lunedì 11 ottobre 2010

Dolorosi ricordi di Monsignor Benvenuto Matteucci che fu arcivescovo di Pisa

Mi ha molto commosso la lettura delle pagine del saggio storico ed autobiografico intitolato la “Città senza mura”, scritto dallo scomparso e compianto monsignor Benvenuto Matteucci che fu arcivescovo di Pisa negli anni in cui il mio ultimo figlio faceva parte dei Piccoli Cantori di San Nicola, un gruppo di voci bianche, fondato e diretto dall'indimenticato Padre Renzo Spadoni; anche lui volato, già da diversi anni, nella casa del nostro Padre Celeste.
Sono pagine sconvolgenti che pongono in risalto gli anni della seconda guerra mondiale in cui tanti sacerdoti furono perseguitati ed uccisi dai nazisti. Anche durante il periodo successivo del dopoguerra, il prete Matteucci visse un sofferta solitudine perché fu abbandonato da tutti e, tra costoro, anche da chi, nella fase finale della guerra, aveva salvato la vita a rischio della propria. La paura fece allontanare tanti fedeli dalle chiese; come se i sacerdoti fossero “diventati dei lebbrosi che la società rinnega e degli appestati che il popolo rifugge.”
Bisogna leggerle queste pagine per comprendere in pieno le sofferenze patite dai ministri di Dio, mentre svolgevano il loro alto magistero sacerdotale durante gli anni più cruenti della nostra storia contemporanea.
Chi scrive fu testimone oculare di una violenta aggressione che nel 1945 subì il parroco dell'antica Pieve di San Martino alla Cappella, a guerra appena finita. Il fatto avvenne all'altezza del fabbricato, in anni più tardi occupato dalla stazione dei Carabinieri di Seravezza. Il prete che camminava a piedi lungo la strada, veniva inseguito da una donna con una borsa piena di “marmoline” raccolte nel fiume. Urlava parole irripetibili contro di lui che accusava di aver parlato coi tedeschi di suo marito partigiano, fatto che avrebbe causato,non compresi bene,la sua uccisione o la deportazione in Germania. L'anziano sacerdote barcollava, mentre tentava di evitare che le pietre lo colpissero. Nessuno della numerosa gente che circolava in quella via intervenne a sua difesa. Vidi questa aggressione mentre mi accingevo a ritornare a Pietrasanta, dove la mia famiglia si era sistemata alla meno peggio in un locale di proprietà del datore di lavoro di mio padre. Dopo la liberazione frequentavo la III classe, dell'Avviamento professionale al lavoro, di Seravezza che fu riaperto subito dopo lo sfondamento della linea Gotica., Raggiungevo Seravezza e ritornavo a Pietrasanta camminando a piedi. Anch'io, piccolo   ragazzo, assistetti a questa scena violenta, senza avere il coraggio di muovere un dito a favore del sacerdote. Non riuscii a comprendere come questo prete potesse aver fatto una cosa così grave, ancora oggi mi pongo questa domanda nonostante siano trascorsi ben 65 anni da quando avvenne questa aggressione. In quei giorni la mia famiglia, con la casa fatta saltare in aria dai tedeschi, per avere un tetto, si trasferì a Compignano di Massarosa, in una fattoria sopra il monte Quiesa, dove era sfollata la famiglia di Pietro, fratello di mio padre, motivo per cui non ho mai saputo come finì, questa sconvolgente e dolorosa vicenda.

Un altro giorno, vidi uomini afferrare una ex guardia giurata della ditta Henraux, costringendola ad entrare in un fabbricato vicino al Ponte Nuovo.Lungo le scale l'uomo fu fortemente picchiato.L'accusarono, mi pare di ricordare, di essere un fascista che non so cosa aveva fatto di male durante la guerra partigiana. L'uomo urlava disperatamente. Il rumore dei colpi infertigli, li udii nella via dove sostai brevemente, tanto da sembrare che provenissero da una grancassa in uso alle bande musicali colpita con forza da una mazza rivestita di cuoio. .
   

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