine- E quanta gioia ci è stata data dal notare che erano rimasti ancora con noi il Presidente Nazionale, con accanto Il Consigliere nazionale Marco Mugnaini, il Ten.Col. Pianese e il Capitano Gerardo Severino, i sindaci della Versilia Storica e l’ assessore Riccardo Biagi.

Doveroso un accenno al complesso bandistico di Capezzano Monte. Se è vero com’ è vero che la musica suscita qualunque sentimento mediante il suono, devo dire che udire l’inno del Piave e quello dei fratelli d’Italia e altre note di famose canzoni e marcette, mi hanno fatto sentire sempre più vivo nel cuore l’amore nutrito per la Patria e per la Guardia di finanza.

Sento il dovere di ringraziare il Presidente della Sezione ANFI di Seravezza,- Versilia Storica, Cavaliere Ufficiale Renzo Maggi, per aver organizzato ottimamente questa solenne cerimonia che ha onorato la memoria del finanziere scelto Claudio Sacchelli. Un vero eroe.

venerdì 19 ottobre 2012

Vincenzo Giudice, medaglia d’Oro al Valore Militare



La concessione della medaglia d’oro al merito civile alla memoria del finanziere scelto Claudio Sacchelli, mi ha spinto a rileggere alcune pagine scritte con il sangue dai militari della Guardia di finanza, decorati di medaglia d’oro al valor militare per i meriti acquisiti in tempo di guerra e durante il periodo della resistenza.

Tra le motivazioni in ordine alle quali furono concesse 10 medaglie d’oro al valore militare, emergono i comportamenti eroici. In questo scritto mi limito a parlare della medaglia d'oro conferita alla memoria del maresciallo maggiore Vincenzo Giudice, fucilato, durante la resistenza, a Bergiola Foscalina, vicino a Carrara, dai soldati tedeschi della 16^ SS divisione Panzergrenatier - Divisione Reichsuker SS al comando del generale Max Simon, di cui facevano parte gli uomini che commisero anche la spaventosa strage di S. Anna di Stazzema il 12 agosto 1944.

Vincenzo Giudice nacque a Eboli (Salerno) il 24 marzo 1891. Fu combattente della I e della II Guerra mondiale. Quando venne ucciso comandava la brigata litoranea di Carrara. Ecco i fatti che portarono alla sua fucilazione, avvenuta il 16 settembre 1944 a Bergiola Foscalina, dove operavano SS al comando del criminale nazista Walter Reder.
Già da alcuni giorni gli uomini di Bergiola Foscalina avevano lasciato il paese per rifugiarsi sui monti circostanti, in seguito ai movimenti delle truppe tedesche e dei repubblichini, che inducevano a ritenere che qualcosa di grave sarebbe accaduto nella zona. Nelle case erano rimaste donne, anziani, bambini e adolescenti.

Il 16 settembre 1944 Vincenzo Giudice tentò di evitare una strage di civili che i tedeschi avevano rastrellato, coadiuvati dai Repubblichini, per compiere una rappresaglia utilizzando anche autoblinde. L'operazione dei tedeschi scattò in seguito alla morte di un loro commilitone, ucciso da una fucilata in località La Foce, appena fuori di Carrara, sparata da un paese più in alto di Bergiola Foscalina.

Appena seppe quanto stava accadendo Giudice si presentò all’ufficiale che comandava i soldati che avevano fatto il rastrellamento: una trentina di uomini erano stati rinchiusi nella scuola elementare,  altri erano stati confinati nelle loro case. Fra i prigionieri vi erano anche la moglie del maresciallo Giudice e la loro figlia. Il sottufficiale si offrì, per ottenere la liberazione dei prigionieri, in sostituzione dei rastrellati. Gli risposero che questa sua richiesta era contraria alle leggi militari e quindi non fu accolta. A questo punto si tolse la giacca e rinnovò la sua richiesta non più da militare ma come civile. Ma le sue parole non servirono a nulla e il cambio fu nuovamente rifiutato.
Così ebbe inizio la strage. Fu appiccato il fuoco a una scuola dove erano stati rinchiusi una parte dei rastrellati; le fiamme furono alimentate da taniche di benzina e dal catrame. Anche le case dove erano rinchiusi gli altri prigionieri rastrellati vennero incendiate. L’eroico maresciallo maggiore venne fucilato. Morirono tutti bruciati vivi dalle fiamme. Dopo l’eccidio le vittime subirono anche il vilipendio dei cadaveri. La notizia di quanto stava accadendo arrivò ai partigiani della zona che subito si diressero a Bergiola Foscalina per tentare di difendere la popolazione, ma arrivarono quando tutto era finito. I tedeschi avevano abbandonato la zona da meno di un’ora. In tutto furono 72 le vittime di questo eccidio: 43 donne, 14 bambini e 15 adolescenti.

