domenica 26 dicembre 2010

Alfieri Tessa: il mio capitano

Invitato da Alfieri Tessa ad andare a trovarlo in occasione dell'incontro avvenuto durante i funerali del mio caro amico Primo Giorgi che furono celebrati il 27.4.2009 nella chiesa di Querceta, ho approfittato di una recente visita al cimitero di Seravezza, dove sono sepolti i miei genitori, per recarmi nella sua casa ubicata alla Colombaia, in mezzo ad un bel giardino pieno di fiori e di piante verdeggianti
Sin dagli ultimi Anni 30 quando ero un bimbo ho sempre ammirato Alfieri un po’ più grande di me, per averlo visto più volte intento a far volare dei modelli di aereo da lui costruiti che spiccavano il volo grazie al movimento dell’elica mossa dall’elastico attorcigliato di vecchie camere d’aria di biciclette, quando faceva le prove sulla piazza antistante il cimitero di Seravezza. Spettacolare fu il volo che il suo piccolo aereo fece alzandosi in aria dalla Mezzaluna. Purtroppo a causa delle limitate capacità sviluppate dalla carica della camera d’aria il volo fini presto, l’aereo precipitò fra i grossi pini esistenti sopra la casa della famiglia Landi, che allora esisteva vicina alla chiesa della Santissima Annunziata, fatta saltare in aria da operai della Todt, al comando di un sergente della Wehrmacht, insieme a tutte le case, aldilà del fiume, della Fucina e del Ponticello fino a quelle di Riomagno, durante la tragica estate del 1944.
Da quel volo del suo aereo lanciato dalla Mezzaluna non incontrai più Alfieri Tessa. Fu grande il piacere di rivederlo durante una conferenza sui “partigiani” che fu tenuta, negli anni 90 da uomini della resistenza, nel salone della Misericordia, nel tempo in cui era governata appassionatamente dall’indimenticato dottor Luigi Santini. A questa conferenza parteciparono sia il comandante dei partigiani di Massa Carrara del 1944/45 Pietro Del Giudice che altri noti elementi della resistenza apuana. Fu in quella occasione che gli ricordai di averlo sempre ammirato perché coi suoi piccoli aerei che faceva volare negli anni giovanili della sua vita mi fece davvero sognare. Nel 2008 quando Seravezza festeggiò alla grande il maestro Narciso Lega, mi sedetti nella sala del Cinema Teatro dei Costanti, appena ristrutturato, proprio su una poltroncina accanto alla sua. Si parlò delle cose belle e interessanti che faceva da “giovine”, ricco di talento. Anche suo padre Carlo fu un uomo geniale. Nel tirare sulla strada le “marmoline” che aveva raccolto nell’alveo del fiume Serra, ideò un congegno per far aprire il carrello carico che lui stesso tirava su con un filo di acciaio arrotolato ad un piccolo argano. Appena il carrello sbatteva, dopo aver oltrepassato il muretto, contro un ferro, il suo fondo di scatto di apriva, lasciando così cadere al margine della strada le marmoline che poi vendeva a un barrocciaio di Seravezza.
Ho provato una grande gioia nell'esaudire il suo desiderio. La sua casa è piena di quadri molto pregevoli da lui dipinti, uno dei quali è dell’antico rione del Ponticello,dove c'era anche la casa dei miei nonni materni, dove io nacqui, spazzato via dalla guerra e riapparso nel quadro come lo vidi sempre sin da quand’ero bambino. Oltre a bei quadri ha molti libri. Su uno scaffale, troneggia un calco in gesso di un aquila che posa gli artigli a terra dopo un volo forte e ardito nel cielo. Alfieri Tessa, uomo dall’aspetto fisico ancora gagliardo e ben portante l’età che ha, e con una voce incredibilmente rimasta giovane, mi ha letto il suo racconto dettagliato su come si svolse l’azione dei partigiani quando si impadronirono del ciclostile del comune di Seravezza, notizia che in quell'epoca appresi sui banchi di scuola. Ai preparativi di questa azione, voluta e organizzata dal comandante della formazione partigiana Cacciatori delle Apuane, s.tenente Gino Lombardi (medaglia d'oro al valore militare alla memoria) fu preponderante il ruolo che ebbe lo stesso Alfieri che poi partecipò anche personalmente all’impresa insieme allo stesso Gino Lombardi ed