tag:blogger.com,1999:blog-50431574015637576622024-03-13T12:42:54.942+01:00IL MONDO DI OTANERIl blog di Renato Sacchelli.http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.comBlogger281125tag:blogger.com,1999:blog-5043157401563757662.post-35086042787669205722024-03-13T12:42:00.004+01:002024-03-13T12:42:21.002+01:00L'attualità di Francesco Viti, il poeta-cavatore di Seravezza<p> </p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 120%;">Dopo aver ricordato l’onorevole Leonetto Amadei,
l’avvocato che plasmò la Costituzione, mi fa piacere soffermarmi su un altro
grande seravezzino del passato, Francesco Viti, poeta-cavatore. Nei suoi
scritti ci ha lasciato importanti testimonianze che riguardano le difficili
condizioni di chi viveva sui monti intorno a Seravezza all'<b>inizio del 1900</b>. Come
il padre Francesco Viti lavorò sulla cava fin da ragazzo. Nella poesia “Il
Cavatore” (1902) scrisse: “Con il latte succhiai, cosa non lieta / la polvere
dei marmi e cavatore divenni invece di venir poeta”.<br /><br />
</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 120%;">Viti denuncia la durezza del mestiere, che pure svolgeva con impegno e
dedizione fino a diventare un esperto capo cava. “Improba troppo e faticosa è
l'arte dei cavator / che con disagio e pena/ di sua vita ogni fibra ed ogni
parte / risente il peso di si ria catena”. Senza dimenticare il dramma che
scaturiva dalle frequenti disgrazie che anche in quel tempo si verificavano. “Ed
ahi sventura ed ahi crudel dolore / purtroppo spesso avviene che all'improvviso
/ un masso cade, lo colpisce e muore”. Nella poesia intitolata “I lamenti del
popolo della frazione Cappella”, scritta nel 1905, appare l’incredibile
arretratezza delle condizioni in cui viveva la comunità montana, sprovvista dei
più elementari servizi di utilità generale. Dopo più 120 anni alcuni temi sono
ancora attuali.<br /><br />
</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 120%;">Viti scriveva che era <b>giusto pagare le tasse</b>, “anche se siano per noi si gravi
/ che non hanno più confronto / con quelle dei nostri avi”. Desiderava però, e
con piena ragione, che il denaro pubblico fosse speso bene, come lo sarebbe
stato se le istituzioni l’avessero destinato alla realizzazione di opere atte a
migliorare la vita di tanta gente costretta ad abitare in luoghi isolati e
impervi e “privi di levatrice e di medico / e abbiam solo la luna per lampione
/ e mancaci una scuola / siamo tremila e certo / a chi non sa gli è strana / il
medico non vedesi / un dì per settimana”.<br /><br />
</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 120%;">E ancora: “Sappiam di certe donne / che giunte a mal partito / avevan per
levatrice il povero marito. / E perciò di lagnarci abbiam nostre ragioni:
nascer come agnelli morir come montoni”. Con questa semplice poesia, cruda ma
vera, nei primi del Novecento Viti poneva sotto accusa le istituzioni che si
disinteressavano completamente dei diritti e dei bisogni essenziali della
comunità montana. È un documento storico molto importante che descrive, con
minuzia di particolare, <b>la difficile vita di tanti versiliesi </b>di quell'epoca. </span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 120%;">In
alcuni versi che da <b>Filettole</b> (Lucca) inviò alla moglie nel marzo del 1908,
Viti descrive quella località della valle del Serchio dove, per un certo
periodo di tempo, diresse una cava di marmo rosso, utilizzato per la
costruzione del palazzo della Borsa di Genova. Dopo aver manifestato
apprezzamento per gli abitanti del posto, ricchi di fede cristiana, ribadisce
la sua fedeltà coniugale: “Se mi dovrò molto trattenere / sposa stai certa che
ci porto il letto, un comportamento che da sempre accresce l'amore e mantiene
unita una coppia”.<br /><br />
</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 120%;">Curiosi i versi con i quali ordinò al titolare di una nota ditta milanese una
mezza dozzina di bottiglie di un <b>liquore</b>, ancora oggi in commercio, che “bevo
ogni giorno / ed ora son docile / come un agnello / dice mia moglie a questo e
quello”. <span style="font-size: 14pt;">L’aveva provato la prima volta una sera a Seravezza, mentre si accingeva a fare