Nel 1985, quale rappresentante della categoria sottufficiali in seno al COBAR dell’allora Legione di Firenze della Guardia di Finanza, partecipai insieme agli altri componenti di tale organismo, con in testa il presidente, ten. col. Fallica, purtroppo scomparso già da diversi anni - ma che mai ho dimenticato in quanto ricco di valori elevati in ogni campo - alla ricorrenza del 41° anniversario dell’eccidio di Bergiola Foscalina. Fu una commovente cerimonia, a cui parteciparono Autorità civili e militari, una rappresentanza armata di finanzieri in servizio e moltissimi finanzieri in congedo. Visitai anche il cimitero dove erano stati tumulati i resti delle povere vittime, trucidate il 16 settembre 1944.



domenica 14 ottobre 2012

Ritorno a scrivere



Finalmente il mio computer è stato riparato. La prima cosa che ho pensato di scrivere è un sincero ringraziamento a tutte le persone che il 29 settembre scorso mi hanno onorato della loro presenza alle Scuderie Granducali di Seravezza dov'è stato presentato il mio libro di racconti relativi alla Seconda guerra mondiale e, in  particolare,  al periodo dello sfollamento che avvenne durante la tragica  estate  del 1944, di cui fui testimone oculare.
Devo dire che quando il Sindaco di Seravezza ha letto due miei racconti, uno relativo alla sera in cui la mia famiglia si rifugiò in un metato tra il Pelliccino e il Colle, l'altro in cui ho descritto come avvenne il mio incontro nella deserta Seravezza con il generale Kesselring, comandante delle forze tedesche in Italia, ho rivissuto quei fatti dolorosi come se stessero accadendo di nuovo. Ho vissuto un momento magico, la stessa sensazione l'ho avvertita quando hanno  parlato Giovanni Cipolllini,  Giuseppe Tartarini, Paolo Capovani  e Giuseppe Vezzoni, a cui sono grato anche per il bel pezzo che ha scritto sul suo importante foglio telematico, la Libera Cronaca del Giornale che non c'è, arricchito di fotografie scattate durante la crerimonia.
E' stato emozionante rivedere alcune donne e uomini che conobbi quando erano creature che vivevano la loro bella giovinezza insieme a me.
Ringrazio Mario Tarabella, figlio del mio caro amico Mario e nipote di Alberto Benti, a cui fui legato da fraterna amicizia fin dagli anni vissuti al Ponticello di Seravezza. Ora entrambi vivono in eterno nella Casa del nostro Padre Celeste. Ringrazio il dottor Luigi Santini, indimenticato governatore dell'antica Misericordia di Seravezza, che sotto il suo governo diede impulso  ai  compiti istituzionali della venerabile associazione anche sotto il profilo culturale, raggiungendo un altissimo livello.
Negli anni in cui anch'io sono stato confratello ho assistito ad eccezionali conferenze tenute da uomini colti e illustri: nell'ascoltarli mi sono sempre sentito più ricco nell'anima.
Ringrazio il Presidente del Gruppo degli alpini di Seravezza Florio Binelli, Magda Luciotti, Vincenzo Colasanti, Chichi Carlo Alberto, Enzo Silvestri, Franca Calistri, Melania Spampinato che si occupa attivamente dell'Istituto Storico Lucchese - Sezione  Versilia  Storica di Seravezza - alla quale anch'io, nel recente passato sono stato iscritto. Ringrazio la mia nuora e i suoi genitori che sono giunti a Seravezza da Milano insieme a mio figlio, per assistere alla presentazione del libro a tutti loro piaciuto. Ringrazio infine i imiei nipoti e alcuni parenti che ho rivisto con gioia e felicità.

domenica 26 agosto 2012

UNA NUOVA LUNA PER SOGNARE




















Per tantissimi anni
l'uomo ha sognato e cantato
dolci canzoni d'amore
che facevano vibrare
il cuore degli amanti
che vivevano passioni ardenti
sotto il lume
della risplendente,
rossa, verde, pallida, 
sorridente luna.
Ce n'era una
anche algerina.

Quando Neil Armstrong
sceso dal Lem,
posò i piedi sul suolo lunare,
cosparso di polvere e sassi.
e constatò che tutto intorno
era grigio e nero
finì per gli uomini
il fantastico sogno
che durava fin dall'antichità:
arrivare fin lassù
per amare donne dalla pelle chiara di luna.

