lunedì 29 agosto 2011

Ricordo del dottor Renato Bastianelli

Il 24 luglio scorso a Viareggio, dove risiedeva, si è spento Renato Bastianelli, famoso medico tisiologo e specialista nella cura di altre malattie dell'apparato respiratorio.
Figlio del veronese Guido Bastianelli e della seravezzina Angela Falconi, era nato a Seravezza nel 1917. Studiò all'Università di Pisa dove si laureò nel 1942. Tra i suoi primi invarichi ci fu quello di medico condotto ad Arni. Esercitò anche nell'ospedale Campana di Seravezza,
Nel 1943 frequentò a Firenze il corso allievi ufficiali presso la Regia Aeronautica - Servizio Sanitario -, al termine del quale fu nominato Sottotenente medico. Ricordo di averlo visto in quel tempo, in divisa militare, vicino alla casa di sua zia Augusta Falconi, nell'antico rione seravezzino della Fucina.
L'otto settembre 1943, il giorno dell'armistizio, si trovava in licenza a Ripa, dove attendeva di conoscere il reparto cui sarebbe stato assegnato. Non rispose alla chiamata alle armi del ministro della guerra della Repubblica di Salò, maresciallo d'Italia Rodolfo Graziani.
Quando i tedeschi nell'estate del 1944 imposero lo sfollamento alla popolazine di Seravezza e dintorni, il dottor Bastianelli, con i genitori ed altri suoi stretti parenti, si rifugiò nel palazzo della ditta Henraux sito in località la Polla, sul monte Altissimo,dove sfollarono anche Alberto Carducci col figlio Mazzini e Ilio Roni.
Renato Bastianelli, che ben conosceva i doveri che ogni medico ha nei confronti di persone abbisognevoli di cure mediche, insiti nel giuramento di Ippocrate, affrontò in quel tempo seri pericoli al fine di compiere il proprio dovere. Un giorno Amos Paoli (giovane partigiano trucidato dai tedeschi, medaglia d'oro al Valor militare) che aveva frequentato da bambino l'asilo Delâtre di Seravezza insieme a Renato Bastianelli, gli comunicò che sulla Tacca Bianca vi erano dei partigiani feriti che avevano bisogno di essere curati. Il Bastianelli salì sulla funicolare della Polla insieme al partigiano Sergio Breschi. I tedeschi che li videro spararono contro di loro.
“Quell'ascesa non finiva mai – raccontò a Giorgio Giannelli, che ha riportato la testimonianza nel volume “La Germania è veramente vostra amica” -. Occhi chiusi e valigetta in mano arrivammo sul posto. Curai quattro partigiani feriti, uno dei quali, Sante Bracchi, versava in gravi condizioni. In seguito li feci ricoverare in un'unica stanzetta del Campana, complici tuo zio, il dottor Giuseppe Giannelli,e suor Modestina”.
Quando a luglio fu chiuso l'ospedale di Seravezza Bastianelli intervenne altre volte per prestare cure mediche ad alcuni italiani aggregati alle truppe tedesche. A metà ottobre del 1944 decise di superare il fronte. Passò dalla villa Moresco, sopra Valventosa, per prendere la bicicletta che lì aveva lasciato quando aveva visitato una persona malata. Salito in sella scese velocemente superando indenne le cannonate sparate dagli americani intorno alla Rocca di Corvaia. Qualcuna esplose anche a Vallecchia.
Raggiunta Pietrasanta gli americani lo fermarono e lo fecero incolonnare nella piazza Littorio, ora sede comunale, per portarlo in un campo di concentramento. Fu salvato da Gualtiero Jacopetti, aggregato al Comando americano come ufficiale interprete. Jacopetti, poi diventato giornalista e regista cinematografico, era legato da vincoli di amicizia con Renato sin da quando entrambi frequentavano l'Università. Oltre a liberarlo gli fece avere uno speciale lasciapassare che gli permise di raggiungere Camaiore, dove si era rifugiata anche la famiglia di Maura, la sua fidanzata.
A Camaiore ebbe modo di incontrare il dottor Rossi, direttore del sanatorio di Carignano che, viste le sue specializzazioni, lo assunse come medico nel nosocomio da lui diretto, dove Renato rimase fino a tutto il 1944.
Nel 1946 fu richiamato alle armi. Gli proposero il posto di ufficiale medico presso la base aerea di Pisa, che lui però non accettò. Fu quindi assegnato alla base degli idrovolanti ancora esistente sul lago di Bracciano, dove era tenuto in rimessaggio l'apparecchio che fu utilizzato soltanto da Benito Mussolini.
Nel 1947 Bastianelli sposò la sua fidanzata, una splendida fanciulla di appena venti anni, nata a Ripa. Da questa unione nacquero due figli. Renata e Angelo che allietarono la casa dei loro genitori.

