Il 10 agosto 1985, nel giorno della festa di San Lorenzo, morì “ringhiando” il piccolo cane randagio che per anni aveva percorso le vie di Seravezza. Per conoscere le esatte cause della sua morte, visto che era un cane a cui mi ero affezionato per le ragioni che spiegherò più avanti, mi recai a Pietrasanta per parlare con il veterinario che lo aveva visitato. Seppi così che era stato massacrato a colpi di bastone. Ricordo che il veterinario, raccontandomi che aveva inviato la testa dell'animale a Pisa per sapere se l'animale fosse o meno affetto da rabbia, mi fece capire di aver sofferto non poco nel vedere davanti ai suoi occhi un cane ucciso con così tanta violenza.
Aggiungo, per fare chiarezza, che a Seravezza si era sparsa la voce che il cane avesse devastato il piccolo orto che un uomo coltivava sull'argine del fiume Versilia, vicino al ponticello pedonale vicino alla caserma dei carabinieri. Non voglio aggiungere altro, mi fa solo piacere parlare di quel cane, così come l'avevo conosciuto, un animale sensibile e affettuoso.
Sul muso, intorno all'occhio sinistro, aveva una macchia nera a forma di cerchio, e per tale motivo quando apparve la prima volta a Seravezza, malconcio per le botte che gli erano state inferte (fatto raccontatomi da un uomo che lo aveva visto così malridotto), qualcuno gli affibbiò il nome “Dayan” a ricordo, senza alcuna irriverenza, del mitico generale israeliano che aveva una benda nera sull'occhio. Altre persone, invece, lo battezzarono “Boby”, nome sicuramente più scontato ma forse più appropriato per un cane.
Molte persone avevano tentato di tenerlo con sé, dandogli da mangiare e accudendolo. Lui però, anche se capace di esternare sentimenti di amore e gratitudine nei riguardi di tutti coloro che per anni provvedevano a lui, preferì sempre vivere da randagio ma libero. Docile e innocuo apparteneva a tutti. Divenne così il "cane di Seravezza".
Per giorni e giorni attendeva il ritorno a casa dall'ospedale di persone che gli volevano bene. E lui contraccambiava l'amore ricevuto. Arrivò perfino a rendere omaggio a persone defunte, come fece quando morì mia suocera Bruna Guerrini. Ricordo che entrò nella camera ardente della chiesa dell'Annunziata di Seravezza, dove rimase accucciato per lungo tempo ai piedi del marito della cara defunta e degli altri suoi stretti familiari, che stavano intorno al feretro.
Nelle sue lunghe stagioni dell'amore si rivelò più ardimentoso di “Romeo”: si rese protagonista di spettacolari cadute nel fiume, dopo spericolati balzi spiccati dal muro per raggiungere invano la sua “Giulietta”, chiusa sul terrazzino di una casa costruita ai margini dell'alveo. Sospiri di sollievo furono tirati da coloro che lo rividero rialzarzi miracolosamente, illeso, pronto a ripetere altri balzi sfortunati.
Negli ultimi tempi della sua vita il suo pelo aveva perso la lucentezza di un tempo. Gli era rimasto un solo dente incisivo, oltre ai molari, coi quali riusciva ancora a frantumare parzialmente gli ossi che riceveva in abbondanza. E fu proprio sul terreno dove probabilmente aveva nascosto i suoi preziosi ossi che fu ucciso.
Anche se randagio e non di razza è stato un grande cane. La sua morte procurò a molte persone un enorme dispiacere. Mio suocero Giuseppe Pucci, che spesso amava accarezzarlo e portalo in giro con sé, soffrì non poco quando gli dissero il cane era stato ammazzato. Ricordo che per la forte commozione gli si riempirono gli occhi di lacrime.
1 commento:
Me lo ricordo ancora Dayan... un cane buonissimo, un vero amico. Voleva un gran bene al nonno Beppe e a tutti i suoi familiari, me compreso. Aveva degli atteggiamenti quasi umani. Solo un disgraziato senza cuore e umanità poteva arrivare a ucciderlo a randellate. Chissà poi per quale assurda ragione... povero Dayan!
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