mercoledì 3 novembre 2010

Le antiche origini di Seravezza

Ai piedi del contrafforte tirrenico delle Alpi Apuane, nel punto di confluenza delle acque dei fiumi superiori Serra e Vezza,laddove nasce il Versilia, il fiume che ha dato il proprio nome a tutto il territorio circostante dai monti alla pianura, quest'ultima ristretta tra il Cinquale e Motrone, sorge Seravezza, già nota, nel 952, con il nome di Sala Vetitia.
Con il nome invece di Salavecchia fu citata da Tolomeo nei suoi annali lucchesi del 1142, quando i nobili di Corvaia e di Vallecchia, Veltro e Uguccione investirono il comune di Lucca della metà del territorio di Corvaia. In uno scritto del 2.2.1186, Giovanni Torgioni Tozzetti, rammenta una villa di Seravetitia, nome che si ritrova anche in un documento del 1375 concernente la vendita di una ferriera, ivi esistente, di proprieà del nobile della Versilia Niccolò dello Strego, ad Ulderico Anteminelli da Lucca.
Insediamenti di popoli di origine ligure nella pianura di Seravezza e in quella limitrofa (Pietrasanta), tanto per dare uno sguardo al passato alla ricerca delle nostre radici, risalgono al 177 a.C. come fu provato dal ritrovamento, in località Baccatoio, di un cimitero antico con tombe a cassetta a incinerazione, tipiche dei liguri di quel tempo, Il cimitero fu scoperto nel tratto del terreno sul quale doveva passare la rete ferroviaria Roma Torino, che fu realizzata dopo l'unità d'Italia (1861).
Contrariamente a quanto anch'io, fin da ragazzo avevo creduto, non sembra proprio che il nome di Seravezza derivi dai fiumi Serra e Vezza, in quanto gli stessi fino agli anni del 1800 , erano conosciuti come i torrenti, rispettivamente di Rimagno e di Ruosina. In ordine a tale constatazione si può dedurre che siano proprio i fiumi superiori del Versilia a derivare dal nome di Seravezza.
Già feudo dal secolo XIII dei signori di Corvaia e di Vallecchia per volere dell'imperatore Federico II, Seravezza, quando fu abbattuta la potenza feudale, fu unita alla Vicaria di Pietrasanta. Saccheggiata e devastata nel 1429 dalle milizie fiorentine in guerra con Lucca, capeggiate dal commissario Astorre Gianni, le stesse di ritorno da Sarzana ( narra Niccolò Macchiavelli nella sue Istorie fiorentine) irruppero a Seravezza dove fecero suonare una campana della chiesa davanti alla quale si radunò la popolazione, convinta di ricevere qualche buona notizia. Invece tutti i presenti furono spinti ad entrare nellla casa di Dio, dove le donne furono separate dagli uomini che furono rinchiusi in sacrestia. Dopo questa separazione le femmine di qualsiasi età, vergini o sposate, furono tutte violentate.Con gli abiti ridotti a brandelli, nude o quasi, fecero ritorno nelle loro case. Di Astorre Gianni ha parlato anche Jbernard Sancholle Henraux, che sull'orrendo comportamento degli uomini di questo commissario fiorentino, ha scritto che: “...fece passare a fil di spada” gli uomini di Seravezza. Nel 1450,seguendo le sorti di Pietrasanta, passò ai Genovesi; nel 1484 a Firenze, nel 1486 a Carlo VIII Re di Francia; nel 1509 a Lucca per volere dell'imperatore Massimiliano, e poi ancora a Firenze, dopo il Lodo di Leone X del 28.9.1513.
Da allora Seravezza rimase sempre unita a Firenze, fino a quando il Granducato di Toscana, in quel tempo sotto sotto gli Asburgo-Lorena fu annesso al Regno Sardo con il plebiscito del 15 marzo 1860. Da tale unione molti vantaggi ed una parziale autonomia derivarono a Seravezza, verosimilmente anche in relazione all'atto di donazione delle cave della Ceragiola e del Monte Altissimo che i seravezzini fecero a Firenze nel 1513.
Si deve ai fiorentini l'impulso dato negli anni successivi all'escavazione dei marmi, ai quali furono interessati sia Michelangelo che Giorgio Vasari ed altri celebri scultori di quel tempo, inviati a Seravezza da Leone X e da Cosimo I, per seguire di persona l'estrazione appunto dei marmi di cui avevano bisogno per realizzare le loro opere.Notevole incremento fu dato anche allo sfruttamento delle miniere d'argento esistenti nei pressi di Seravezza, chiamate del Bottino,alle quali lo stesso Cosimo I fu molto interessato, tanto da fare cesellare un vassoio, ricavato dal primo quantitativo del prezioso minerale, dal celebre incisore Benvenuto Cellini.
