lunedì 12 gennaio 2009

Un volo di cento metri dal sentiero innevato...

Dai racconti della terribile caduta di mio padre ho ereditato una
grande diffidenza per la montagna


Mio padre, nato nel 1906, era il figlio secondogenito di una famiglia di poveri
contadini dello "Strinato" - sopra Strettoia, nell'enclave del comune di Pietrasanta (Lu) -
che ebbe in tutto otto bambini. A ventidue anni, quando lavorava in una cava
del Passo del Vestito (Alpi Apuane) scivolò sul sentiero a strapiombo
sulla roccia del monte ricoperto di neve. Fece un volo a picco di un centinaio di metri.
Finì su un mucchio di neve riportando l'incrinatura della colonna vertebrale.
La neve lo aveva fatto precipitare nel baratro, ma il grande cumulo sul quale era finito
lo aveva salvato. Amo credere che fu la Madonna del Cavatore a
salvarlo. Per sei mesi rimase ricoverato all'ospedale di Massa disteso
sopra una lastra di marmo. Dimesso dall'ospedale riprese a lavorare e
nel 1930 si sposò. I suoi datori di lavoro, i fratelli Pellizzari, lo
impiegarono nella loro segheria che possedevano alla Desiata, sul
fondo della valle del Trambiserra, dove poco tempo dopo la mia nascita
la mia famiglia si trasferì nell'appartamento annesso alla segheria.

Del tempo trascorso alla Desiata da bambino mi tornano alla
mente solo pochi episodi. Rammento la forte impressione che ebbi
quando vidi una grossa "bodda" (un grande rospo, ndr) sulle scale
che portavano alla porta di accesso dell'abitazione. Ricordo di avere
mosso in primi passi con mio padre che stringeva forte le mie manine,
vicino al rotore che muoveva i telai. Rivedo il bozzo dell'acqua limpida
che c' era all'esterno del rotore fatto girare dall'acqua corrente del fiume, pieno di pesci.

D'estate in quell'acqua mio padre, stringendomi tra le sue forti braccia,
mi faceva fare un bagno. Mi pare di rivedere gli uomini, alcuni
giovanissimi, che lavoravano nello spiazzo antistante la segheria
intenti con le subbie e martelli in mano a raffilare le lastre di marmo
appena segate e la gente che passava sopra la strada che scambiava
qualche parola con la mia cara mamma.

Nei confronti della montagna ho sempre avuto timore per i sentieri difficili
da percorrere, resi pericolosi nei mesi invernali dalla caduta della neve e dal ghiaccio
derivato dalla temperatura sotto zero. Mai mi sono avventurato in
imprese pericolose, pur avendo prestato servizio anche a Passo Foscagno
(m. 2.295) dalle cui rocce nel 1954 strappai alcune stelle alpine, cosa
assai difficile da fare. Lassù cadeva la neve anche nei mesi estivi. Poi
sono stato a Chiesa Valmalenco, al distaccamento di Campofranscia e in
altri reparti alpestri, tutti sotto la mitica giurisdizione della 6^
Legione di Como (che ora non esiste più) impegnata fortemente per la
repressione del contrabbando in genere e dei tabacchi lavorati esteri in
particolare.

Tra questi reparti ricordo la brigata di Buggiolo, dislocata in una frazione
di poche case con la chiesa al disotto della rete metallica posta sul confine
italo svizzero. Buggiolo e la borgata di Seghebbia formano il comune
chiamato Val Rezzo, forse il più piccolo d'Italia. La brigata di Buggiolo
aveva due distaccamenti , uno a Passo S. Lucio a Cavargna (Co)
e l'altro molto più in alto, sito sul monte Garzirola.
Durante un servizio effettuato sul Monte Garzirola notai,
a poche decine di metri dalla caserma, diverse croci di marmo piantate
laddove morirono giovanissimi militari della Guardia di Finanza,
stremati dalla tormenta che li aveva investiti quando si apprestavano a
fare ritorno in caserma al termine del servizio. A pochi metri dalla
salvezza il loro cuore cessò di battere.

Comandato di servizio di perlustrazione con un mio collega sotto il
distaccamento di S. Lucio vidi anche lì, fra le tante piante di un
bosco, una croce di marmo piantata per ricordare dove due giovanissimi
finanzieri in servizio anti-contrabbando morirono colpiti da un fulmine.

La morte di tanti giovani finanzieri caduti nell'adempimento del dovere,
e nel corso delle guerre combattute a difesa della Patria hanno dato
lustro imperituro ai 234 anni di storia della Guardia di Finanza , nelle
cui file molti sono stati anche i versiliesi che vi hanno militato e
portato, sul bavero delle loro giacche, con orgogliosa fierezza, le
mitiche "Fiamme Gialle".

Ecco i ricordi del passato affiorati alla mia memoria dopo le
continue disgrazie avvenute anche di recente sulle montagne.