Novantatre anni fa, il 29
novembre 1924, cinque giorni dopo essere
stato sottoposto ad un intervento chirurgico alla gola, moriva a Bruxelles l’appuntato
ad honorem della Regia Guardia di Finanza Giacomo Puccini, celebre
autore di opere immortali che tuttora vengono rappresentate nei più importanti teatri del mondo.
Discendente di una famiglia di
musicisti, era nato a Lucca il 22 dicembre 1858. Studiò al conservatorio di
Milano, con il violinista Antonio Bazzini e
Amilcare Ponchielli come maestri. Nella città della Madonnina visse con la
sua compagna Elvira, che per seguirlo abbandonò il marito.
La coppia attraversò un periodo di stenti. Con il successo, ottenuto nel 1884 attraverso la rappresentazione della sua prima
opera “Villi”, Puccini ebbe dall’editore Ricordi l’incarico
di scriverne una nuova. Riuscì così a portare avanti la sua attività
di maestro compositore di opere musicali, fino a raggiungere i
massimi livelli.
La sua musica fa pulsare il sangue nelle vene, è rara,
dolce, drammatica, piena di pathos. Porta l’ascoltatore a
immedesimarsi nelle scene che gli appaiono davanti agli occhi,
riuscendo a farlo sognare mentre si inebria. Quelle sue note, magicamente assemblate come i colori sulla tavolozza di un grande artista, inducono a pensare a quanto sia bella la
vita se l’uomo è in grado di amare. Ma non voglio dilungarmi oltre sui
sentimenti che la musica di Puccini è capace di suscitare in chi
l’ascolta. In questo mio scritto desidero soffermarmi sull’uomo Giacomo
Puccini, quando negli anni tra il 1920 e il 1921 trascorse lunghi periodi tra Orbetello e Capalbio, dove aveva acquistato una torre cinquecentesca chiamata Tagliata Etrusca, vicina
alla quale vi era un piccolo edificio che ospitava la sede della Brigata della Guardia di Finanza litoranea, con pochi uomini in
forza, impiegati a svolgere servizi di vigilanza doganale
marittima lungo 14 km di costa.
La passione per la
caccia portò Puccini a trasferirsi temporaneamente da Torre del Lago (LU)
in Maremma, sicuramente attratto da quel territorio dove volavano una
miriade di uccelli migratori di tante specie. Nel tempo trascorso
nella Torre Tagliata (foto) il Maestro strinse rapporti di cordiale amicizia e di
reciproca stima con il comandante del reparto, l’appuntato
Teriggi Campelli, e con tutti gli altri finanzieri. Spesso giocava con loro a tressette e beveva
volentieri un bicchiere di vino giovane. Altre volte, invece, si soffermava a mangiare il minestrone preparato dal finanziere addetto alla
cucina. L’appuntato Teriggi amava ed apprezzava le cose belle, tra
le quali la musica, cosicché il Maestro spesso gli chiedeva cosa
pensasse di certi brani musicali che lui stava componendo.
Puccini era cordiale ed
amichevole con tutti i finanzieri. Comprendeva il duro
servizio che svolgevano sia di giorno che di notte, anche con il brutto tempo. Il carattere buono e socievole del Maestro conquistò
il cuore di tutti i finanzieri che a loro volta nutrivano, nei
suoi confronti, sentimenti di vivo e sincero affetto. Una mattina Puccini andò a trovare in caserma il Comandante, che era
ancora al letto. "Stanotte sono andato a dormire alle quattro,
dopo 14 ore di perlustrazione ero molto stanco, sono stato a
scambiare il visto al fiume Chiarone col drappello di Montalto.
Almeno avessi incontrato qualche contrabbandiere", gli disse il
Teriggi. "Ma se non ci sono i contrabbandieri perché fate questi
servizi? gli chiese allora il Puccini. "I contrabbandieri
non ci sono perché ci siamo noi". Fu al termine di questo cordiale
colloquio che Puccini invitò il comandante della brigata ad
utilizzare per l’avvenire il suo asino, così si sarebbe stancato
di meno.
Quando Puccini lasciò definitivamente la Torre
Tagliata, oltre ad una sua fotografia volle donare al comandante della
Brigata il proprio asinello. Solenni onori furono attribuiti dalla
Guardia di Finanza a Giacomo Puccini dopo la sua morte. Sulla facciata della
torre Tagliata fu murata una lapide di marmo con la seguente scritta a caratteri cubitali:
"IN
QUESTA TORRE CHE FU SUA GIACOMO PUCCINI RIPOSANDO NELLA SILENTE
POETICA QUIETE DI MILLENARI RICORDI - NEL FRAGORE DELLE ONDE RIPETENTI SULLO SCOGLIO L’ECO DI GRANDI NOMI VISSE FRATERNAMENTE
DUE ANNI CON I MILITI DELLA REGIA GUARDIA DI FINANZA - APPREZZANDONE
LA SINCERITA’ DEGLI AFFETTI E L’ABNEGAZIONE DELLA VITA TUTTA
VOTATA ALLA PROSPERITA' DELLA PATRIA. I FINANZIERI GRATI DI TANTO ONORE POSERO QUESTO RICORDO. MAGGIO 1925".
Renato Sacchelli