In quegli anni e per lungo tempo furono famosi i laboratori per la produzione di oggetti in rame, di ferro e di archibugi, questi ultimi fabbricati nella vicina Valventosa. Dopo un periodo di abbandono delle cave, che iniziò intorno al 1688, l'economia di Seravezza si riprese quando fu fondata nel 1821 da J.B. Alessander Henraux l'omonima società, sotto la quale l'escavazione e la lavorazione del marmo ripresero a pieno ritmo, tanto da determinare la crescita di Seravezza a tal punto da essere considerata la capitale della Versilia.
Dal punto di vista artistico, pregevole è il duomo di Seravezza, dedicato ai Santi Patroni  Lorenzo e Barbara, coperto da cupola e con il campanile merlato a bifore, risalente al 500, ma riedificato e ammodernato nei secoli XV e XVI e restaurato dopo i gravi danni subiti nel corso della seconda guerra mondiale, quando nei mesi finali, fu combattuta aspramente anche sui monti di Seravezza.
L'interno a tre navate separate da colonne, è ricco di altari, di un pulpito di stile barocco in marmo policromo, di una piccola fonte battesimale scolpita da Stagio Stagi nel sec. XVI, e di un paliotto marmoreo intarsiato del 600,di Iacopo Benti.Una croce
d'argento dorato in mezzo a figure di santi, tra i quali San Lorenzo, attribuito al Pollaiolo, con incisa l'iscrizione dell'anno 1498, si trova nella sacrestia dove vi sono altri preziosi arredi sacri. Nel duomo sono conservati, in una bara di vetro posta sotto un altare, i resti di S. Discolio martire, soldato di Roma.
L'altra chiesa di Seravezza, dedicata alla Santissima Annunziata, completamente rasa al suolo dai tedeschi insieme a tutte le case dei rioni Fucina e Ponticello durante la tragica estate del 1944, fu ricostruita nel dopoguerra. Nel paliotto mostra un bassorilievo di D. Benti con la Vergine ed il Bambino. Nell'interno si ammira la tela dipinta da Pietro da Cortona (Pietro Berrettini) nella prima metà del XVII Secolo “Le Pie Donne al Sepolcro”, dono del granduca di Toscana Leopoldo II. L'opera fu salvata dalla distruzione da Raffaello Binelli, il quale riuscì a staccarla dalla cornice, insieme alla tela l' Annunciazione, dipinta da Filippo di Luca Martelli da Massa nel 1639 circa, prima che la chiesa saltasse in aria.
Particolarmente interessante è il palazzo Mediceo, noto un tempo come Casinò Ducale, costruito fra il 1555 e 1565, secondo taluni dall'architetto B.Ammannati, secondo altri dal Buontalenti, su ordine di Cosimo I, il quale vi dimorò nei mesi estivi sia perché attratto dal clima mite di Seravezza, sia perché desideroso di seguire personalmente, l'estrazione dell'argento dalle miniere vicine, chiamate del Bottino. Anche dopo la morte di Cosimo I il palazzo fu sempre adibito a dimora estiva dei granduchi di Toscana, fino a quando nel 1784 fu ceduto alla comunità di Seravezza,la quale però ne perse il possesso per volere dello stesso Leopoldo I che volle adibirlo a uffici e magazzini dell'azienda per l'allevamento delle trote, con vivai situati nei pressi di Ruosina.
Il palazzo costituito da due ali avanzanti che racchiudono il cortile, dopo una serie di lavori eseguiti, negli anni 1970 e 1980, è ora adibito a importanti mostre ed a manifestazioni culturali di grande interesse. Per molti anni fu anche sede comunale. Seravezza fu famosa anche per la purezza delle acque dei suoi fiumi. Forse perché fu scolpita nella pietra e posta sopra il pozzo sito all'interno del palazzo Mediceo, si ricorda , ancora oggi, la trota di 13 libbre che nel 1603 fu pescata nel fiume di Ruosina dalla granduchessa di Toscana , Caterina Asburgo Lorena.
Emerge , tra le opere più vicine a noi, il monumento ai Caduti della vittoriosa prima guerra mondiale 1915/1918, per la forza prorompente che sembra sprigionarsi dalla scultura raffigurante l'uomo di Seravezza, mentre, nella sua completa nudità, solleva al cielo un masso di marmo scavato dalla montagna. E' un'opera ammirevole anche per la bellezza ed i significati dei suoi quattro bassorilievi, ma che al tempo stesso s'impone per la sua potenza mascolina.
