sabato 6 dicembre 2014

Don Quintino Sicuro, servo di Dio



Conservo ricordi commoventi rimasti scolpiti nel mio cuore il 31 agosto 1997, quando partecipai alla gita sociale a Balze (FO), organizzata dalla Sezione Anfi di Seravezza ( Versilia storica) per visitare i luoghi dove visse gli ultimi anni della sua vita don Quintino Sicuro, il servo di Dio , il quale, dal 1939 al 1947 prestò servizio nel Corpo della Guardia di finanza.

Folta fu la partecipazione dei soci versiliesi a questa gita, accompagnati dalle rispettive consorti con il testa il loro presidente cav. ufficiale Renzo Maggi. Della sezione pisana, oltre a chi scrive c'era anche il presidente Marco Mugnaini, e il vice presidente Antonio Ruggiero seguiti dalle proprie spose.

All'arrivo del pullman nella zona fummo accolti dal maresciallo capo in congedo Duilio Farneti, iscritto alla sezione ANFI di Forlì che fu compagno d'arme di Sicuro, insieme al quale frequentò a Roma  il 19 corso Allievi Sottufficiali (1° luglio 1945 / febbraio1946).

Rimasi commosso quando appresi la vita santa che in quel luogo aveva vissuto don Quintino. Durante la S. Messa, celebrata dal parroco di Balze, lessi la preghiera della Guardia di finanza. Guido Angelini, socio della Sezione di Seravezza, al termine della messa mi si avvicinò per sapere se stessi male, avendo notato il mio volto pallido, ma lo tranquillizzai dicendogli che il pallore che aveva visto sul mio viso era dovuto alla forte emozione che mi pervase mentre elevavo a Dio la nostra struggente preghiera.

Che bello incontrare a questo pellegrinaggio Guido Angelini e Primo Giorgi (quest'ultimo purtroppo deceduto qualche anno fa), entrambi miei compagni del corso allievi finanzieri frequentato a Roma dal 15.7.1949 al 15.1.1950.

Terminata la santa Messa fu deposta una corona di alloro sulla tomba dove riposano i resti di don Quintino, che lui stesso aveva scavato, quando era ancora in vita, nella roccia arenaria a pochi metri di distanza dalla facciata della chiesa.

Il Farneti ha raccontato, come se fosse una favola, la vita vissuta nell'eremo di Sant'Alberico da don Quintino in quanto “grande perché umile, ricca perché povera, servo di Dio perché seppe vedere in ogni bisognoso il volto reclino del Cristo”.

Il Farneti, scrittore e poeta dialettale di grande spessore, fu per noi una guida eccezionale avendo vissuto intorno al massiccio del monte Fumaiolo (1.408 m) gli anni della sua fanciullezza (dai 7 ai 13 anni) accanto al fratello don Silvio nel periodo in cui questi fu parroco di Balze, località conosciuta perché sull' altura chiamata il Sasso dell' Apparizione, il 17 luglio 1494 a due infelici e innocenti pastorelle apparve la Madonna che restituì ad una la voce e l'udito ed all'altra la luce ai suoi occhi spenti. Su quel luogo rimasero le impronte dei piedi della Madonna.

Dopo questo evento, i pochi pastori del luogo iniziarono a costruire le loro casupole vicino al roccia del prodigio, fino a formare, col passare del tempo, una borgata i cui abitanti diedero origine al culto che è arrivato ai nostri giorni e continuerà a perdurare anche nel futuro.

A perpetuo ricordo di questo miracolo e delle solenni feste centenarie celebrate nel luglio 1894, il popolo di Balze nel 1900 volle eternare sul marmo per i posteri questo prodigioso miracolo. Fu anche istituita una festa commemorativa, quella del 17 luglio. così ogni anno , nella settecentesca arcipretale di Balze, sotto il quadro antico in terra cotta invetriata , attribuito ai fratelli Della Robbia, raffigurante il fatto miracoloso, la popolazione festeggia la sua Madonna chiamata Madonna delle Grazie.

