martedì 21 luglio 2015

Alla Desiata mossi i primi passi

Ho letto con particolare interesse l'articolo scritto da Tiziano Baldi Galleni intitolato "Deturpato il Paradiso della Versilia", pubblicato su il Tirreno del 7 luglio u.s.. Mi ha colpito perché proprio alla Desiata mossi i miei primi passi di bambino, nato nel settembre del 1930. I fratelli Pellizzari, noti industriali versiliesi del marmo e proprietari di cave di marmi bianchi in Trambiserra, avevano dato lavoro a mio padre nella loro segheria della Desiata, dopo il grave infortuno che gli era capitato nel rigido inverno del 1928-1929, quando la neve imbiancò l'intera Versilia e gran parte d'Italia. Nel percorrere il sentiero per raggiungere o discendere dalla cava sulle Apuane del Vestito, gestita dai fratelli Pellizzari (alle cui dipendenze mio padre già si trovava) non riuscendo a vedere il sentiero a causa della neve troppo alta, scivolò, facendo un salto nel vuoto per cento metri. La neve che lo aveva fatto cadere nello strapiombo l'aveva anche salvato, perché questo suo volo fini su un'alta e morbida coltre di neve. anche se ho sempre pensato che a salvarlo sia stata la Madonna del Cavatore.

Rimase sei mesi disteso su una tavola di marmo dell'ospedale di Massa, dopo un periodo di convalescenza si sposò, ma i dolori di questo casco, come lui spesso me lo ricordava, li risentì, molto gravemente, soprattutto, durante gli anni della sua vecchiaia. Ricordo, ancora il bagno che mio padre stringendomi forte fra le sue braccia, mi faceva fare, mentre anch'io mi stringevo forte a lui per la paura che sentivo di avere nel trovarmi su un tratto del fiume profondo, proprio all'imbocco dell'acqua dove girava il rotore, nel quale c'erano tanti pesci.

Un giorno quando vidi una grossa bodda sul fondo delle scale vicino alla porta d'ingresso di casa, mi spaventai da morire da tanto che era brutta. Quante emozioni provai da piccolo alla Desiata, come avvenne quel giorno che mio padre salì e si distese sul grosso carrello della teleferica il cui impianto terminale era vicino alla segheria, per arrivare sulla cava del Trambiserra per poi proseguire il cammino, tra gli irti sentieri, per andare a trovare i suoi genitori che abitavano in località Strinato vicina a Strettoia dove coltivavano una vigna e un oliveto di proprietà di una ricca famiglia di Seravezza. La teleferica partì dopo che un cavatore colpi con un paletto di ferro il suo filo.

Ho un vago ricordo quando mi aggirai tra i macchinari che facevano girare i telai, procurando molte preoccupazioni alla mia mamma che non si era accorta del mio allontanamento da lei: ma ero stato bravo, non avendo toccato nulla. 

Ricordo di essermi più volte dissetato presso la fontana dove era solita rifornirsi di acqua la locomotiva della tranvia dell'Alta Versilia che era solita caricare e portare a valle i blocchi di marmo a bordo dei vagoni che venivano messi brevemente sul poggio di caricamento ubicato vicino alla segheria. 

Nel piazzale della segheria c'erano tanti giovani raffilatori di Seravezza, tra i quali ricordo Armandino Bandelloni che poi rividi, per anni, al Ponticello di Seravezza, dove la mia famiglia si trasferì in una casa per farmi frequentare l'asilo infantile Delatre. Lì restammo fino al giorno tragico dello sfollamento ordinato dai tedeschi nell'estate del 1944.

Da bimbo mai fui portato a vedere la cascata della Desiata e il Pozzo della Madonna, un luogo che vidi soltanto negli anni del dopoguerra, quando trascorrevo le licenze nella casa dei miei suoceri Pucci Giuseppe e Guerrini Bruna. Per anni notai che era un luogo dove masse di giovani trovavano refrigerio tuffandosi nelle sue fresche acque che uscivano e continuano ad uscire nei mesi asciutti dell'estate davvero da sotto il monte Altissimo, la montagna di Michelangelo.

Nei primi anni 80 nella cascata della Desiata affogò Cristina, la figlia di mia sorella Renata. Ragazzina volle raggiungere quel luogo per rinfrescarsi insieme ad altri coetanei. La sua morte fece sprofondare nel dolore la sua mamma, le sue sorelle e tutti i suoi cari. Mi è di conforto pensare che la sua anima giri negli spazi infiniti del Cielo fra gli Angeli e gli Arcangeli, sotto gli occhi del nostro Dio Misericordioso che ci ha creato.

Concludo dedicando un pensiero a coloro che hanno deturpato un luogo cosi bello e fresco come la Desiata, da anni punto d'incontro per tantissimi ragazzi. Li vorrei invitare a non imbrattare più questo luogo con scritti o segni privi di senso. Provino a dipingere su tela, su carta o altri materiali, oppure si cimentino con un mazzuolo e una subbia per provare a scolpire il marmo (io in età già adulta l'ho fatto, traendone grande soddisfazione, pur non avendo frequentato scuole o corsi). Chissà se fra di loro, salterà fuori un bravo pittore o scultore. Auguri a tutti! Anche alla nostra bella Desiata.

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