ai partigiani Mulargia Luigi, Pietro Consani e Oscar Dal Porto, quest’ultimo mio professore di matematica presso l’Avviamento di Seravezza. Poi mi ha parlato del calco in gesso dell’aquila esposta nel suo studio dove ne ha anche uno della sua testa raffigurante l’età giovanile. Tutto quanto mi ha ricordato, nel suo insieme, lo studio che aveva il compianto Danilo Silicani, dove teneva tante preziose opere frutto della sua arte, compresa anche una sua testa scolpita in marmo bianco, nonché libri e disegni a testimonianza della sua vasta ed elevata cultura, così come mi è apparsa essere anche quella di Alfieri Tessa.
Fu il Tessa a modellare il calco dell’aquila tenendo conto delle precise indicazioni fornitegli dalla signora Lombardi, un’opera che poi, fusa in bronzo, venne collocata sulla sommità del sacello, dove riposano i resti dei due figli Dino e Gino Lombardi. Alfieri realizzò il progetto di questa opera monumentale cimiteriale costruita interamente a spese della famiglia Lombardi. Particolare attenzione Alfieri Tessa la dedicò a modellare l’aquila voluta dalla madre dei fratelli Lombardi per onorare anche l’Arma aeronautica nella quale i suoi diletti figli avevano prestato servizio come ufficiali. Alfieri seppe cogliere l’attimo in cui il l’aquila posa i suoi artigli sul monumento funebre, mentre il suo occhi si posano sulle tombe sottostanti. La signora Lombardi rimase molto soddisfatta di questa opera frutto dell'ingegno di Alfieri Tessa.
Durante una notte mani sacrileghe e ignote divelsero e portarono via dal sacello questa bellissima opera di Alfieri; non so quando avvenne questo grave fatto. Se la giustizia degli uomini non riuscì a identificare e punire i colpevoli di questo incivile, vergognoso e ripugnante reato, sicuramente gli autori non sfuggiranno alla legge divina, quando la loro anima giungerà davanti a Dio. Grande fu il dispiacere che ebbe Alfieri Tessa per questo incredibile furto dell’aquila che aveva modellato con molta passione. L’opera, raffigurante il rapace, ricollocata al posto di quella rubata, è certamente diversa da quella che creò Alfieri Tessa. Credo che dalla tomba sia rimasta sconvolta anche la madre di Gino Lombardi.
A proposito delle sue pubblicazioni “In Versilia : agosto 1944 un mese maledetto" e “Il fucile legato con la corda”, quest’ultimo libro edito nel 2003, mi ha detto che tutto ciò che ha scritto è frutto dei suoi ricordi scritti col cuore e quindi in buona fede, senza aver mai pensato di alterare i fatti delle vicende vissute.
Quando mi accingo, al termine del nostro colloquio a salutare sua moglie per fare ritorno a casa, ella mi chiede, se avevo conosciuto negli anni della mia infanzia al Ponticello di Seravezza il Carducci e sua moglie Aurora che era una sua zia. Dopo un attimo di perplessità, in cui mi è venuto in mente un certo Carducci che camminava a fatica, sorreggendosi ad un bastone, e che andava sempre in giro con un calessino trainato da un cavallo, sul quale spesso anch’io salii stringendo nelle mie mani le briglie, mi sono ricordato dei coniugi legati da stretti vincoli di parentela con la moglie di Alfieri. Così,improvvisamente sono riapparsi davanti ai miei occhi le immagini di questa anziana coppia che vidi l’ultima volta nell’estate del 1944 quando camminavano abbracciati lungo le strade del Ponticello in direzione del centro di Seravezza, subito dopo l’esplosione dei proiettili di artiglieria che oltre alla segheria mandò in frantumi anche la loro casa. Furono alcuni operai della Todt ad azionare il detonatore al quale avevano attaccato i fili elettrici collegati ad ogni proiettile collocato alla base dei muri perimetrali della segheria.Dove sorgeva la loro casa rimase soltanto un cumulo di macerie. Ricordo il Carducci e la signora Aurora che distrutti e stravolti dal dolore, rossi in volto e con le lacrime agli occhi, ripetevano entrambi in continuazione queste parole: “ Non c’è più la nostra casina, non c’è più la nostra casina…”.

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