Sicuramente in quei luoghi dai profondi silenzi Quintino parlò con Dio. Nel sentire vicino a sé la sua presenza gli fortificò l'esistenza. Camminò tanto a piedi scalzi, spesso sanguinanti, sia d'inverno che d'estate e su quelle alture impervie visse in estrema povertà. Dalla sua bocca non uscirono lamenti ma soltanto preghiere volte a glorificarne il nome del nostro Creatore..

Quando abbracciò la vita religiosa, il maggiore e unico desiderio che ebbe Quintino fu quello che "tutti gli uomini della terra conoscano Dio e che gli diano gloria in modo da raggiungere il fine per cui sono stati creati: " La salvezza della propria anima”. Si pensava all'anima degli uomini, pii e giusti; la cui vita non si spegnerà con la morte, ma continuerà a vivere in eterno nella casa del Dio nostro.============================

Ultimo di cinque figli, Quintino nacque a Melissano (LE) il 29 maggio 1920 da Maria Potenza a da Cosimo Sicuro.. Da ragazzo esprime il desiderio di farsi frate, ma il superiore del convento di S.Simone di Sannicola non lo ammette in quanto il ragazzo non superò l'esame di ammissione alla III media, stabilito dalla legge del tempo, in quanto distolto dagli studi preparatori per l'aiuto costante che dava a suo padre nei lavori agricoli. Dopodiché scelse di frequentare la scuola tecnico industriale di Gallipoli. Nel 1939 si arruola nell'allora Regia Guardia di finanza. Frequentò il corso allievi finanzieri al termine del quale fu nominato finanziere del contingente di terra, ed avviato alla brigata di frontiera di Chiavenna (SO).

Durante la seconda guerra mondiale fu mobilitato e destinato al fronte greco albanese. Arrivato a Tirana fu inquadrato nel 1° Battaglione che a fianco della divisione Julia, del IV Reggimento dei Bersaglieri e reparti di Camicie Nere, partecipò, per breve tempo, nella squadra degli Arditi, alle cruenti battaglie sul monte Tumori,contro un nemico bene e armato e molto combattivo. La gelida temperatura dei Balcani procurò a non pochi soldati italiani, che calzavano scarpe rotte e deformate il congelamento degli arti inferiori con conseguente cancrena, Dopo un breve spostamento a Tre Bisti sul fronte jugoslavo e successivi movimenti per raggiungere le città della Grecia di Gianina e Patrasso, il finanziere Quintino fu assegnato alla compagnia di stanza a Cefalonia, dove, miracolosamente riuscì a sfuggire al massacro che fu commesso dalle truppe tedesche contro i soldati italiani che si erano rifiutati di consegnare le armi dopo la firma dell'armistizio con gli anglo - americani dell'8 settembre 1943, armi che impugnarono eroicamente contro i soldati germanici a difesa dell'onore italiano.Dopo diversi giorni di lotta, durante la quale i tedeschi impiegarono una cinquantina di aerei Stukas, specializzati in combattimenti in picchiata , le forze italiane furono costrette ad arrendersi. A Cefalonia dove iniziò la resistenza italiana alla Germania di Hitler, caddero in combattimento e furono fucilati barbaramente dai tedeschi complessivamente 2500 militari italiani ufficiali, sottufficiali e soldati. ( Dato pubblicato sulla rivista Famiglia cristiana del 30.3.2005). Il primo ad essere fucilato fu il generale Gandin comandante della divisione Aqui.

Duilio Farrneti nel suo bel libro intitolato L'eremita di Sant'Alberico – mio compagno d'arme - , dedicato alla memoria di Don Quintino Sicuro , il Servo di Dio, riporta la testimonianza di Antonietta Cazzato i cui genitori erano legati da una forte amicizia con quelli di Quintino, il quale, prima di abbandonare la carriera di militare della Guardia di finanza raccontò che durante l'ultima guerra , quando lui ed alcuni altri militari furono presi prigionieri dai tedeschi e rinchiusi in un capanno buio serrato con un catenaccio, convinti che sarebbero stati fucilati, iniziarono a pregare. A notte fonda videro aprirsi la porta e comparire dinanzi a loro una donna vestita di nero e pallida in volto, che disse ai prigionieri di uscire fuori. cosa che fecero senza farselo ripetere. Cosi scapparono e si salvarono.

In quella donna Quintino riconobbe la Madonna e per questa apparizione manifestò la sua riconoscenza alla madre di Gesù Cristo Redentore, facendo il voto di consacrarle la sua vita.

