venerdì 8 gennaio 2010

Anni disperati

Negli anni tribbolati
quaranta - quarantatrè
a nó ragà, a sscola,
ci faceino cantà
“ Vincere e vinceremo...”.
E mmentre in Affrica, in Grecia
e sul fronte russo
morivino i nnostri soldati,
c’era chi si accorgea
che qualcheduno dei batocchi
dèrino stonati.
In quegli anni disperati
sentii anco i llamenti
di vecchi malati e affamati,
come la mi’ nò poverina
che un si podéa più ingegnà
perchè un ce la facea a ccaminà.
Così ogni tanto mi dicea:
“ Mi ci vai a Guerceta
da la mi’ sorella, a dille
se mi póle mandà uno sfilatino,
un popò di farina
e una cartata di bragina ”.
Io un ci voléo andà.
Un mi garbaa stende la mana
e che fadiga quando ci andao.
Fu in quel forno profumato
che un giorni mi vènse il desiderio
d’imparà a ffa il pane,
così pensai, un patiscio
più la fame.
Nel rivenì la sera a ccasa
un lo voléo propio toccà
quel crocchente sfilatino,
“ Ne mangio solo un pezzettino!”:
Invece, come fa l’ugelletto
moveo sempre il becco,
e quanto a Seravè ritornao,
del pane che m’aveino datto
rimanea solo un cantuccio
tutto sbrigiolato.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Erano davvero anni disperati: ma ce l'avete fatta alla grande! Orl