sabato 7 settembre 2013

Il mulo degli alpini

La lettura su "Stella Alpina" del breve racconto intitolato “Pierino Balocco...uno sconcio...”, tratto da “ Vita quotidiana durante la campagna di Russia” descritta dall'alpino Pasquale Grignaschi, mi ha fatto ripensare a come sarà morto nell'Unione Sovietica il fratello di mio padre, Guido (classe 1919), in forza al 4° Reggimento Artiglieria da Montagna – reparto munizioni e viveri – della divisione Cuneense, impiegato sul fronte russo a fianco dei soldati della Germania che in quel tempo erano nostri alleati.
La sua partenza per la Russia credo gli abbia impedito di vedere il bambino che la sua sposa, con la quale da poco tempo si era unito in matrimonio, aveva dato alla luce quando lui si trovava in quella gelida nazione, dove furono combattute sanguinose battaglie.
Ricordo che mio zio Guido fu dichiarato disperso in Russia. Probabilmente sarà caduto stremato dalla fatica nella steppa ghiacciata, oppure ucciso dal fuoco nemico.
Amo pensare che nell'emettere gli ultimi respiri abbia avuto accanto a lui il suo mulo col quale aveva condiviso fatiche e pericoli. Chissà se davvero siano morti insieme?
Se così fosse avvenuto mi pare bello pensare che mio zio, prima di chiudere gli occhi abbia accarezzato il muso e il collo dell'animale che certamente gli attenuò gli spasmi della morte. E, infine, ancora bello mi pare di pensare che appena la morte lo strappò alla vita, abbia, potuto udire le seguenti parole pronunciate dal nostro Dio misericordioso:Oggi sei in Paradiso!”.


mercoledì 4 settembre 2013

Ricordo del Generale di Corpo d'Armata Arturo Dell'Isola

Un uomo profondamente colto e pieno di umanità

Ho appreso dalla rivista “Fiamme Gialle” la ferale notizia della morte del Generale di Corpo d'Armata Arturo Dell'Isola, avvenuta a Milano l'11 ottobre 2012. Non mi dilungherò sulle notizie relative alla sua eccezionale carriera militare (interamente trascorsa nel Corpo della Guardia di finanza, di cui fu anche vice Comandante dal 1° gennaio 1982 al 2 dicembre 1984) essendo già state compiutamente evidenziate dalla rivista dell'A.N.F.I., associazione della quale, dal 1985 al 1993, il generale di Corpo d'Armata dell'Isola fu Presidente Nazionale. Racconterò soltanto alcuni fatti rimasti scolpiti nel mio cuore nel periodo in cui prestavo servizio alla sede del Comando Gruppo di Salerno, comandato dall'allora Tenente colonnello Dell'Isola.

Quando lui arrivò a Salerno, proveniente dal Nucleo Regionale p.t. di Milano, ero addetto all'ufficio matricola. Mi aveva scelto ad assolvere questo servizio il precedente suo pari grado, Nicola Fiore, che fu collocato in congedo per raggiunti limiti di età. Sentendomi molto umile, quando fu disposta la mia assegnazione dalla Compagnia al superiore Comando, mi chiesi se sarei stato all'altezza. Per la trattazione delle numerose pratiche avevo frequenti colloqui coi comandanti del Gruppo, all'inizio con l'alto ufficiale Nicola Fiore e dopo col suo successore.

Una mattina il Tenente Colonnello Dell'Isola mi chiamò nel suo ufficio. Aveva davanti a sé, sulla scrivania, gli elenchi dei militari che contavano diversi anni di lunga permanenza al reparto cui erano in forza, motivo per cui il Comando Generale aveva disposto che fossero trasferiti in altri reparti. Questo provvedimento riguardò i finanzieri alla dipendenza di tutti i reparti della Guardia di finanza operanti nell'ambito del territorio nazionale.

Il nuovo Comandante del Gruppo, aveva posto la sua attenzione sulla richiesta prodotta da un graduato, che fu allegata all'elenco, con la quale chiedeva di non essere trasferito, avendo un figlio disabile e allettato, motivo per cui se avesse dovuto ottemperare all' ordine di trasferimento avrebbe dovuto farlo trasportare nelle nuova sede di servizio a bordo di una autoambulanza.