Durante la guerra di liberazione il finanziere Quintino, dal suo foglio matricolare risulta essere stato partigiano nelle squadre di Azione Patriottica (SAP) dal 1° novembre 1943 al 16 maggio 1945. In questo ruolo si distinse per la grande umanità che sempre manifestò nei confronti delle persone che, a vario titolo, ebbero contatti con lui. Non risulta che mai sia stato coinvolto in fatti di sangue.

Dopo la sua nomina a sottobrigadiere del contingente di terra, fu decorato della croce al merito di guerra. Nel mese di maggio 1946 fu trasferito alla brigata di frontiera del Brennero. Nel novembre 1947 fu assegnato al Nucleo p.t. di Trento. I componenti dei reparti cui prestò servizio apprezzarono il suo carattere di uomo buono e giusto. Fu a Trento che compilò un p. v. di accertamento nei confronti di un padre di famiglia che non aveva il denaro per pagare il tributo evaso e le pena pecuniaria. Sarà lo stesso sotto brigadiere Sicuro a versare all'Erario quanto indicato nel processo verbale da lui redatto , attingendo la somma necessaria dalle sue modeste retribuzioni mensili.

Sentendo prorompente la voce di Dio che lo chiamava, entrò in una profonda crisi spirituale che ridestò in lui il desiderio che ebbe fin dall'infanzia di farsi sacerdote. Congedatosi dal Corpo iniziò a peregrinare alla ricerca di luoghi più confacenti alla sua vita contemplativa. Bussò a monasteri, conventi e congregazioni religiose dove fu accolto, ma inspiegabilmente si allontanerà da queste consuete forme di vita,quindi finirà per scegliere una vita eremitica.religiosa, forse Quintino era intenzionato a condurre più austera di quella claustrale

Nell'autunno del 1947, fu frate francescano a Treia di Macerata Marche; dal 1949 al 54 fu eremita a Montegallo di Ascoli Piceno e dal 1954- 55 fu ancora eremita a Sant'Alberico di Balze Verghereto. Quando transitò un giorno nelle vie di Macerata vide la targa ovale della Guardia di finanza affissa sopra la porta di accesso di un edificio. Il ricordo degli anni trascorsi nel Corpo gli fa sentire il possente richiamo ad entrare in quello stabile. Appena si diffuse la notizia che l'uomo entrato nella caserma era un ex sottobrigadiere che aveva prestato 8 anni di servizio nel Corpo si generò un gran subbuglio. Tutti i militari presenti gli si avvicinarono sorpresi e felici, facendogli molte domande. I più gli chiedevano perché avesse deciso di cambiare vita , uno volle sapere come facesse a vivere. Il suo volto a questo punto si illuminò d'immenso. La sua risposta fu la stessa che Matteo il Santo Patrono della Guardia di Finanza pose nel suo vangelo: “ gli uccelli dell' aria non seminano, non mietono né raccolgono in granai, eppure il Signore provvede ugualmente a loro”.

Tutti i militari compresero di essere davanti all'uomo di Dio e che non era il caso di porgergli domande indiscrete.  Con gioia lo invitarono a consumare un pasto al ristorante durante il quale ci fu chi decise ,con una sola occhiata di raccogliere all'istante una colletta per il festeggiato, ma che lui, con un dolce sorriso, disse loro che non poteva accettare perché nel suo abito non aveva più tasche per il denaro.

Con indosso abiti dismessi e con la barba lunga riprese il suo lungo peregrinare che lo portò a raggiungere l' eremo di S.Alberico , sorto nell'anno Mille dove cantarono le laudi al Signore frati benedettini camaldolesi, e poi lo stesso santo taumaturgo Alberico, che ha dato il suo nome a quel luogo e infine altri fraticelli e laici mendicanti.

Inizialmente Quintino visse a Sant'Alberico come eremita-custode, fino a quando con la nomina a sacerdote, divenne il titolare. La sua dura esistenza vissuta in quel luogo solitario, colpì profondamente gli abitanti di Balze e delle località vicine al massiccio del Fumaiolo che lo conobbero e lo giudicarono subito un santo uomo.

