domenica 17 marzo 2013

Le donne del Ponticello


Così come non ho mai dimenticato gli uomini del Ponticello di Seravezza, che conobbi da quando mossi i primi passi nelle vie del rione, nella mia memoria di bimbo degli anni 30 e dei primi anni 40 rimasero impresse anche le immagini delle compagne che condividevano con loro l' asprezza di una vita spesso sofferta.
Donne stupende quotidiamaente impegnate nei lavori di casa e per allevare i figli. La femminilità che emergeva, infondeva le energie per guadagnare, sulla cava e in altri faticosi posti di lavoro, il pane quotidiano. C'erano anche alcune donne incredibilmente forti che, a poche ore di distanza dalla nascita dell'ultimo bambino , andavano già a lavare i panni nelle acque del fiume anche durante la stagione invernale.
Nei cuori delle donne del Ponticello batteva forte la fede. Un elevato fervore le animava , specie quando la processione del Corpus Domini attraversava le vie del paese. In quelle occasioni erigevano in cima al Riccietto , dove il tratto finale del canale ricoperto scarica le su acque nell'alveo del fiume Serra, un grande altare pieno di fiori e grossi vasi di piante sempre verdi, che veniva adornato con le preziose coperte ricamate messe a disposizione per renderlo più bello.

Le strade venivano ricoperte da ramoscelli di mirto e di timo, raccolti sul monte da alcuni volenterosi, e da artistici tappeti fatti coi petali di rose, dai colori molteplici. Negli anni della mia infanzia la partecipazione del popolo di Seravezza alle funzioni religiose era totale; le chiese di riempivan o di fedeli, sia per ascoltare la S. Messa che pe partecipare al Vespro ed a tutte le altre funzioni religiose, specie negli anni della guerra dove si sentiva maggiormente il bisogno di pregare perché il conflitto finisse e tutti gli uomini tornassero sani e salvi. A guerra inoltrata, furono portati in processione per le vie del paese, i resti di S.Discolio, il soldato romano martirizzato invocato dai fedeli di Seravezza perché facesse il miracolo di far finire la guerra. La processione ritardò a muoversi perché si attendeva l'arrivo del giovane Vinicio Salvatori ( divenuto successivamente governatore della venerabile Misericordia di Seravezza ) che prestava servizio militare. 

Il Salvatori con indosso la divisa di ufficiale, arrivò quando la processione si era già mossa e stava transitando sotto la casa dei combattenti. Egli subito si mise in mezzo al gruppo di noi chierichetti per farci camminare con ordine, sotto l'occhio compiacito del parroco monsignor Angelo Riccomini. Mi limiterò a menzionare (oltre alla mia nonna Marianna, a mia madre Jolanda detta Raffaella, alla zia Armida ed alla cugina Alda) le donne che che vedevo più spesso, a cominciare dalla dolce e bella signora Antonia Benti, madre di due figli Alberto e Marcella; Giuseppa Gori con tre figli: Maria, Lina e Lorenzo, la cui progenita fu mia madrina di battesimo; Germana Tabarrani e la sua giovane figlia “Angiò” che mi cucì il vestito quando celebrai la prima comunione; Emma Giannotti con i figli Valeria e Gigi, la cui casa era attaccata alla mia; la buona Emma Bandelloni, moglie di Fortino ( di cui ho già parlato nell'articolo dedicato agli uomini del Ponticello) con le sue tre belle ragazze: Foschina, Lubiana e Ilva, e due maschi Pietrino e Armandino; la brava maestra Bonci, insegnante di “lavoro” delle classi femminili elementari e mamma di due ragazze Jone e Nives; Ines Lorenzi , il cui secondogenito, appena chiamato alle armi morì subito dopo l'armistizio dell' 8 settembre 1943; la forte e bella signora Jole Maggi, madre di numerosa prole; Annetta Binelli, più conociuta come l'Annetta di Amatio, e la sua anziana mamma , nella cui abitazione mia madre che era loro parente e amica andava spesso a trovarle ( l'Annetta , ogni volta ogni volta che mia madre mi portava con sé, mi offriva sempre una fetta di pane imburrato e zuccherato); la signora Emma Verona e la figlia Clementina, La Emmetta, come noi chiamavamo per la sua piccola statura, diede anche a me alcune ripetizioni di matematica e sua figlia Clementina mi truccò da piccolo Pierrot in occasione di uno dei tanti carnevali che in quell'epoca di svolgevano per le via di Seravezza; l 'anziana signora Erina e sua figlia “Marì”, due donne dolcissime che avevano nei miei confronti atteggiamenti affettuosi e buone parole. La famiglia Tabarrani aveva anche un'altra figliola sposata con un uomo di Ripa ed un figliolo, Fernando, giocatore molto bravo della squadra di calcio di Seravezza, che fece parte del contingente degli alpini in Russia, da dove purtroppo non fece più ritorno, cosa che accadde anche a mio zio paterno Guido, pure lui alpino. 

Dare alla luce un figlio , allevarlo e vederlo poi partite per la guerra senza fare più ritorno a casa, macerò dal dolore i cuori delle mamme ponticellesi Germana e Ines Lorenzi e di tutte le madri che persero in guerra i loro cari figli. Mi fa piacere ricordare la laboriosità della signora Beppa Gori che nei giorni del mercato metteva nelle piazze un banchetto per la vendita di zoccoli, attività cui pose temine quando mise su un negozietto di tali articoli in via dell'Annunziata. Anche la signora Germana Tabarrani si dava molto da fare: specializzata insieme a una sua parente nel fare i materassi di lana e di vegetale alla gente, riusciva così, con quanto raggranellava, ad arrontondare il salario del marito Beppe. Da piccolo tantissime volte mi sono fermato , col naso schiacciato sul vetro, ad ammirare i diversi oggettini e giocattoli che le figlie della signora Emma Bandelloni tenevano esposti nella fantastica vetrina che avevano messo in fondo alle scale della loro abitazione. E fu proprio nella cucina della Jole Maggi che in tempo di guerra, mi recai una volta per ricavare , utilizzando il macinino del caffè, alcuni cucchiai di farina dalle poche spighe di grano raccolte insieme a suo figlio Piero, nei campi della piana dopo la mietitura. 

Qualche volta , mentre noi ragazzi ponticellesi giravamo nelle vie del rione battute da raffiche di vento, si univa a noi la giovane Lubiana Bandelloni che munita di forbici e di pezzi di carta , ci ritagliava minuscole ruote che, messe poi sul selciato stradale, giravano in continuazione spinte appunto dal vento. Noi bimbi le volevamo bene per l'affettuosità che ci dimostrava e per le cose belle che faceva con le sue mani “magiche”. Mi fa piacere ricordare che fu il fratello dell'Annetta di Amatio, Raffaello Binelli, a mettere in salvo alcune preziose tele che ora è possibile ammirare nella ricostruita chiesa della Misericordia, ma che allora adornavano la chiesa della Santissima Annunziata ricca di marmi lavorati , fatta saltare in aria dai tedeschi nell'estate del 1944.
Renato Sacchelli

Articolo pubblicato su Versilia Oggi del mese di agosto 2002

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