lunedì 27 settembre 2010

Gli italiani che fecero grande l’America

Fuggirono dalla miseria, trovarono la fortuna. Ma non tutti


Il fenomeno della immigrazione in Italia di milioni di extracomunitari mi ha indotto a rileggere tante pagine della nostra storia, a partire dagli anni a cavallo dei secoli XVIII e XIX, quando masse di contadini e di operai italiani migrarono all’estero, ad ondate periodiche, con la speranza di poter trovare un lavoro per mantenere se stessi e le proprie famiglie. Raggiunsero gli Stati più ricchi e industrializzati, quali erano allora la Germania, la Francia e la Svizzera, oppure l’America. Molti meridionali emigrarono anche in Tunisia e in Algeria. Tunisi, all’inizio del Novecento, arrivò a contare centomila italiani, quasi tutti siciliani, calabresi e campani.
La punta più alta di immigrazione fu raggiunta del 1905, quando si contarono ben ottocentomila italiani emigrati all’estero. Molti dei nostri connazionali svolgevano lavori di grande abilità, altri invece non sapevano fare null’altro che i lavori di manovalanza. Tanti emigrati in California coltivavano agrumeti, mentre in Brasile e in Argentina si occupavano dei vigneti.
Chi non aveva un vero e proprio mestiere sbarcava il lunario facendo il manovale o altri lavori più umili e faticosi, spesso in luoghi malsani. Non pochi dei nostri connazionali emigrati si trovarono ad affrontare difficili condizioni di vita, lottando, ogni giorno, contro la fame, gli stenti, le malattie e la tremenda nostalgia della Patria lontana.
A tanti mancava sia l’istruzione che le necessarie risorse economiche per fronteggiare le difficoltà della vita quotidiana;nessuna protezione ricevevano dal nostro Governo che, quasi impotente, assisteva al fuoriuscire dei propri cittadini dall’Italia. Chi decideva di lasciare il proprio Paese non era mosso dallo spirito di avventura, bensì dal bisogno assoluto di trovare lavoro. Molti emigrati finirono per essere sfruttati dai proprietari terrieri e dagli impresari, che li utilizzavano come manovalanza a buon mercato da prendere e gettare via dopo l’uso. Le mansioni che un tempo, in America, erano state svolte dagli schiavi neri furono affidate ai nostri connazionali, costretti ad accettare anche condizioni di vita più disumane pur di procurarsi il minimo indispensabile per sopravvivere.
Nessuno potrà mai dire con esattezza il numero di coloro che morirono lontani dalla loro Patria di febbre gialla, vaiolo e di stenti; un fatto che, solo a ricordarlo, riempie il nostro cuore di un dolore immenso. Certamente furono numerosi anche gli italiani che, grazie al loro ingegno, fecero fortuna. Comunque tutti gli emigrati italiani contribuirono a fare dell’America la più grande potenza industriale ed economica del mondo. Taluni dei figli di questi emigrati divennero famosi anche in campo politico, come l’oriundo Fiorello Henry La Guardia che fu membro del Congresso statunitense dal 1916 al 1932 e sindaco di New York dal 1933 al 1945.

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