ritorno a casa, consigliato dal droghiere Benti al quale aveva detto di avere
dei disturbi allo stomaco. Sentitosi meglio, Viti pensò di scrivere alla ditta
milanese per ordinare delle bottiglie, ricevendo gratis un'intera cassetta del
liquore, che aveva proprietà digestive. Il dono lo indusse a scrivere un'altra
poesia di ringraziamento: “Io quando ordino, lo tenga a mente / che non le
voglio così per niente”. Assicurò, inoltre, sempre in quella circostanza, che il
liquore l'avrebbe fatto bere anche ai suoi operai. “Essendo da molti anni capo cava
/ ancor non ho pensato ai miei operai / che faticano molto / È gente brava / ma
bevon ponci e vino e spesso assai / per l'ubriachezza sono molto fiacchi / sì
che il lavoro ne risente guai”.</span></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 120%;"><br />
</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 120%;">In una poesia scritta nel 1912 al figlio Pasquale, in viaggio verso la Tripolitania
- dove avrebbe partecipato alla guerra contro i Turchi - Viti dimostrò di avere
un alto senso del dovere e della disciplina, esortando il suo ragazzo a non
badare alla fatica, ad obbedire agli ordini dei superiori di qualsiasi grado.<br /><br />
</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 120%;">È bello che questo linguaggio sia sgorgato dal cuore di un uomo impegnato in
lavori durissimi sulla cava per 12 ore al giorno, dove in due settimane venivano
“riquadrati circa 100 tonnellate di blocchi di marmo”, come scrisse in calce ad
una poesia inviata ad un suo amico il 14 luglio 1908. Una fatica immane che
tuttavia non gli impedì, nel tempo libero, di stringere la penna fra le dita
della sua callosa mano, per scrivere quanto gli dettava la sua anima di poeta.<br /><br />
</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 120%;">Nei suoi versi non si abbandonò alla contemplazione delle bellezze della natura
coi fiori, i colori ed i paesaggi incantevoli bagnati dal mare, che in Versilia
sono costantemente sotto gli occhi di tutti, ma si concentrò sugli aspetti
della vita di tutti i giorni, le sofferenze e le fatiche delle persone umili e
forti che, con i loro sacrifici, nobilitarono la nostra amata Versilia.</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 120%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 120%;"><b>Filettole</b><br /><br /></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 120%;"><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">Io sto bene. Filettole mi piace</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">per la sua posizione, per le persone.</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">Star lontano da te certo mi spiace.</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">Ma sai ben che ubbidir bramo il padrone,</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">lui comanda, ubbidisco, in questo caso</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">di non sbagliare son ben persuaso.</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;"> </span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">Siede il paese ai piè d’una collina</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">del Serchio a destra il quale vita prende</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">dei monti cui l’altissimo confina</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">e bello e calmo alla marina scende</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">contornato di borghi e di Villetti</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">e di fertil campi e di vigneti.</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;"> </span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">Gentili docili oneste le persone,</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">vivon tranquille, in questa valle amena</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">e di natura diligenti e buone e buona</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">l’aria che il bel Serchio mena.</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">Qui predomina molto per natura</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">più che l’industria la bella agricoltura.