Il monumento ideato ed eseguito dallo scultore camaiorese Cornelio Palmerini, inaugurato il 19.5.1929, fu portato a termine dopo la morte del Palmerini,avvenuta nel 1927, da Arturo Dazzi.
Bellissima è anche la fontana che si trova nella piazza del centro adornata da stupende sculture raffiguranti fanciulli a cavalcioni di pesci marini,un'opera che reca ancora visibili i danni subiti durante gli eventi bellici del 1944/45. =""
Ma è dallo splendore dei suoi marmi abbacinanti, impastati con l'acqua del mare e dai suoi monti rimasti antichi, laddove non c'è stata alcuna estrazione dei marmi, che vieppiù c'è da rimanere sedotti da questa Seravezza che certamente abbagliò gli occhi di coloro che per la prima volta la videro, quando il sole non aveva ancora annerito le rocce bianche e policrome, spuntate dalle distese marine, durante il movimento divino di formazione della crosta terrestre, in uno sfavillio di luci riflesse nel cielo. Parlando dell'ospedale di Seravezza debbo dire che già nel 1515 viene menzionato lo spedale, ivi esistente con la chiesa dedicata a S. Maria, poi convertita nella chiesa della Misericordia. Per quanto riguarda l'assistenza ai "vecchi", o come si dice ora non autosufficienti, ed agli orfani, risale alla fine del 1700 la fondazione del Conservatorio da parte del cav. Ranieri Campana, un'opera ingrandita nel 1772 e aperta nel 1794, otto anni prima che il conte Francesco Campana, appartenente alla stessa pia famiglia, dopo essere riuscito a unire le due fondazioni fondò l'ospedale che ha funzionato per circa 200 anni a Seravezza, cioè fino all'entrata in funzione nella pianura vina al Lido di Camaiorene del nuovo ospedale chiamato Versilia.
Seravezza ha dato i natali a padre Giovanni Lorenzo Berti, nato nel 1688, teologo imperiale, professore nell'università di Pisa ed autore di varie opere: al letterato padre scolopio Francesco Donati, detto Cecco Frate, che fu amico di Giosuè Carducci, al cavaliere Luigi Angiolini che fu ambasciatore del governo Toscano a Roma ed a Parigi; concluse la sua carriera con la nomina a consigliere di Stato, al pittore Giuseppe Viner, allo scrittore Enrico Pea ed al professore Dino Bigongiari che per oltre 50 anni fu docente alla Columbia Università di New York.
Tra gli uomini del nostro tempo dobbiamo ricordare lo scrittore Sirio Giannini, scomparso prematuramente, il defunto senatore Armando Angelini e l'onorevole avvocato Leonetto Amadei anche questi defunto, che fu un parlamentare per diverse legislature fino a divenire il Presidente della Corte Costituzionale. Voglio ricordare anche Lorenzo Tarabella che oltre ad essere stato un forte cavatore, fu anche un sensibile poeta e scrittore.
Seravezza ha un futuro. Stretta fra i monti che ne hanno impedito l'espansione, danneggiata gravemente dagli eventi bellici del 1944/1945, anche se si è sempre ripresa dalle gravi avversità grazie soprattutto al lavoro della sua gente, ha perso molti dei suoi primati che aveva verso la fine del 1800 e nei primi decenni del 1900 quando contava innumerevoli laboratori ed industrie Parallelamente alla escavazione e lavorazione dei marmi che rimane un fattore trainante della sua economia, Seravezza che dalla fine dell'anno 1975 si fregia del titolo di città concesso con decreto dell'allora Presidente della Repubblica, per il fatto di essere sommersa da un mare di verde , davvero un oasi, e con un clima fresco e mite, ha tutte le caratteristiche per divenire un luogo di riposo e villeggiatura, particolarmente interessante in quanto a poca distanza dalla marina di Forte dei Marmi e sotto i monti più belli del mondo. Sarebbe auspicabile che fossero costruite alcune strutture alberghiere e due gallerie per impedire la circolazione dei mezzi pesanti dentro il centro abitato. Una dovrebbe essere costruita sotto il monte Costa e l'altra sotto il monte di Ripa. La cittadina si presta per le sue caratteristiche ad un mercato permanente dell'antiquariato e dei prodotti artigianali di tutta la Versilia del fiume.

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