Era il ventuno luglio
millenovecentosessantanove,
ore quattro e cinquantasei.
 Da allora l'uomo avverte
un gran bisogno
di scoprire una nuova luna
per continuare a sognare,
amare e cantare.


venerdì 24 agosto 2012

Alfredo e Violetta al mare nel golfo dei Buratti



 terza puntata

Mantenendo fede alla sua promessa Alfredo, la domenica successiva a quella in cui aveva conosciuta la bella Violetta,
arrivò puntualmente a Livorno davanti al monumento dei quattro Mori. Lì ad aspettarlo c'era già Violetta che quando vide apparire la macchina del giovane versiliese avvertì una intensa felicità. Sceso dal mezzo i due si scambiano affettuosi abbracci e baci. La donna ha con sé un piccolo frigo contenente bevande analcooliche, cibo e dolciumi , il tutto da lei fatto in casa. 
Alfredo, saputo quanto c'era dentro il frigo, dice a Violetta che arrivati al mare, dovrà lasciarlo nel bagagliaio dell'autovettura perché è intenzionato a offrirle un pranzo nel più bel ristorante della zona. "Ma perché vuoi spendere tanti soldi, ho preparato cibo ottimo che mi farebbe piacere che lo assaggiassi". "Violetta non insistere, non negarmi la gioia di offrirti questo pranzo, ci tengo tanto. Via, sali in macchina e andiamo".

Alfredo, che guida osservando le norme stabilite, arriva senza alcuna difficoltà nel fantastico golfo dei Buratti, facilitato da Violetta che ben conosce la località.
Nella zona ricca di alte piante verdeggianti, trovano subito un ristorante aperto, davanti al quale ci sono ombrelloni, sedie e lettini. Così prenotano il pranzo e un ombrellone con due sdraio.
Nella cabina Violetta si spoglia e si mette un tanga, mentre Alfredo indossa un costume.
I due prima di sdraiarsi sotto l'ombrellone decidono di fare una passeggiata. Il tanga di Violetta fa ancor di più risaltare la bellezza del suo corpo. Si stringono felici le mani mentre camminano sul fondo ferroso di quelle acque, dove al tempo degli Etruschi veniva fuso il ferro.

Alfredo appena sfiora col suo corpo quello di Violetta la giovane emette un grido: "Ahi! Ahi..". "Ma come, non ti ho neppure toccata e già gridi" le dice Alfredo. "Scusami, appena ti sei avvicinato mi è parso di avere urtato contro un paletto di ferro... non mi sento bene, senti come scotto".
Appena Alfredo posa sulla fronte di Violetta la sua mano, esclama: "Bruci da morire. Ti porto subito al pronto soccorso di Livorno, non c'è tempo da perdere". Una cameriera del ristorante aiuta Violetta a togliersi il tanga ed a indossare il vestito. Anche Alfredo si toglie il costume, si mette i pantaloni e, a torso nudo, inizia la corsa per raggiungere Livorno, dopo aver provveduto a far distendere Violetta sul sedile destro della sua auto. Mentre guida Alfredo pensa che mai avrebbe immaginato di utilizzare i sedili pieghevoli per trasportare la donna che ama addirittura al pronto soccorso. Ben altri, come si può capire, erano i suoi sogni.
Appena arrivata all'ospedale la giovane viene subito visitata. I medici decidono di sottoporla ad un intervento immediato di appendicectomia per evitare che il male si trasformi in peritonite. Trovato il numero telefonico dei genitori della ragazza, trascritto su una agendina di Violetta conservata nella sua borsetta, Alfredo li avverte che la loro figlia è all'ospedale per accertamenti, essendosi sentita improvvisamente male mentre stava con lui al mare. Così Alfredo conosce i genitori di Violetta giunti trafelati all'ospedale.
Appena il gruppo incontra il chirurgo che ha operato la ragazza questi li informa che l'intervento è perfettamente riuscito e quindi non ci sono preoccupazioni di sorta, pertanto li invita a stare assolutamente tranquilli.
Dopo qualche ora di attesa Alfredo entra nella corsia per salutare Violetta. Il loro incontro è particolarmente commovente. Entrambi si lasciano con la promessa di rivedersi presto anche per tornare al golfo di Buratti, quando suggelleranno il loro amore unendosi in matrimonio.
                                        FINE
                            
                                   

Racconto di Nello Staccherai - anagramma di Renato Sacchelli

mercoledì 22 agosto 2012

ALFREDO E VIOLETTA

                                                           -  seconda puntata -


Alfredo dopo due domeniche da quando aveva incontrato a Ripa i pisani che aveva conosciuto nella locale sala da ballo, decise che il pomeriggio della terza settimana lo avrebbe trascorso a Pisa sperando di conoscere qualche bella ragazza con cui trascorrere un lieto pomeriggio.

Intorno alle 16 arriva nella città della Torre pendente a bordo della sua Fiat 850 carrozzata Pininfarina, acquistata usata e con i sedili anteriori da lui modificati avendoli resi pieghevoli per rendere l'interno dell'autovettura più confortevole.

