venerdì 21 maggio 2010

Quei rocciatori che a Seravezza a tutto pensavano fuorché alla guerra

“A Seravezza c'è una ragazza, è la ragazza dei rocciatori...” Era questa la canzoncina che cantavano i plotoni di una compagnia di rocciatori del Regio Esercito Italiano che agli inizi degli anni 40 furono di stanza a Seravezza, quando al termine delle esercitazioni, effettuate sulle rocce dei nostri monti, facevano ritorno matidi di sudore, negli edifici dove erano alloggiati.
Essi dormivano in parte nella palestra della ex scuola media per anni esistente nella piazza del Pontenovo ed in altre stanze in fondo al Chiasso, contigue agli appartamenti dove abitavano le famiglie Bottari e Dell'Amico. Dormivano sulla paglia e sulle felci, Ricordo di averne portate anch'io un bel fascio di questa piantine che tagliai sul monte Canala ad un soldato veneto che frequentava assiduamente la chiesa e che lo vidi partecipare commosso anche alla processione di San Discolio, il santo soldato romano, i cui resti sono tuttora conservati sotto un altare del duomo di Seravezza dei Santissimi Lorenzo e Barbara, che in quel tempo fu invocato dai parrocchiani perchè intercedesse affinché finisse la guerra e si ritornasse a vivere in pace. I rocciatori avevano la cucina da campo proprio in fondo al Chiasso, nello spiazzo antistante la case della famiglia Ulivi. Per la cottura del rancio usavano grossi pentoloni, come combustibile impiegavano la legna: Mai davanti alle loro cucine, ho visto gente chiedere gli avanzi del rancio.. e si che oramai con i generi alimentari razionati la fame incominciava a farsi sentire in giro, specie nella famiglie più povere. I seravezzini sentivano forte la propria dignità personale. I rocciatori erano ben visti da tutti, le mamme di Seravezza vedevano questi soldati come se fossero i loro figli che si trovavano a combattere sui vari fonti, nei quali, molti di essi, purtroppo, vi persero la vita.

A fine conflitto il comune di Seravezza contò la morte di 147 soldati. Di cui 19 deceduti nei lager nazisti, come rilevato dal prezioso libro di Giorgio Giannelli “Sant'Anna l'infamia continua”. Durante la loro permanenza a Seravezza alcuni rocciatori accero il cuore delle ragazze all'amore, come dedussi dal vederle felici e sorridenti in piazza in compagnia dei loro fidanzati ed anche di alcune delle loro mamme giunte, per conoscerle, a Seravezza da località diverse dalla Toscana. Questi forti rocciatori li ho visti arrampicassi sulle rocce del monte Costa , proprio sopra il cinemà dei Costanti mentre andavano in su e giù per il monte usando le corde che stringevano nelle mani con molta maestria. Spesso dei sassi si staccavano dal monte finendo a pochi metri dalla casa del custode del locale; fortunatamente non si è mai verificato un incidente.

Vicina alla chiesa della Santissima Annunziata, fatta saltare dai tedeschi nel 1944, insieme a tutte le case della Fucina e del Ponticello, c'era un esercizio per la mescita di vino, da consumare al banco o seduti intorno ai tavolini. Sopra la porta di accesso avevano messo, attaccato ad un chiodo, un rametto di un pino. L'esercizio era gestito da un uomo di Arni che per questo motivo veniva chiamato l'Arnino. Dopo l'arrivo dei rocciatori quel locale l'ho sempre visto gremito di avventori. Quando aerei americani sgangiarono nel giugmo 1944 alcune bombe su Seravezza, una delle quali centrò in pieno l'edificio dove al piano terra c'era l'esercizio dell'Arnino, la bomba che fortunatamente non esplose, nel punto di impatto col terreno sotto il basamento scavò una grossa buca, quasi rimanendo sommersa dal terriccio che aveva sollevato.

Li ricordo i volti abbronzati di questi rocciatori che sprizzavano felicità allorquando, finite le esercitazioni, al passo di marcia facevano ritorno a Seravezza, iniziando sempre a cantare la simpatica strofetta “ A Seravezza c'è una ragazza, è la ragazza dei rocciatori”. Alla radio erano in voga le canzonette, dal ritmo sincopato, cantate da Alberto Rabagliati, il grande “Raba”, tra le quali, “Ba – ba, baciami piccina sulla bo – bo, bocca piccolina...” Il contagioso brio di queste note conquistò il cuore non solo degli italiani, ma anche quello di molti americani. La guerra appariva lontana dalla Versilia. Ma qualche anno dopo la violenza brutale del conflitto scolvolse e insanguinò anche la nostra terra.

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