Un uomo
profondamente colto e pieno di umanità
Ho appreso dalla rivista
“Fiamme Gialle” la ferale notizia della morte del Generale di
Corpo d'Armata Arturo Dell'Isola, avvenuta a Milano l'11 ottobre
2012. Non mi dilungherò sulle notizie relative alla sua eccezionale
carriera militare (interamente trascorsa nel Corpo della Guardia di
finanza, di cui fu anche vice Comandante dal 1° gennaio 1982 al 2
dicembre 1984) essendo già state compiutamente evidenziate dalla
rivista dell'A.N.F.I., associazione della quale, dal 1985 al 1993,
il generale di Corpo d'Armata dell'Isola fu Presidente Nazionale.
Racconterò soltanto alcuni fatti rimasti scolpiti nel mio cuore nel
periodo in cui prestavo servizio alla sede del Comando Gruppo di
Salerno, comandato dall'allora Tenente colonnello Dell'Isola.
Quando lui arrivò a
Salerno, proveniente dal Nucleo Regionale p.t. di Milano, ero
addetto all'ufficio matricola. Mi aveva scelto ad assolvere questo
servizio il precedente suo pari grado, Nicola Fiore, che fu
collocato in congedo per raggiunti limiti di età. Sentendomi molto
umile, quando fu disposta la mia assegnazione dalla Compagnia al
superiore Comando, mi chiesi se sarei stato all'altezza. Per la
trattazione delle numerose pratiche avevo frequenti colloqui coi
comandanti del Gruppo, all'inizio con l'alto ufficiale Nicola Fiore e
dopo col suo successore.
Una mattina il
Tenente Colonnello Dell'Isola mi chiamò nel suo ufficio. Aveva
davanti a sé, sulla scrivania, gli elenchi dei militari che
contavano diversi anni di lunga permanenza al reparto cui erano in
forza, motivo per cui il Comando Generale aveva disposto che fossero
trasferiti in altri reparti. Questo provvedimento riguardò i
finanzieri alla dipendenza di tutti i reparti della Guardia di
finanza operanti nell'ambito del territorio nazionale.
Il nuovo Comandante del
Gruppo, aveva posto la sua attenzione sulla richiesta prodotta da un
graduato, che fu allegata all'elenco, con la quale chiedeva di non
essere trasferito, avendo un figlio disabile e allettato, motivo per
cui se avesse dovuto ottemperare all' ordine di trasferimento avrebbe
dovuto farlo trasportare nelle nuova sede di servizio a bordo di una
autoambulanza.
Il Tenente Colonnello
Dell'Isola non solo comprese la difficile situazione a cui il
militare sarebbe andato incontro, ma andò anche oltre in quanto
pensò ai doveri che spettavano ai genitori per continare a curare
ed assistere il loro discendente. Così mi disse di fare la richiesta
al Fondo di Assistenza per i Finanzieri, perché gli concedesse un
sussidio, cosa che feci subito.
Un' altra volta
mi chiamò per parlare di una domanda di trasferimento presentata da
un finanziere che avevo messo nella cartella della posta in partenza
che lui avrebbe dovuto firmare. Il Comandante mi disse che ciò che
avevo scritto nell'attergato (recante le osservazioni relative alla
pratica) erano molto importanti per la definizione della stessa,
anche se l'interessato nella sua domanda non aveva fatto menzione
alle problematiche che avevo evidenziato. Ebbi la sensazione che
Dell'Isola avesse molto apprezzato il mio scritto.
Non ho mai
dimenticato quando mi convocò nel suo ufficio per la trattazione di
una pratica riguardante l'esecuzione dei servizi di istituto
demandati ai reparti dipendenti. Cercai di documentarmi bene sulla
materia leggendo accuratamente la bozza di stampa 1959 Appena la
vide, mi disse “l'ho scritta io nel periodo in cui prestai
servizio al Comando Generale”. La pratica fu definita secondo le
sue precise direttive in linea con quanto stabilito dalla bozza di
stanpa succitata. Capii in quel modo, che la sua preparazione era ai
massimi livelli. In quella come in altre occasioni rimasi molto
contento di avere un comandante con un'enorme cultura, che
trapelava con naturalezza, senza che lui ne facesse mai vanto. Non
mi dilungo oltre anche se avrei ancora altre cose da dire per
descrivere la sua figura di alto ufficiale molto amato da tutti i
finanzieri che ebbe alla sua dipendenza.
Di grande
spessore umano fu il discorso che il comandante Dell'Isola
pronunciò in occasione della ricorrenza annuale della fondazione
della Guardia di Finanza o forse durante la festa dedicata al
nostro Patrono San Matteo , il cui busto veniva portato in
processione lungo le strade del centro cittadino, fino all'androne
della nostra caserma, dove veniva effettuava una breve sosta durante
la quale il vescovo impartiva la sua benedizione.
Per merito del
signor Comandante del Gruppo e degli uomini che facevano parte del
mio ufficio, l'appuntato Renato Tiglio, reduce da un lager tedesco, e
dai finanzieri scelti, Carmine Miglino, dattilografo che usava tutte
le dita delle sue mani, e Innamorato, (se non ricordo male, di
nome Francesco), esperto nella trattazione delle pratiche relative
all' avanzamento di grado, credo di poter dire, senza alcuna
presunzione, che l'ufficiò matricola cui ero addetto lavorò sempre
al “meglio”.
A
Salerno occupavo un appartamento di servizio le cui finestre si
affacciavano sulla via Duomo, mentre quello occupato dal Comandante
del Gruppo era ubicato all'ultimo piano. Agli alloggi di servizio si
accedeva non dall'ingresso principale della caserma , ma anche dalla
porta laterale, situata in via Mercanti se non ricordo male al N,77. Proprio per questo ebbi
modo di conoscere i familiari del Comandante, la sposa deceduta anni
fa, e i due loro figli: il maschio, allora giovane studente
universitario a Napoli che vedevo spesso e la femmina, una bimba che
poteva avere dieci - dodici anni, che incontrai soltanto poche volte.
Quando
in occasione delle ultime feste natalizie espressi, telefonicamente,
le condoglianze alla figlia del defunto generale, dottoressa Maria
Grazia, il cui numero avevo trovato grazie ad una ricerca fatta su
internet, seppi che suo padre aveva sofferto molto prima di morire
a causa della malattia che lo aveva colpito.
Le
chiesi notizie del fratello, così appresi che era deceduto due anni
prima della morte del padre. A conclusione della telefonata le
dissi che il ricordo del Generale era rimasto vivo nel mio cuore, e
le ribadii che per me suo padre era stato e restava un mito.
Mi
piace pensare che l'anima del Generale di Corpo d'Armata Arturo
Dell'Isola viva in eterno nella Casa del Nostro Padre Celeste, dove ha
raggiunto le anime della sua sposa, del figlio, di tutti i suoi cari
e dell'infinita schiera dei finanzieri defunti che furono sotto il
suo comando.