martedì 8 marzo 2011

Due cuccioli gettati in un cassonetto

La notizia di cui ora parlo, veramente molto brutta, l'ho appresa leggendo una locandina esposta davanti ad una edicola qualche giorno fa. I lamenti di questi due piccoli animali sono stati uditi da una passante che ha chiesto l'aiuto ad un uomo per tirarli fuori dal cassonetto. Cosi i due cuccioli sono stati salvati da una orribile morte. Questo fatto crudele commesso da una persona senza cuore, mi ha fatto ritornare alla luce della mia memoria, quanto constatai nel 1949 quando percorsi, di mattina, l'argine del fiume Versilia che dalla Centrale conduce al Poggione di Ripa di Seravezza. Mentre transitavo vicino ad una fitta siepe, sentii dei rumori anomali che mi fermarono il passo. Incuriosito mi avvicinai alla siepe. Fu così che rilevai che sulla stessa era stato gettato un sacchetto chiuso con dello spago, che si muoveva in continuazione in seguito agli scatti disperati e frenetici di un animale che pensai vi fosse stato messo dentro da qualcuno che voleva liberarsene. Con un coltellino tagliai lo spago e subito, con un balzo, salto fuori un grosso gatto che si allontanò immediatamente dalla zona. Si era nell'immediato dopoguerra e in Versilia c'era molta disoccupazione e si pativa ancora la fame. Molti uomini andavano a fare la rena nel fiume per sopravvivere. Questo mi viene sempre in mente nel ricordare quel gatto a cui salvai la vita. Non l'ho scritto ora per giustificare il comportamento miserevole commesso dall'uomo contro “il fratello gatto”, come l'avrebbe chiamato S. Francesco d'Assisi. Ho sempre sperato che l'animale miracolosamente scampato alla morte, non sia ritornato nella casa del suo padrone, ma che abbia trovato un uomo buono che lo abbia preso con sé, dandogli la necessaria assistenza e amore.
Lo stesso giorno in cui ho letto sulla locandina questo fatto doloroso, sono transitato davanti alla casa dove abitò Giuseppe Mazzini, il fondatore della Giovane Italia, che li si rifugiò sotto falso nome, quando era un perseguitato politico. Di questo grande uomo che nel 1827 si affiliò alla Carboneria, ricordo soltanto quanto ci raccontò di lui in classe, negli anni trenta, (più di 70 anni fa) il nostro maestro. Questi ci narrò che quando era ragazzo Giuseppe Mazzini nel prendere in mano un grillo, gli spezzò involontariamente una zampina, fatto che lo sconvolse fino a farlo piangere dal dispiacere Questo racconto ben descritto che commosse tutta la classe, è rimasto sempre vivo nel mio cuore.

8.3.2011

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