Il Tenente Colonnello Dell'Isola non solo comprese la difficile situazione a cui il militare sarebbe andato incontro, ma andò anche oltre in quanto pensò ai doveri che spettavano ai genitori per continare a curare ed assistere il loro discendente. Così mi disse di fare la richiesta al Fondo di Assistenza per i Finanzieri, perché gli concedesse un sussidio, cosa che feci subito.

Un' altra volta mi chiamò per parlare di una domanda di trasferimento presentata da un finanziere che avevo messo nella cartella della posta in partenza che lui avrebbe dovuto firmare. Il Comandante mi disse che ciò che avevo scritto nell'attergato (recante le osservazioni relative alla pratica) erano molto importanti per la definizione della stessa, anche se l'interessato nella sua domanda non aveva fatto menzione alle problematiche che avevo evidenziato. Ebbi la sensazione che Dell'Isola avesse molto apprezzato il mio scritto.

Non ho mai dimenticato quando mi convocò nel suo ufficio per la trattazione di una pratica riguardante l'esecuzione dei servizi di istituto demandati ai reparti dipendenti. Cercai di documentarmi bene sulla materia leggendo accuratamente la bozza di stampa 1959 Appena la vide, mi disse “l'ho scritta io nel periodo in cui prestai servizio al Comando Generale”. La pratica fu definita secondo le sue precise direttive in linea con quanto stabilito dalla bozza di stanpa succitata. Capii in quel modo, che la sua preparazione era ai massimi livelli. In quella come in altre occasioni rimasi molto contento di avere un comandante con un'enorme cultura, che trapelava con naturalezza, senza che lui ne facesse mai vanto. Non mi dilungo oltre anche se avrei ancora altre cose da dire per descrivere la sua figura di alto ufficiale molto amato da tutti i finanzieri che ebbe alla sua dipendenza.

Di grande spessore umano fu il discorso che il comandante Dell'Isola pronunciò in occasione della ricorrenza annuale della fondazione della Guardia di Finanza o forse durante la festa dedicata al nostro Patrono San Matteo , il cui busto veniva portato in processione lungo le strade del centro cittadino, fino all'androne della nostra caserma, dove veniva effettuava una breve sosta durante la quale il vescovo impartiva la sua benedizione.

Per merito del signor Comandante del Gruppo e degli uomini che facevano parte del mio ufficio, l'appuntato Renato Tiglio, reduce da un lager tedesco, e dai finanzieri scelti, Carmine Miglino, dattilografo che usava tutte le dita delle sue mani, e Innamorato, (se non ricordo male, di nome Francesco), esperto nella trattazione delle pratiche relative all' avanzamento di grado, credo di poter dire, senza alcuna presunzione, che l'ufficiò matricola cui ero addetto lavorò sempre al “meglio”.

A Salerno occupavo un appartamento di servizio le cui finestre si affacciavano sulla via Duomo, mentre quello occupato dal Comandante del Gruppo era ubicato all'ultimo piano. Agli alloggi di servizio si accedeva non dall'ingresso principale della caserma , ma anche dalla porta laterale, situata in via Mercanti se non ricordo male al N,77.  Proprio per questo ebbi modo di conoscere i familiari del Comandante, la sposa deceduta anni fa, e i due loro figli: il maschio, allora giovane studente universitario a Napoli che vedevo spesso e la femmina, una bimba che poteva avere dieci - dodici anni, che incontrai soltanto poche volte.

Quando in occasione delle ultime feste natalizie espressi, telefonicamente, le condoglianze alla figlia del defunto generale, dottoressa Maria Grazia, il cui numero avevo trovato grazie ad una ricerca fatta su internet, seppi che suo padre aveva sofferto molto prima di morire a causa della malattia che lo aveva colpito.
Le chiesi notizie del fratello, così appresi che era deceduto due anni prima della morte del padre. A conclusione della telefonata le dissi che il ricordo del Generale era rimasto vivo nel mio cuore, e le ribadii che per me suo padre era stato e restava un mito.

Mi piace pensare che l'anima del Generale di Corpo d'Armata Arturo Dell'Isola viva in eterno nella Casa del Nostro Padre Celeste, dove ha raggiunto le anime della sua sposa, del figlio, di tutti i suoi cari e dell'infinita schiera dei finanzieri defunti che furono sotto il suo comando.