</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;"> </span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">Ed il secondo venerdì del mese</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">terzo dell’anno, vieni che qui ti aspetto</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">che in procession vedrai per il paese</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">Croce e Cristo portar con gran rispetto.</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">Si bestemmia ma in cor credi si vede</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">vive la Religion vive la Fede.</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;"> </span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">E benché per comizi e conferenze</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">e prediche di preti e pistolotti</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">vengan suggestionate le coscienze</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">degli ingenui assai più che non dei dotti</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">vive la pace ossia regna la quiete</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">benché molti, si sa, non sian col prete.</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;"> </span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">Qui è libero ciascun e il suo pensiero</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">esponer puote e la sua propria idea</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">favorevole o contro il ministero.</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">Di fede religiosa oppur atea</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">discute ogniun secondo sua opinione</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">e discutendo non si va in questione.</span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;"> </span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;"> </span><br style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;" /><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, Helvetica, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">Francesco Viti (1902)</span><br style="mso-special-character: line-break;" />
<!--[if !supportLineBreakNewLine]--><br style="mso-special-character: line-break;" />
<!--[endif]--><o:p></o:p></span></p>.http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5043157401563757662.post-39654931254346661422024-03-13T12:35:00.003+01:002024-03-13T12:35:26.869+01:00Le nostre radici cristiane<p> </p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif;">Di
recente in Francia c’è stata un’aspra polemica perché l’artista che ha
disegnato il manifesto per le prossime Olimpiadi, Ugo Gattoni, ha eliminato la
croce dalla cupola dell’<b>Hotel des Invalides</b>. Lui ha detto che non aveva alcun
secondo fine ma per molti questo è solo l’ultimo esempio della rimozione delle
nostre radici cristiane. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif;">Nei
lontani anni Trenta frequentavo la scuola elementare di Seravezza (Lucca),
quando un giorno il maestro ci parlò delle <b>Crociate</b>. Qualche giorno dopo si
soffermò sullo scontro navale del 7 ottobre 1571 nelle acque antistanti
Lepanto, conclusosi con la vittoria dell’armata navale cristiana. Benché siano
trascorsi tanti anni da quel giorno lontano della mia fanciullezza, ricordo
ancora la commozione che mi pervase mentre ascoltavo il mio insegnante, con gli
occhi che si inumidivano dalle lacrime. Nel mio cuore di bambino rimase
impressa la figura di <b>Goffredo di Buglione</b>, duca della Bassa Lorena, che
insieme a Baldovino di Fiandra, Tancredi e Boemondo d’Altavilla, partecipò alla
prima spedizione (1096-1099), invocata da Papa Urbano II durante il Concilio di
Clermont, che si concluse con la conquista di Gerusalemme. Mi colpì che
Goffredo di Buglione rifiutò la corona di re della Terrasanta, accettando per
sé solo il titolo di “difensore del Santo Sepolcro”. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif;">Torquato