Un bambino della borgata Capanne nel vedere passare davanti all'uscio della sua abitazione l'umile figura di Quintino gridò: “Mamma, ho visto passare Gesù”. Il bimbo aveva visto giusto dal momento che Gesù ama nascondersi in ogni povero della terra.

L' affluenza all'eremo di tanti fedeli che abitavano in località molto distanti, lo spronò ad iniziare i lavori di ristrutturazione dell'intero immobile fatiscente, con porte e finestre rotte, l'acqua che pioveva dentro e il camino della cucina che non tirava più fuori il fumo prodotto dalla legna che bruciava.

I lavori iniziarono con la ricostruzione della chiesa e la ristrutturazione dell'appartamento occupato dal titolare dell'eremo, ubicato al piano superiore. L'intero immobile viene innalzato di un piano. Quintino aiutò i tanti giovani muratori che si erano offerti di lavorare senza ricevere alcun compenso. Lui li aveva avvertiti che poteva offrire loro soltanto un piatto di spaghetti. Anche Quintino esegue i lavori più pesanti: impastava il calcestruzzo, e portava la calcina, a secchi, sulle spalle. Pagava i materiali che gli occorrevano con gli oboli che i fedeli sempre generosi gli davano, il denaro in più che gli rimaneva lo donava ai poveri

In quel territorio, ricco di cento fontane l'eremo di Sant'Alberico , interamente ristrutturato con l'aiuto della Provvidenza, che sempre l'ha assistito, diventa oasi di spiritualità.

Nel 1955/61 fu seminarista a villa Grazia di Firenze dove venivano preparati ad essere nominati sacerdoti coloro che avevano avuto vocazioni tardive , successivamente frequentò l'ateneo Angelicum di Roma e infine il seminario regionale di Bologna. Nel 1961, si concretizzò il suo sogno, che da tempo coltivava nel cuore: fu nominato sacerdote. La sua prima messa la celebrò a Balze il 23 dicembre.

Nel 1962, per sciogliere un voto, con il cavallo di S. Francesco e accompagnato da fratel Vincenzo che attratto dalla vita di Don Quintino dal giugno 1962 lo aveva seguito al suo eremo, parte in pellegrinaggio per Lourdes. A piedi calzava le scarpe che gli aveva donato Antonio il calzolaio di Balze. Non fu un pellegrinaggio facile. Una sera bussarono ad una porta di una canonica per passarvi la notte. ll parroco quando li vide li scambiò per due banditi e quindi gli chiuse la porta in faccia, utilizzando all'interno anche un catenaccio. Altrettanta accoglienza l'ebbero da un convento di suore francescane che avendo visto i due attraverso la grata, pensarono che non fossero dei religiosi, motivo per cui non li fecero entrare.

Una notte ristoratrice la passarono in una stalla di un allevatore di mucche,che aveva concesso il permesso ai due pellegrini di accedervi per trascorrervi la notte. Ma per evitare brutte sorprese il suo garzone pensò bene prima prima di allontanarsi, di girare più volte la chiave per chiudere la porta. Costui sorriderà contento all'alba del giorno successivo dopo avere contato le bestie.

Il suo magistero sacerdotale accrebbe ancora di più il suo amore sia per tutti i fedeli che abitano nelle località più vicine all'eremo sia per quelli che salivano a Sant'Alberico, per avvicinarsi a Dio. Nel luogo dove don Quintino visse da eremita è rimasta viva la sua figura di asceta e di penitente. E' sempre stato vicino ai giovani, ai malati, ai più bisognosi, ha avuto parole confortevoli verso tutti perché la sua voce era quella di un santo servo di Dio.

E' molta bella la fotografia riprodotta sul libro del Farnesi che ritrae il volto di Don Quintino sorridente sotto una croce attorniato da un folto gruppo di festosi giovani di Sarsina.

Mi piace riportare la testimonianza di don Gino Pellizzer, che fu parroco di Balze. Egli ha racconta gli ultimi due giorni di vita di don Quintino che furono: la ricorrenza del Santo Natale 1968 e il successivo 26 dicembre festa di S.Stefano nella cui mattinata spirò.

