Quando scrissi quell’articolo non spiegai perché il pallone frenato fu chiamato "Rosetta" che era la moglie di Daniele Barsi e non accennai neppure al suo primo volo de(l’aerostato di Casoli, che aveva fatto il 28 agosto del 1910, mandando in visibilio i pochi fortunati che avevano potuto ammirare dall’alto la bellezza dei luoghi appena sorvolati.
Nel mio articolo parlai della storia dell'estrazione dai nostri monti del marmo e della sua lavorazione che mutarono, nei secoli passati le condizioni di vita della gente della Versilia del fiume fino allora dedita all'esercizio della pastorizia ed all' agricoltura, quest'ultima praticata su piccoli terreni della montagna al fine di disporre di una più vasta estensione di terreno da coltivare per aumentare i raccolti e fare così fronte ai bisogni dei nuclei familiari arroccati sui monti. In buona sostanza parlai soprattutto del duro lavoro della terra svolto dai versiliesi nei secoli passati, e che avevano ricamata coi sassi, di cui sono ancora oggi visibili le tracce negli oliveti e castagneti della nostra amata terra.
Raccontai una storia scritta con il sudore e il sangue, quest'ultimo versato dai tantissimi cavatori morti sulle cave. Mi soffermai anche su un episodio che piacque anche al mio babbo, perché lo riguardava in prima persona. Nel 1928, poco più che ventenne, lavorava nella cava del Palazzolo, situata vicino al passo del Vestito, di proprietà dei fratelli Pellizzari industriali del marmo di Seravezza. Mentre insieme ad altri colleghi, per raggiungere il posto di lavoro percorreva un sentiero ricoperto dalla neve, scivolando precipitò nel baratro sottostante. Fece un volo di oltre centro metri. Cadde su un mucchio di neve e fortunatamente se la cavò solo con l’incrinatura di alcuni anelli della spina dorsale, che lo costrinse a rimanere sei mesi disteso su una lastra di marmo dell’ospedale di Massa. Amo pensare che se uscì vivo da questa terribile caduta fu grazie agli angeli protettori dei cavatori.
Ecco come concludevo l’articolo scritto nel 1987: "Sono convinto la bellezza dei nostri monti potrà sempre richiamare in Versilia una più larga massa di turisti e villeggianti solo se saremo capaci di costruire sulle cime più suggestive terrazze raggiungibili con le funivia. In tal modo il sogno: ”Versilia- mare monti “ sarebbe finalmente una realtà".
L’idea di rifare un nuovo "pallone frenato" non avrebbe senso, per due ragioni: in primo luogo perché la tecnologia ha fatto passi avanti notevoli, e riproporre un sistema di quel genere sarebbe anacronistico. Inoltre perché il maltempo, oggi come allora, potrebbe cancellare, in pochi attimi, tutta la struttura. Al di là del "pallone", però, restava e resta ancora oggi più che mai valida la lucida lungimiranza di quel progetto: sviluppare il turismo della nostra terra utilizzando ciò che di bello e incredibile la natura ci offre, la vicinanza tra il mare e le nostre bellissime e per certi versi uniche montagne. Viverle appieno e farle vivere ai turisti, salvaguardando la natura, creando sviluppo e posti di lavoro per la nostra gente. Politici e imprenditori della Versilia, pensateci!
Renato Sacchelli
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