Parcheggiata l'auto nella piazza davanti alla stazione centrale delle ferrovie si dirige verso l'edificio dal quale provengono le musiche che gli fanno capire che lì c'è una sala da ballo.
Appena entrato, dopo aver pagato il biglietto che non viene richiesto alle donne, Alfredo adocchia subito una bionda e bella signorina alla quale si avvicina chiedendole : “Balliamo?”Lei lo guarda negli occhi e subito i due giovani si lanciano in pista.
Alfredo sente il giovane corpo della donna fremere. Anche lei è sensibile al fascino del versiliese.Entrambi sono chiaramente soddisfatti di essersi conosciuti. Ballano ripetutamente sempre insieme, non vorrebbero mai staccarsi. Durante una sosta fra un ballo e l'altro Alfredo chiede alla giovane come si chiama e cosa fa di bello'. “Mi chiamo Violetta e sono una commessa dell' UPIM di Livorno. Amo il Mare e, come vedi mi piace molto anche ballare”. “Violetta, Violetta, mi fa pensare all'opera  di Giuseppe Verdi, intitolata La Traviata,  dove Violetta canta il suo inno di amore Amami Alfredo...”.
I miei genItori si conobbero al teatro in occasione della rappresentazione dell'opera di Verdi.e così quando io nacqui mi vollero chiamare Violetta” puntualizza la giovane ad Alfredo che subito le risponde: E' molto bella la storia che mi hai appena accennato. Voglio festeggiare questo incontro con un bicchiere di champagne che ordina al cameriere che serve i giovani seduti ai rispettivi tavoli.
Champagne?, Non l'ho mai bevuto, in casa, abbiamo festeggiato liete ricorrenze soltanto con lo spumante italiano, le fa presente Violetta.
Sono felice che per la prima volta lo sorseggi insieme a me.. Alla nostra salute entrambi dicono i due giovani quando alzano i bicchieri prima di bere lo champagne. “E anche alla nostra felicità, aggiunge Alfredo.” Bravo, hai detto una parola stupenda che mi ha colpito, peccato che tra poco devo prendere il treno per ritornare a casa”.
Ti accompagno con la mia macchina, non ci sono problemi stiamo ancora un po' insieme, facciamo ancora qualche ballo”, insiste Alfredo.
Quando decidono che è il momento di lasciare la sala da ballo, Alfredo accompagnato dalla ragazza arriva nell'area di parcheggio dove ha lasciato la sua auto. Apre la portiera dell'auto e dice a Violetta se vuole vedere come funzionano i sedili anteriori da lui costruiti. . “Non voglio vederli, non vorrei rimanerci ...stritolata, risponde Violetta”. A questo punto fra loro scoppia una grande risata.
Durante il breve tragitto Alfredo manifesta alla ragazza il desiderio di rivederla, motivo per cui fra sette giorni ritornerà a Pisa se a lei farà piacere. Sarò felice di rivederti presto. Ma che domanda mi fai' le risponde Violetta Ascoltami, Sarei felice se si trascorresse qualche ora insieme al mare. Conosco una spiaggia antica che fu abitata dagli etruschi. Parlo dello stupendo golfo dei Buratti dove si possono vedere anche le tombe di questo popolo antico  che abitò in  quella località. Accontentami Alfredo.
Violetta che bella idea hai avuto. Dimmi l'ora e il luogo dove possiamo incontrarci per arrivare a questo famoso golfo”. “Ti aspetterò davanti al monumento ai quattro Mori alle ore 9”. Prima di arrivare a Livorno Alfredo rallentata la marcia si ferma in una piazzola al lato della strada. Violetta, ascoltami prima che tu scenda . voglio dirti che mi piaci da morire. Anche a me piaci, amami Alfredo, a questo punto le loro labbra si uniscono per scambiarsi frenetici baci. L' ultimo è lungo, tanto da togliere il respiro a Violetta che con fatica riesce a mormorare “Alfredo i tuoi baci ardenti hanno acceso al massimo il mio amore per te. Quando Alfredo riaccende il motore Violetta le dice che dovrà scendere nei pressi della stazione dove abita la sua famiglia. Ivi giunti Alfredo spegne il motore Scende dall'auto e saluta Violetta ,”Arrivederci. ..Arrivederci a domenica prossima. Ciao Alfredo, ti aspetto non vedo l'ora di rivederti, le dice Violetta.  Ma non riescono a staccarsi. Le loro labbra si uniscono ancora per scambiarsi ancora tanti teneri  baci.                            
                                           continua
Nello Staccherai