Tasso nella Gerusalemme liberata descrisse Goffredo di Buglione come il
prototipo dell’eroe cristiano. Ho sempre pensato che la fede cristiana possa condurre
tutti gli uomini a vivere in un mondo migliore, più giusto e umano, senza
frontiere e lotte di classe. In un mondo complesso come quello attuale
necessariamente bisogna avere rispetto per tutte le religioni, anche se quella
islamica appare per certi versi in antitesi rispetto al cristianesimo. Così
come noi rispettiamo chi professa altre religioni, analogo riguardo deve essere
rivolto ai cristiani in tutto il mondo. Il rispetto esige rispetto. Diversamente
si arriva al caos. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif;">In Italia vivono
molti stranieri che professano religioni diverse da quella cristiana. Alcuni
purtroppo non accettano di adeguarsi alle leggi del Paese che li ospita. Toufic Fahd
e Alessandro Bausani nel libro “Storia dell’islamismo” (Editori Laterza,
1986) hanno scritto che “l’Islam, non ammettendo la conoscenza razionale,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>fonda le sue conoscenze solo sulla fede come
valore assoluto, cioè su un fideismo cieco in nome del Corano”.<br style="mso-special-character: line-break;" />
<!--[if !supportLineBreakNewLine]--><br style="mso-special-character: line-break;" />
<!--[endif]--><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif;">Il
Corano non può essere compreso facilmente da un cristiano perché in esso è
prescritta la guerra (Cor.2.216). “Vi è stato ordinato di combattere, anche se
non lo gradite . Ebbene, è possibile che abbiate avversione per qualcosa
che invece è un bene per voi, e può darsi che amiate una cosa che invece vi è
nociva. Allah sa e voi non sapete”.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif;">“Uccidete
gli idolatri ovunque li troviate” (Cor.9.5). “Profeta! Lotta contro gli
infedeli e gli ipocriti e sii duro con loro” (Cor. 66.9). Lo scrittore Carlo
Sgorlon in un articolo su Il Tempo evidenziò che “il Corano è l’unica legge
religiosa e civile, immutabile e intoccabile, il vero musulmano non conosce la
tolleranza e non cede mai, ‘o fai ciò che lui vuole, oppure si arriva alla
guerra’”. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif;">Il
cristiano di oggi non è chiamato a fare le Crociate come nell’antichità. La
nostra religione ci impone il dialogo, l’ascolto, la carità, il perdono e il
camminare insieme. Tutte virtù esaltate dall’esempio di Gesù, che ci chiede di
portare la sua parola in tutto il mondo ma non di imporla né di schiacciare il
pensiero o le usanze altrui. Rispetto, prima di tutto. Quello stesso rispetto
che dobbiamo oggi esigere per i cristiani nel mondo. Non è più ammissibile che
avvengano crimini efferati, come di recente avvenuto in <b>Burkina Faso</b>, dove un
gruppo di terroristi è entrato in una chiesa uccidendo decine di fedeli riuniti
in preghiera. Non sarà facile raggiungere questo risultato. Che Dio ci aiuti. A
noi resta la preghiera. <o:p></o:p></span></p>.http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5043157401563757662.post-11110006411623104172023-12-13T10:13:00.009+01:002023-12-13T10:29:31.227+01:00L’oro alla Patria, tra propaganda, miseria e consenso<p><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 14pt; text-align: justify;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhJBck4UPW8o0JJFfxRfvjsfOeogRGmRrRasAK8tUvQa9EhYTM9GQRouNcgEY_9EHOJbYIgVLd7UPQOmnYKceaow9NedT22cGvkbdmNI2TjsmL2o-tmP44qnUDkK_Mrr-pLWO-1vFlvKMJ1WHxLz3JXudAPmuCFqTCPcMHai_Y4Rd4eeETwTfQYyCi2fh8j/s1428/Oro_alla_Patria,_consegna_delle_Fedi_d'oro.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1014" data-original-width="1428" height="227" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhJBck4UPW8o0JJFfxRfvjsfOeogRGmRrRasAK8tUvQa9EhYTM9GQRouNcgEY_9EHOJbYIgVLd7UPQOmnYKceaow9NedT22cGvkbdmNI2TjsmL2o-tmP44qnUDkK_Mrr-pLWO-1vFlvKMJ1WHxLz3JXudAPmuCFqTCPcMHai_Y4Rd4eeETwTfQYyCi2fh8j/s320/Oro_alla_Patria,_consegna_delle_Fedi_d'oro.jpg" width="320" /></a></div><br /><p></p>
