Ricordo la vecchia casa
dei miei nonni materni,
a fondovalle,
accanto al fiume,
in mezzo ai monti,
cave splendenti
di marmi bianchi,
di bardiglio
e arabescati,
tra ciliegi e camelie.
Ricordo il grande camino,
il fumo che invadeva la cucina,
il tamburino di latta,
i chicchi ed i fichi secchi
che mi portava
e i centesimi, i ventini
che sotto il bicchiere
mi lasciava la lucciolina.
Poi arrivò la guerra
e nell’agosto del
millenovecentoquarantaquattro,
minata dai tedeschi,
saltò in aria.
Cara vecchia casa
dei miei nonni adorati,
dove io nacqui.
1 commento:
Deve essere un'esperienza devastante veder buttare giù la propria casa. Mi piacerebbe sapere cosa si provava dopo, finita la guerra... la speranza di una rinascita, di un ritorno alla normalità. Cosa si provava davvero. Era più forte la fiducia in un futuro migliore o la paura e la rassegnazione? Il male assoluto, la guerra, era passato... ma la fame e le sofferenze per moltissime persone non erano passate...
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