venerdì 3 agosto 2012





Ricordo di Duilio Angelini

Parlando al telefono con mio fratello Sergio, abitante a Ripa, sono stato informato che era deceduto il noto seravezzino novantatreenne Duilio Angelini che entrambi conoscevamo sin da ragazzi.
Ricordo Duilio quando da “giovanétto” consegnava alle botteghe di generi alimentari di Seravezza, il pane prodotto da forno per cui lavorava . Trasportava il grosso cesto sul manubrio della bicicletta. La sua pedalata nelle vie polverose del centro urbano non asfaltato, era sempre vigorosa.
Era molto ammirato per quanto faceva dalla clientela dei negozi che riforniva puntualmente ogni giorno di pane appena cotto. Il ricavato di questa sua attività credo che, da buon figlio, lo abbia impiegato per aiutare la famiglia a farlo studiare fino a diplomarsi, se non mi sbaglio, in ragioneria
Lo rividi a Giustagnana dove anche lui con la famiglia era sfollato nell'estate del 1944. Quando mio padre decise di scappare da quella località, nella quale anche noi ci eravamo rifugiati, si caricò sulle spalle mia madre, ferita dalle schegge dei colpi di mortaio che colpirono Giustagnana subito dopo l'arrivo dei soldati americani della divisione Buffalo. Con me e altri tre figli valicammo Montornato e attraversammo Valdicastello per raggiungere Capezzano Pianore dove suo fratello Dario lavorava in un frutteto di proprietà di una coppia di sposi che disponevano di un piccolo casottino adibito a ripostiglio di attrezzi che era attaccato ad un pollaio. I proprietari furono lieti di metterlo a disposizione della nostra famiglia. Qualche notte dopo mentre dormivamo distesi su un giaciglio di paglia, udimmo in lontananza il lugubre canto di una civetta. Anche nella notte successiva la sentii nuovamente cantare ancora più vicina. Il giorno dopo, per la terza volta consecutiva, ritornò a far sentire il suo brutto canto; si era cosi avvicinata al nostro casottino tanto da farmi pensare che forse era scesa sul suo tetto.
L'indomani la mia mamma incontrò Duilio a Capezzano Pianore che aveva raggiunto coi suoi familiari dopo essere fuggito anche lui da Giustagnana. Fu proprio Duilio a dare la notizia della morte di mia nonna a mia madre che era la sua terzogenita, che avevamo lasciato lassù e che una sfollata di Seravezza, coniugata e con una figlia, mi pare di ricordare, si era impegnata ad assisterla.A lei fu lasciato quello che ci era rimasto da mangiare, comprese le due scatolette di carne congelata che avevo avuto dagli americani per le due pesanti cassette che gli avevo portato, prese dal loro deposito sito a Valventosa all'inizio della mulattiera per Gallena.   Piansi a dirotto e soffrii un dolore cocente ancora vivo nel mio cuore. Lo scrissi anche al signor Presidente della Repubblica quando esaminò il carteggio che lo ha portato a concedere la medaglia di argento al Valor civile alla città di Seravezza. Alla mia lettera a sostegno della richiesta del signor sindaco Ettore Neri che aveva chiesto la concessione della medaglia d'oro, allegai la mia poesia dialettale dedicata alla mia cara nonna, intitolata “Morì senza nimo accanto”.

Il canto della civetta udito per tre notti consecutive seguito dalla notizia della morte di mia nonna, mi confermò che questo uccello era davvero di malaugurio.

Nel 1948 iniziai a scrivere quello che doveva essere il mio primo romanzo in cui parlavo di cavalieri impegnati nella difesa di uomini sfruttati e abbandonati al loro triste destino. .Di questo manoscritto che avevo pensato di farlo vedere a Duilio, in quel tempo corrispondente de La Nazione o del Telegrafo, per avere una parola di incoraggiamento a continuare a scrivere nulla mi è rimasto.Quel giorno che andai a cercarlo in via Bastia dove abitava non lo trovai. Cessai di scrivere quando l'anno successivo mi arruolai nel Corpo della Guardia di Finanza


Mio cugino Marcello Bandelloni ex guardia frontiera e poi passato nell'Arma dei Carabinieri, dove prestò onorato servizio per molti anni, nel dopoguerra, un giorno mi raccontò di avere avuto da Duilio Angelini, allora sergente maggiore, ottimi consigli per svolgere al meglio il servizio militare. La stima di mio cugino per Duilio rimase sempre alta.