<br /><br />Ricordo quella mattina del <b>18 dicembre 1935</b>, una settimana prima di Natale, in cui mia madre uscì di casa e tornò, tutta emozionata, senza più la fede d'oro ma con un cerchietto di ferro al dito. “Ha fatto il suo dovere! L'ha donato alla Patria”, lessi sulla ricevuta che le fu rilasciata. Avevo solo cinque anni ma sapevo leggere avendolo imparato frequentando l’asilo infantile Delatre di Seravezza.<br /><br />Mia mamma donò la sua fede nuziale, il solo oggetto d’oro che possedeva, come fecero moltissimi italiani aderendo alla mobilitazione nazionale promossa dal governo fascista per rispondere alle sanzioni varate dalla Società delle Nazioni contro l'Italia, perché il nostro Paese aveva attaccato e invaso l'Etiopia. Erano gli “anni del consenso”, come più tardi li definì lo storico <b>Renzo De Felice</b>. L’Italia era tutt’uno col suo capo, Benito Mussolini. Rinunciare a qualcosa di così intimo e caro come una fede nuziale era un sacrificio, certo, ma al contempo un gesto di amore verso la propria Patria. Questo almeno era il pensiero indotto dalla propaganda fascista. <br /><br />La “Giornata della fede” fu un successo. In tutta l’Italia furono raccolti milioni di fedi nuziali e un quantitativo complessivo d'oro pari 33.622 chili e 93.473 di argento. Solo a Roma furono raccolti più di 250.000 anelli, a Milano circa 180.000. <br /><br />Illustri personalità del tempo aderirono all’iniziativa donando i loro oggetti preziosi. La <b>regina Elena</b> del Montenegro donò la propria fede e quella del marito, re <b>Vittorio Emanuele III</b>, il sovrano successivamente aggiunse dei lingotti d’oro; il principe Umberto donò il Collare dell’Annunziata; Rachele Mussolini, moglie del Duce, la propria fede nuziale; Luigi Pirandello donò la medaglia del premio Nobel; Guglielmo Marconi (la fede e la medaglia da senatore); Luigi Albertini e Benedetto Croce la medaglia da senatore; Gabriele D’Annunzio consegnò una spada d’oro, sette medaglie d’oro e la Military Cross ricevuta dal re d’Inghilterra. <br /><br />La cerimonia principale si svolse, a Roma, all’Altare della Patria. Con queste parole Mussolini sintetizzò il senso della giornata: “Oggi l’Italia è fascista e il cuore di tutti gli italiani batte all’unisono col vostro, e tutta la nazione è pronta a qualunque sacrificio per il trionfo della pace e della civiltà romana e cristiana”. <br /><br />È bene ricordare quale fosse il sentimento degli italiani rispetto alla conquista di “<b>un posto al sole</b>” annunciata da Mussolini. Il fascismo era riuscito a rinvigorire lo spirito nazionalista e l’idea di conquistare un territorio in Africa, così come avevano fatto altri paesi europei, era considerata non solo giusta ma necessaria. In più la propaganda usava il tasto della civilizzazione. L’Italia, in pratica, non andava solo a conquistare una terra ma anche a portare la civiltà e la libertà. Persino la Chiesa era a favore. Queste le parole pronunciate dal cardinale di Milano <b>Ildefonso Schuster</b> durante un’omelia: “Pace e protezione all’esercito valoroso che in ubbidienza e intrepido al comando della Patria, a prezzo di sangue apre le porte di Etiopia alla fede cattolica e alla civiltà romana”. <br /><br />Come ha scritto la storica tedesca Petra Terhoeven nel libro “Oro alla Patria. Donne, guerra e propaganda nella giornata della Fede fascista” (ed. Il Mulino, 2006), l’iniziativa “Oro alla Patria” ebbe risultati notevoli, anche se non paragonabili ai costi di una guerra. Ma la raccolta dei beni preziosi fu soprattutto un grande evento di propaganda e di mobilitazione di tutto il popolo italiano, a partire dalle spose, coinvolte in prima persona nel sacrificio per la Patria. <br /><br />La guerra in Africa si concluse nel 1936 con la conquista dell'Impero. Nel giro di pochi anni dichiarammo guerra alla Francia, all'Inghilterra, e poi alla Russia, schierandoci nel secondo conflitto mondiale a fianco della Germania di Hitler, scelta che ci portò sofferenze, fame e distruzioni. In nome della Patria a scuola ci dissero: “Portate un po' di lana dei materassi. È necessaria per fare i calzettoni per i nostri soldati in Russia, altrimenti rimarranno con gli arti congelati”. Ancora in nome della Patria ci tolsero le inferriate e si presero le pentole di rame per fabbricare armi. Subimmo bombardamenti e