Il dottor Bastianelli fu sposo e padre esemplare. Finché ha avuto le forze necessarie ha continuato ad esercitare con passione e per tanti anni, la libera professione. Ricordo che visitò anche mia moglie Angela, figlia della sua cugina Bruna, e anche il mio ultimo figlio quando era bambino, senza mai farsi pagare. Quando ci incontravamo parlavamo sempre di Versilia Oggi, il nostro periodico che amava leggere e del quale era un fedele abbonato. Egli fu legato da vincoli affettuosi coi cugini Bruno e Bruna Guerrini, il primo caduto nei dintorni di Tobruk nel 1941 durante il corso di una cruenta battaglia combattuta contro i neozelandesi, mentre la Bruna morì nel 1984.
Ogni anno, in occasione della commemorazione dei Defunti, saliva al cimitero di Seravezza, dove nel 1929 era stato sepolto suo nonno materno, Antonio Falconi che in vita fu un dirigente del personale delle cave della società Henraux, come seppi da sua figlia Marta che aveva sposato l'impresario Giulio Casini, e anche la sua nonna materna Antonia Viti,deceduta il giorno della ricorrenza del Santo Natale dell'anno 1941. In quei giorni non mancava mai di andare a salutare i suoi zii Augusta Falconi e Antonio Guerrini che, nella loro casa, quando lui prestava servizio all'ospedale Campana, vi aveva sempre trovato una calorosa ospitalità. Non solo ci dormiva ma vi consumava anche dei piatti prelibati, sempre ricordati da Renato, che gli preparava sua zia.
Per l'amore e la passione con cui curò una moltitudine di persone ammalate, credo che il nostro Padre Celeste lo abbia accolto nel suo Regno, dove riposano in eterno le anime degli uomini pii e giusti, così come lo è stato Renato Bastianelli durante il suo lungo cammino terreno.

venerdì 12 agosto 2011

I NOSTRI PAPERONI



Ecco cosa scrissi su Versilia Oggi del mese di gennaio 2004, sui nostri Paperoni, un tema molto attuale e discusso per diminuire i costi della politica.


I NOSTRI PAPERONI

Non mi pare, ma non mi vorrei sbagliare, che nessuno dei nostri giornali, comprese le varie Tv, abbia mai analizzato il costo della politica italiana che ha raggiunto livelli elevati e non più sopportabili se posti a confronto, tanto per fare un esempio, con il reddito medio delle categorie dei lavoratori che faticano ad arrivare alla fine di ogni mese.
Fortunatamente esiste Versilia Oggi, il periodico mensile che da quasi quarant'anni non si stanca di evidenziare le storture della politica che, come ha scritto Giorgio Giannelli, dovrebbe essere esercitata solo da uomini animati “dalla passione, dallo spirito di sacrificio e di apostolato”. Un concetto che a me fa piacere ripetere,
E' chiaro che chi svolge un'attività politica, sia che occupi incarichi tecnici anche i più alti, debba essere ben retribuito, ma anche qui occorre porre dei limiti. Ogni uomo che svolge funzioni pubbliche deve sentirsi gratificato per il bene che esso compie nell'interesse dei propri concittadini. Retribuire chi svolge questi importanti incarichi con compensi da “Paperone” è però un fatto che genera degli squilibri che, a lungo andare, non possono essere sopportati dalle categorie più deboli, tenuto conto dell'ingente debito pubblico e delle spese enormi occorrenti per governare. Un dipendente pubblico di qualsiasi categoria e livello, una volta eletto deputato o senatore, non deve pertanto continuare a riscuotere anche lo stipendio fino a quel momento percepito. Gli dovrebbero bastare i già congrui emolumenti percepiti da parlamentare. E' dall'esercizo di una politica equilibrata, senza odi di parte, tesa ad evitare lo sperpero di denaro pubblico, che si possono veramente migliorare le condizioni di vita di tutti e non solo di coloro che stanno nelle stanze dei bottoni.
Ancor prima della Lega Nord e delle picconate di Cossiga, venne fondata l'Unione Versiliese, un movimento politico libertario e antipartitocratico volto alla realizzazione di un sogno che poteva dare tanti frutti ai versiliesi. Durò soltanto pochi anni. Quando nacque l' Unione Versiliese pensai all'altro fantastico sogno, quello della Repubblica
dell' Apua che ebbero, nel recente passato, altri indimenticati personaggi della nostra terra.
Eletti nelle liste dell'Unione Versiliese se ben ricordo. Cancogni e Giannelli, rifiutarono il “gettone” che spettava loro per legge. Cancogni si dimise per motivi di famiglia. E Giannelli che si candidò alla carica di sindaco di Forte dei Marmi, com'è stato premiato? Fu clamorosamente bocciato, soltanto cinquantacinque fortemarmini gli diedero la fiducia.
Gli resta il suo lavoro di giornalista e scrittore. Da sempre sta sull'albero a cantare, come dice lui, scrive ciò che pensa e questo è un fatto che lo onora. Come Giuseppe Vezzoni e Alvaro Avenante e pochi altri, ha il coraggio di dire delle verità che in troppi non vorrebbero sentire.