Quando mi occupai della difesa dell'antico ospedale Campana scrissi un articolo su Versilia Oggi che fu apprezzato da Duilio, il quale disse a mio suocero Giuseppe Pucci che dovevo allacciare i rapporti con il giornalista professionista dr. Lando Landi, che fu un mio compagno di asilo, anche lui contrario alla eliminazione del nostro nosocomio, per alimentare una forte campagna di stampa affinché il Campana continuasse la sua benemerità attività. Purtroppo la Regione Toscana non tenne in alcun conto le migliaia di firme apposte in calce alla richiesta popolare dei seravezzini, ( ottomila o forse di più) propugnata da Giorgio Giannelli, direttore di Versilia Oggi e fondatore dell'Unione Versiliese una associazione apartitica che operò per un tempo assai breve, affinché l'ospedale continuasse a rimanere attivo nella nostra Seravezza. L'ultima volta che scambiai alcune parole con lui,  fu quando lo incontrai nelle Scuderie Medicee di Seravezza quando, qualche anno fa, fu festeggiato il maestro Narciso Lega. Gli fece piacere quando gli ricordai i giorni lontani,  durante i quali  consegnava il pane ai bottegai seravezzini.


giovedì 5 luglio 2012

Alfredo


 prima puntata

Negli anni 60 Alfredo ,un giovane versiliese di 25 anni, esercitava la professione di meccanico , specializzato nella manutenzione degli impianti della distribuzione dei carburanti. Era un bel giovane atletico, con una folta capigliatura nera e con una gran voglia di vivere. Spesso ricordava i patimenti sofferti  da ragazzo quando la guerra insanguinò anche la nostra Versilia.
Disponeva di una Fiat 850 carozzata Pinin Farina, acquistata usata. All' interno dell'abitato aveva apportato alcune modifiche. Infatti, grazie alla sua bravura, era riuscito, all'occorrenza, a ribaltare entrambi i sedili anterioti in modo da sentirsi più comodo ed a suo agio, quando insieme a lui viaggiava qualche sua cara amica. Niente di male al più potevano scambiarsi degli sbaciucchiamenti. Un pomeriggio di una domenica di estate andò a ballare nella sala di Ripa.

Proprio mentre beveva un bicchiere di birra al bar attiguo alla sala da ballo, conobbe due giovani che anche loro si dissetavano bevendo aranciate. Lui non li conosceva, quindi per attaccare bottone, disse ad alta voce perchè essi lo sentissero: “ Che fagonza,! Era meglio se andavo al mare”. Uno dei due giovani, incuriosito e sorridente chiese spiegazioni: “Scusa, ma cosa vuol dire fagonza?”. “Vuol dire afa e caldo soffocante”. Ma voi di dove siete?” le chiede Alfredo. “Siamo pisani, ci piace ballare e per questo siamo qua.”, gli risponde uno dei due . “Anche a me garba molto ballare”, rispose Alfredo che continua a parlare. “Frequento, oltre Ripa , sale di Viareggio e di Massa , ma a Pisa non ci sono mai stato. Io non la penso come tanti miei amici che ritengono che voi “furastièri” portate via le nostre ragazze che hanno, a mio parere, tutto il diritto di scegliere e ballare coi giovani che più gli piacciono”. “Mi fa piacere sentire dire queste cose. Quindi non tutti voi giovani versiliesi siete contro di noi”, rispose il ragazzo che fino ad allora non aveva aperto bocca. 

“E' davvero bello ballare con una ragazza,” continuò Alfredo. “E' meraviglioso stringerla fra le braccia e sentire il suo profumo, o addirittura ascoltare i battiti del suo cuore, come anche a me è capitato, tempo addietro, quando ballai con una fanciulla nel giorno del suo diciottesimo compleanno, al suono del disco della canzone, sullo stesso incisa, intitolata “Tua...". Bella è, davvero sono  indimenticabili  le sue stupende parole”, Tua fra le braccia tue / solamente tua così / per sognare in due e morir cosi /, finalmente tua così...”, cantata da Jula de Palma. I genitori della ragazza il giorno del compleanno della loro figlia la lasciarono libera di festeggiare quella lieta ricorrenza alla discoteca della Capannima di Forte dei Marmi. Anch'io frequento le sale perchè c'è allegria, ognuno di noi vi cerca la sua donna o il suo uomo per creare insieme un nido di amore, sì una famiglia. Gli altri due annuiscono.Il versiliese prosegue.”Se permettete mi presento. Mi chiamo Alfredo e sono un meccanico” e subito stende la mano che viene stretta prima da un giovane pisano e poi dall'altro, “Piacere, Pietro”, risponde il primo. “Piacere, Paolo”, dice il secondo. “Benvenuti a Ripa, conclude il versiliese e divertiamoci sereni e tranquilli”.

Alfredo”, le risponde Paolo - siamo qui perché siamo stati accolti bene dalle ragazze della Versilia, Ci sono già stati dei fidanzamenti e qualche coppia si è già unita in matrimonio. Dove abitiamo ci sono tante belle ragazze, non abbiamo alcuna intenzione di strappare le giovani versiliesi ai ragazzi della loro terra.Ci piace conoscerle e poi quello che accadrà, accadrà. Noi due abbiamo sorelle che non vorremmo mai che conoscessero giovani intenzionati soltanto a prenderle in giro. Noi siamo seri, educati e rispettosi”, puntualizza Paolo. “Anch'io la penso come te”, aggiunge Pietro.

