Sono nato in una vecchia casa del Ponticello di Seravezza sfiorata da un canale ed a due passi dal fiume. Questa casa di proprietà dei miei nonni materni fu distrutta insieme a tutte le case del rione, e della Fucina, dove esistevano due segherie e la bellissima chiesa della Misericordia piena di marmi lavorati, durante la tragica estate del 1944. La distruzione riguardò anche diverse case di Riomagno costruite sul fondo del Monte Canala e gli interi paesi di Corvaia e di Ripa, rasi completamente al suolo.
Ero piccolissimo quando, nei primi anni Trenta, i miei genitori si trasferirono alla Desiata, dove occuparono l'alloggio annesso alla segheria dei fratelli Pellizzari, che erano i datori lavoro di mio padre.
Lassù ebbi i primi contatti col fiume. Era mio padre a portarmici tenendomi fra le sue forti braccia. Ricordo quel grande limpido bozzo che c'era vicino al rotore, nel quale guizzavano moltissimi pesci. Ritornammo al Ponticello prima che iniziassi a frequentare l'asilo e lì siamo rimasti fino allo sfollamento (luglio 1944).
Posso ben dire di essere cresciuto coi piedi nell'acqua ed anche sui monti. Fin da bambino vidi spesso il fiume in piena; uno spettacolo impressionante, da fare paura, con l'acqua fangosa che trascinava a valle tronchi d'albero e che sempre più si alzava, mentre dal fondo dell'alveo giungevano i cupi rumori dei sassi che rotolavano sotto la spinta dell'acqua. Anche la forte pioggia torrenziale che veniva già dal Monte Canala e che andava ad ingrossare il fiume già in piena non ci faceva stare tranquilli.
Durante le girate sui monti con altri ragazzi, notai sin da bambino che i boschi venivano periodicamente tagliati e che le selve erano ben tenute. La farina dolce era preziosa come il pane e quindi i proprietari avevano molta cura dei loro castagneti. Sembrava di essere nei giardini con quei muretti di sassi ben fatti e che dovevano essere costati grandi fatiche all'uomo antico della Versilia, un uomo sicuramente intelligente ed attento, come si poteva dedurre dalle piccole opere di canalizzazione delle acque piovane da lui poste in essere perché i poggi non franassero durante le forti piogge.
Prima del 19 giugno 1996, le acque dei nostri fiumi che per molto tempo avevano assunto il colore del latte a causa della marmettola che veniva scaricata nei fiumi, erano ritornate a scorrere limpide; davvero una bella visione dopo un lungo inquinamento cessato grazie anche alla forte campagna di stampa, intrapresa dal periodico mensile Versilia Oggi, diretto da Giorgio Giannelli ch'è bene ricordare.
La piena del 1885, raccontata dall'indimeticato e bravo Mauro Barghetti in un suo pregevole opuscolo edito dalla Misericordia di Seravezza nel mese di dicembre 1995. rimaneva nella nostra memoria come un ricordo lontano.
Invece? Il 19 giugno 1996 si è verificata la disastrosa alluvione che non si poteva prevedere, ma nemmeno escludere, tenuto conto che eventi del genere avevano sconvolto nel recente passato tante zone del territorio nazionale.
Stavo osservando alla Tv la travolgente piena che trascinava a valle grossi alberi e bombole di gas e quant'altro , quanto il tardo pomeriggio del 19 giugno 1996 è squillato il mio telefono. Era mia figlia che chiamava dal Crociale. Era ancora sotto shoch. Comunque riusci ad informarci che il Versilia, aveva rotto gli argini nei pressi del Ponterosso, proprio quando ella stava per far ritorno a casa dopo essere andata a prendere il bambino all'asilo.
Aveva evitato miracolosamente di essere trasvolta dall'acqua che aveva visto andarle incontro, mentre percorreva il tratto di strada dietro la chiesa di San Bartolomeo, riuscendo ad invertire prontamente il senso di marcia della sua autovettura. Al Crociale i danni furono ingenti, un lungo tratto della ferrovia era stato divelto, case piene di detriti e di fango, scantinati allagati, autovetture trascinate ìn mezzo ai campi, grossi tronchi d'albero con enormi radici erano sparsi dappertutto, pesci in stato di putrefazione, fango nei campi coltivati, fango e fango ovunque che diffondeva nell'aria un odore nauseante. Vidi qualche giorno dopo questa terrificante esondazione un paesaggio apocalittico, dove aleggiava la spettro della morte.
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