Il 25 dicembre don Gino,dovendosi recare a celebrare all'eremo di Sant'Alberico, pregò don Quintino che era insieme a lui, di salire nella sua vettura per arrivare al santuario dalla via che conduce alle Capanne per poi salire all'Eremo attraverso il passo delle Scalette. E questo per non far fare a don Quintino una grossa fatica in considerazione del fatto che egli da un po' di tempo soffriva di disturbi cardiaci . Don Quintino non accettò non, volle prendere la carraia tracciata sulle rocce.


Don Gino giunto allo spiazzo ai piedi dell'Aquilone, salì a piedi la ripida montagna. Giunto davanti al cancelletto , attraversando il quale si accede all'eremo attese l'arrivo di don Quintino. Quando lo vide scendere dall'ultimo tratto di strada notò che era agitato e molto affaticato, aveva il passo incerto. Don Gino gli chiese se stava male, ma lui lo rassicurò dicendogli che stava bene, come era solito rispondere a tutti coloro che gli rivolgevano questa domanda per non farli stare in pensiero.

La notte di Natale celebrò la messa nella chiesa di Balze, mentre don Gino suonava l'organo e dirigeva i cantori della parrocchia. Celebrò anche la messa di mezzanotte. Si vedeva chiaramente nel pronunciare l'omelia, diversa da quella di sempre, che qualcosa di grave lo stava preoccupando. Fu il suo ultimo Natale.

La sosta per il ringraziamento che fece ai piedi dell'altare fu più lunga del solito. Poi chiese al parroco di confessarlo, In chiesa c'erano tante cose ancora da preparare, don Gino gli fece capire che poteva aspettare , ma lui continuò ad insistere così tanto finché il suo desiderio non fu accolto.Fu in quel momento che don Quintino disse “Don Gino è giunta la mia ora:”

Tutti sapevano che il giorno di S.Stefano avrebbe benedetto l'impianto di sciovia, ma col tempo sereno e la neve che non c'era questa cerimonia rimaneva solo un sogno, ma don Quintino disse che nella nottata sarebbe nevicato, e così avvenne. Tutti I monti della zona furono ricoperti da una spessa coltre di neve. Fu a causa delle neve alta che l'autovettura che trasportava don Quintino, fratel Vincenzo ed altre persone, alla sciovia andò in panne e dovette fermarsi nel tratto finale del valico. Gli occupanti, scesi dal mezzo, per liberare la strada, spinsero l'auto per parcheggiarla sul vicino spiazzo. L'impatto improvviso col gelido clima e lo sforzo fatto per spingere l'autovettura, spaccarono il cuore di don Quintino che si accasciò sulla neve, fulminato da un infarto.

Il Farneti ha riportato nel suo libro 21 testimonianze raccolte da fratel Vincenzo rese da persone che magnificarono la vita vissuta nell'ultimo suo eremo da don Quintino nella gloria del nostro Dio.

Il 28 agosto 1991 nella antica cattedrale di Sarsina si concluse positivamente il processo diocesano si beatificazione del Servo don Quintino Sicuro. Tutto l'incarto sigillato col timbro vescovile fu inviato alla competente Congregazione per la causa dei santi.

La signora Maria Di Lorenzo sulla vita di don Quintino Sicuro ha scritto un bellissimo racconto. Ci ha fatto sapere che dormiva su una dura tavola ed aveva un sasso per cuscino e che non conosceva Kierkegaard, Maritain e Chardin, ma ben viveva il Vangelo. Ella ha riportato le seguenti parole che don Quintino rivolgeva a quanti cercavano di incontrarsi con Dio: “ Mettiti davanti a Dio come un povero senza idee ma con fede viva. Rimani immobile dinanzi al padre, non cercare di raggiungere Dio con l'intelligenza, non ci riuscirai mai; raggiungilo nell'amore: ciò é possibile."

Quando suoneranno a festa, mi domando, le campane di tutte le chiese cristiane del mondo per annunciare ai fedeli della Croce “unico emblema, di luce e di speranza per un mondo migliore”, la proclamazione a santo di don Quintino Sicuro che, in particolare, riempirà di gioia, i cuori dei finanzieri italiani di ogni grado, sia in servizio che in congedo, per avere portato con elevato onore,  sul bavero della sua giacca per otto anni le mitiche Fiamme Gialle?