Da come parlate”, gli rispose Alfredo, “ si capisce che siete onesti, è per questo mi garbate. Noi versiliersi non siamo tutti gelosi, come i giovanotti del paese vicino che proprio la sera della scorsa domenica, come credo che sappiate, hanno messo in fuga tanti giovani pisani altrimenti ci sarebbe stata una scozzottata. Entrambi i  pisani scoppiano a ridere, uno, Pietro gli risponde:Le vostre ragazze hanno la libertà di scegliere, poi anche voi, se vi fa piacere, potete venire a ballare a Pisa dove ci sono sale da ballo e splendide ragazze non solo della città della Torre pendente ma anche di Livorno”- Subito Alfredo gli risponde: “Sin da ragazzo ho sentito dire questo antico proverbio; “Moglie e buoi dei paesi  tuoi”, quindi preferisco che sia una giovane e bella ragazza della mia terra a farmi scoccare la scintilla dell'amore. 
                        continua
Nello Staccherai 

giovedì 21 giugno 2012

Ricordo di Benito Lorenzi









Che bella sorpresa fu per me vedere, anni addietro, pubblicata sul periodico mensile cattolico versiliese Il Dialogo, diretto dal compianto don Florio Giannini, parroco della chiesa di S. Antonio del Tonfano, del quale fui collaboratore, la foto del grande calciatore Benito Lorenzi, un fuoriclasse che, nell’immediato dopoguerra, infiammò d’entusiasmo il mio cuore di giovanissimo tifoso. Questo calciatore   era chiamato Veleno" e da sempre amava trascorrere  le vacanze estive a Marina di Pietrasanta. 

Ricordo ancora bene quando dall’Empoli passò all’Inter del presidente Rinaldo Masseroni: fu proprio da allora che divenni tifoso nerazzurro. Fu Giuseppe Meazza a volerlo all'Internazionale. Un toscano, un mio corregionale che giocava a Milano… quanta fierezza sentivo dentro di me in quell’anno lontano.

Ho molti ricordi di Lorenzi. I due scudetti vinti nelle stagioni 1952/53 e 1953/54 col mitico allenatore Foni che fu anche campione del mondo, ai tempi in cui la nostra nazionale era allenata da Pozzi (vincitore di due campionati mondiali 1934 e 1938). Giocò a fianco di Amadei, Wilkes, Skoglund (detto Nacka), Nyers, Ghezzi e tanti altri inimitabili campioni. Con Amadei portò la nostra nazionale a grandi successi. Dopo la sciagura di Superga, nella quale perì tutta la squadra del grande Torino, lui non volle più salire su un aeroplano, per andare a giocare sui tanti campi di calcio dislocati in Italia e in varie parti del mondo, tant’è che, incluso nel team della nazionale che doveva disputare oltre Oceano il campionato mondiale, raggiunse i suoi compagni a bordo di una nave, che impiegò molto tempo per arrivare a destinazione. Durante il viaggio Lorenzi si allenava tutti i giorni sul ponte della nave, come vidi da una pellicola della Settimana Incon proiettata in una sala cinematografica. Ricordo ancora il film girato con lui protagonista, un capolavoro del suo genere. Dopo l’Inter passò a giocare con l’Alessandria.

Durante un incontro disputato sotto la pioggia, Lorenzi si fece male ad una caviglia. Il giornalista scrisse che lui, dopo aver messo alcuni pugni di terra bagnata sotto il calzettone, riprese a giocare con molto vigore. Era proprio un grande “Veleno”, un uomo che con il suo virtuosismo, la sua creatività e forza contribuì ad elevare ai più alti livelli il gioco del pallone, il più bello del mondo.

