Estate 1944 - I tedeschi intimano lo sfollamento alla popolazione di Seravezza
Ho ancora vivi nel mio cuore i ricordi di quel tragico giorno di sessantasette anni fa in cui i tedeschi imposero ai seravezzini l'ordine di sfollare a Sala Baganza, in provincia di Parma. C'era una grandissima confusione nelle vie di Seravezza e in particolare in piazza Carducci, dove sul muro a fianco della macelleria di Adolfo Lombardi, dirimpetto al monumento ai Caduti era stato affisso il manifesto che conteneva l'ordine. Seravezza in quell'estate del 1944 era piena di sfollati. Ricordo che quasi tutti i fondi anche senza servizi igienici e privi di una normale pavimentazione, erano quasi tutti occupati.
Andai anch'io a leggere quel manifesto. Ricordo che c'era una lunga fila di gente davanti a me. quindi dovetti aspettare un po' di tempo prima di posare gli occhi sullo scritto. Rimasi senza parole, non riuscivo a comprendere come la mia famiglia potesse raggiungere Sala Baganza, località da molti sconosciuta, in quanto avevo la nonna materna anziana e con una caviglia gonfia, da sempre trascurata, che la faceva zoppicare quando camminava. Poi avevo una sorella che non aveva ancora due anni. Sì, insomma, la mia famiglia si trovò ad affrontare una tremenda situazione.
La prima cosa a cui pensai furono i patimenti che avrebbe sofferto la mia cara nonna. Questo pensiero mi fece ritenere che soltanto la morte che avvenne, nell'ultimo rifugio di Giustagnana, dove rimase sola, avrebbe posto termine alle sue sofferenze. La disperazione si leggeva sul volto di tutti i miei paesani e anche di coloro che vivevano sui monti sovrastanti il capoluogo seravezzino, dove si erano rifugiati dei fortemarmini, ai quali i tedeschi avevano imposto lo sfollamento il 30.6.1944. Anche la gente dei monti, compresi gli sfollati, scese a Seravezza per leggere appunto il manifesto. La maggiore parte della popolazione non sapeva cosa fare. Ci fu qualcuno che disse: “ Andiamo a sentire Gino Polidori”. Rimasto cieco dalla guerra 1915/1918, presidente della sezione di Seravezza degli invalidi e mutilati fin dalla sua costituzione (1919), sindaco di Seravezza dal 1923 al 1926 e nominato nuovo podestà di Seravezza il 6 settembre 1934. Ricordo che questo uomo molto famoso, insignito dell'onorificenza di cavaliere ufficiale, con accanto la sua giovane figlia, ascoltava tutti con molta attenzione. Comprese i forti disagi che la popolazione di Seravezza doveva affrontare, ma purtroppo non seppe suggerire alcun comportamento per evitare lo sfollamento; non ci restava che obbedire a tale ordine. Intanto la fame ed altre sofferenze rendevano sempre più faticosi i giorni che la gente di Seravezza e dintorni stava vivendo. Soltanto, chi l'ha sofferta può capirmi. Ti senti morire, ma continui a vivere..., ti senti sfinito, ma il tuo cuore continua a battere. Ecco i sintomi della fame.
La Carità. Una delle virtù teologali: l'amore a Dio come bene supremo e al prossimo per amore di Dio” negli anni della guerra non vi vedeva più in giro, sì era scomparsa. Ognuno aveva i suoi gravi problemi da risolvere quotidianamente e non poteva pensare a quelli delle altre persone.
La mia famiglia si rifugiò in un metato tra il Pelliccino e il colle, di proprietà dei miei zii C'era vicina anche una grossa buca scavata in una roccia del monte dove nel passato veniva estratto il quarzo. A poca distanza avevamo la sorgente di acqua che tuttora alimenta la fontana di Riomagno. L'acqua era era l'unico bene primario cui si disponeva in abbondanza. Si dormiva su un mucchio di rusco, idoneo per preparare la stalla delle pecore, sul quale si stendeva la grande materassa, che avevamo portato fin lassù dalla nostra casa del Ponticello. Non passò molto tempo quando fummo costretti a lasciare questo rifugio. Avvenne quando una mattina un ufficiale tedesco, seguito da alcuni suoi soldati, parlando la nostra lingua in modo abbastanza comprensibile, ci disse che dovevano andare via subito da quella zona in quanto entro pochi giorni ci sarebbero stati i primi combattimenti con gli americani che si stavano avvicinando e le forze tedesche trinceratesi sui nostri monti fino allla foce del Cinquale. Finimmo a Giustagnana, dove trascorsi i giorni più tristi e dolorosi della mia adoloscenza.
Alfieri Tessa, ex partigiano caposquadra, nel suoi libro ”Il fucile legato con una corda” ha parlato di sua sorella, che il 21 aprile 1945, a bordo di un'autoambulanza americana fu trasportata, accompagnata dai suoi genitori, da Ruosina dov'era sfollata all'ospedale di Lucca per essere curata essendo affetta da un forte deperimento causato dalla mancanza di cibo. Quando i genitori, a piedi, attraversando i monti raggiunsero Lucca per visitare la loro figlia, non fecero in tempo a rivederla ancora viva, in quanto era morta due giorni prima del loro arrivo.Non videro neppure il loro corpo in quanto era stato già seppellito nel cimitero di S.Anna di Lucca. Il decesso di questa sfortunata ragazza avvenne quando iniziò l'offensiva finale alleata che si concluse con lo sfondamento della linea Gotica.
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