Ecco come vidi qualche anno fa l'antica Pieve di S. Martino alla Cappella


Un cedimento del terreno dell’area sulla quale sorge la chiesa di San Martino alla Cappella, ha provocato fenditure sul pavimento, nel soffitto e sopra la porta di ingresso – lato Azzano – ed anche nella sacrestia dell’antico sacro edificio. Ho constatato personalmente questi gravi segnali di cedimento della struttura, la mattina del 3 ottobre scorso quando sono salito lassù alla Cappella, insieme a mio figlio, per esaminare i registri di matrimonio , di circa duecento anni fa., conservati negli atti in archivio, essendo interessato ad alcune ricerche sul mio albero genealogico. Il parroco don Hermes Luppi, aperta la porta ci ha fatto visitare l’intero edificio, ridotto in cattive condizioni, a partire dagli scantinati umidi a cui si accede da un passaggio, senza una completa scala, tanto da apparire un breve sentiero tracciato su un terriccio e difficile da percorrere. Se penso che lo scantinato è adibito a legnaia, immagino anche le fatiche di don Hermes quando, soprattutto nei mesi invernali, deve andare sù e giù per prendere la legna., per riscaldarsi al fuoco di una stufa. Inoltre vi sono alcune travi del soffitto puntellati con tubolari di ferro. Esiste quindi un reale pericolo di crollo della chiesa. Dopo aver visto le fenditure, una delle quali apertasi sul lato destro dell’altare maggiore, che ad occhio, mi è sembrata larga una decina di millimetri, manifesto al sacerdote la mia viva preoccupazione.

Ma è proprio don Hermes a tranquillizzarmi, quando mi dice che queste fenditure sono costantemente monitorate con tanti sensori, applicati anche sul prato della chiesa. Sarà cosi, però il pericolo è evidente. E l’evento catastrofico potrebbe verificarsi da un momento all’altro, con alti rischi per la vita dello stesso sacerdote, se nella zona si scatenerà un imprevedibile nubifragio. Occorre intervenire subito perché la chiesa di San Martino alla Cappella , patrimonio cristiano di tutti i versiliesi, non venga spazzata via da una frana. La chiesa costruita dai nostri antenati, tutta in marmo, prima dell’anno 1000, e rimaneggiata nel secolo XIII, aveva un porticato ionico, attribuito a Michelangelo, (anche se non esistono documenti probatori) che fu quasi interamente distrutto dagli eventi bellici del 1944, che sconvolsero anche la Versilia. C’è bisogno di urgenti lavori di consolidamento del terreno della Cappella e di messa in sicurezza dell’edificio sacro. Ma non ci sono soldi e neppure si sa da che parte incominciare. In atto è stato aperto un cantiere per il rifacimento del porticato, ad opera , se ben ho capito, della Sovrintendenza delle Belle Arti di Lucca. Per i lavori di restauro della chiesa con la legge 270/97 per il Giubileo del 2000 furono stanziati 500 milioni di lire. In quel tempo era Ministro per i Beni e le Attività Culturali l’onorevole Melandri. Detti fondi nel tempo sarebbero stati ridotti a 250 milioni. Ora non c’è un euro a disposizione. Prima che avvenga l’irreparabile, lancio un appello alla Autorità competenti civili e religiose affinché siano eseguiti urgentemente quei lavori necessari a garantire la stabilità e la sicurezza di questa antica chiesa, famosa anche per il “rosone” che spicca sulla facciata, chiamato “l’occhio di Michelangelo”, attribuito al sommo artista fiorentino, anche se, come per il porticato, non esiste alcuna prova documentata, tanto da far pensare che l’abbia scolpito Donato Benti.

Mi permetto di chiamare a raccolta anche i cristiani della Versilia e dell’intera Toscana, che dovrebbero contribuire a questo intervento, con il versamento volontario di denaro secondo le disponibilità economiche che ciascuno ha, per mettere in sicurezza la chiesa e rendere la vita più tranquilla e confortevole al sacerdote chiamato a celebrare la Santa Messa domenicale ed i funerali in altre 5 o 6 chiese ubicate sui nostri monti ed all’assistenza spirituale dei fedeli che non hanno un proprio parroco. Fa una vita molto dura don Hermes, che esercita instancabilmente l’alto magistero sacerdotale, grazie alla fede cristiana che anima il suo nobile cuore. Quindi mi appello alla fede cristiana, ma anche alla coscienza laica perché come diceva Benedetto Croce “non possiamo non dirci cristiani” e la chiesa della Cappella fa parte, ormai da secoli, del patrimonio religioso storico e culturale della Versilia. Qualora persista questa grave noncuranza , bisognerebbe far intervenire l’UNESCO l ‘organizzazione delle Nazioni Unite che tra i suoi compiti istituzionali, ha anche quello di conservare il patrimonio storico culturale di ogni nazione del mondo. Prima di fare ritorno a casa don Hermes ha voluto offrirci un aperitivo, dopodichè tutti e tre, dalla terrazza antistante la chiesa abbiamo posato gli sguardi sul paesaggio bellissimo che avevamo davanti, anche se il cielo era pieno di nuvole cariche di pioggia.. Amo pensare che da lassù abbiano ammirato questo stupendo panorama anche i familiari ed i testimoni e gli amici che assistettero, il 20 giugno 1816, al felice matrimonio di Domenico Sacchelli da Strettoia, appartenente alla Curia di Querceta, unitosi in matrimonio con Marianna Tarabella da Azzano. Da questa unione nacque, nel 1827, Luigi, il mio trisnonno.