immani distruzioni e ci furono moltissime vittime innocenti. Lungo è l'elenco dei soldati, marinai e aviatori italiani che non fecero più ritorno nelle loro case in quanto uccisi in combattimento. <div><br /></div><div>La mia casa del Ponticello di Seravezza (Lucca) nella tragica estate del 1944 fu fatta saltare in aria dai tedeschi, insieme a molte case sia del capoluogo seravezzino che di altre località della Versilia, che divenne l'estremo limite della <b>Linea Gotica</b>. Le antiche frazioni di Corvaia e Ripa furono completamente rase al suolo. <div><br /></div><div>Negli ultimi giorni del tragico conflitto, a Dongo, i partigiani trovarono ai gerarchi fascisti in fuga con Mussolini due brocche piene di fedi nuziali che le spose italiane avevano donato alla Patria. Ma quale Patria?</div></div>.http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5043157401563757662.post-26872595795180394262018-05-31T12:42:00.005+02:002018-05-31T18:49:35.939+02:00Non ho mai più bevuto un'acqua così buona<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEic5Uv2hw1B0bn1YY-hP_eJRtlGtGwh-5zVSEHgDJed-cjGt9n0cBXaXNMVElLX0lG0-r8q9s-culDRHjnzZJYyPoDHmbCJ4__HvT2Gfhue2y_EWOnpESqqRI1G6SSls8maWhrV53Lz3TfF/s1600/acqua_bicchiere.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="500" data-original-width="800" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEic5Uv2hw1B0bn1YY-hP_eJRtlGtGwh-5zVSEHgDJed-cjGt9n0cBXaXNMVElLX0lG0-r8q9s-culDRHjnzZJYyPoDHmbCJ4__HvT2Gfhue2y_EWOnpESqqRI1G6SSls8maWhrV53Lz3TfF/s320/acqua_bicchiere.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
Ero un bambino sui sei o sette anni quando la mia cara mamma era solita portare me e mio
fratello Sergio al mare a <b>Forte dei Marmi</b>. Ricordo che
a Seravezza faceva molto caldo ed era bello per noi ragazzi poter fare dei bei bagni vicino alla riva del mare, dove
l’acqua non era profonda, e quindi non correvamo alcun
pericolo.<br />
<br />
Il mio babbo in quel tempo era andato, con altri
dieci cavatori di Seravezza, tra i quali ricordo Sandrino
Neri, marito dell’Adalgisa, a lavorare in Africa come
operaio addetto alla costruzione delle nuove vie di quel
territorio, conquistato dopo la guerra italo
etiopica (1935-36) combattuta in Abissinia contro il negus Hailé Selassié e la "conquista
dell’impero" voluto da Benito Mussolini.<br />
<br />
Forte de Marmi la raggiungevamo a piedi. Quando finalmente arrivavamo, ci toglievamo gli zoccoletti o i sandalini e camminavamo sulla spiaggia, la rena scaldata dal sole scottava i nostri piedi. Sostavamo sotto il pontile per
un po' di tempo per riparaci dal sole. A mezzogiorno ci
spostavamo nella vicina pineta, dove mangiavamo delle polpette eccezionalmente saporite che la sera prima mia
mamma aveva preparato per mangiarle al mare.
Erano davvero molto buone. Con sorpresa lo stesso sapore
lo risentii e ancora lo risento nelle polpette che mi cucinò (e
ancora oggi lo fa) mia moglie Angela Pucci, seravezzina come me. <br />
<br />
Non siamo mai entrati in un bagno dotato di cabine, con
gli ombrelloni e sedie a sdraio, in quanto mio padre in
Africa percepiva un paga lorda giornaliera di lire 40,
detratte lire 3,80 per il vitto giornaliero, e
comprate le sigarette e qualche bicchiere di vino, gli
rimanevano poco più di 30 lire al giorno. Si stentava a tirare
avanti.<br />
<br />
Quando sostavamo in piazza Garibaldi di Forte dei Marmi,
prima di iniziare il viaggio per tornare la sera a casa, ci
ristoravamo bevendo un bel bicchiere di <b>acqua all'anice</b>, servita con il ghiaccio. La vendevano due donne, una anziana e l’altra molto giovane. Appena la bevevamo ci pareva di rinascere.
Le due donne come attrezzatura di lavoro avevano fatto costruire un banco a
forma di barchetta, dove tenevano i bicchieri e
i recipienti contenenti l’acqua aromatizzata.<br />
<br />
Sul libro "La Versilia Rivendica
l’Impero" di Giorgio Giannelli a pag. 263 è riprodotta la
foto delle due donne intente a vendere l’acqua, che veniva preparata dalla più anziana, <b>Lorenza
Paolicchi</b>, detta la "<b>Lorè dell’acquetta</b>". Con lei c'era sua
nipote, Raffaella Gianfranceschi.<br />
<br />
L’acqua era a base di
limone e anice e veniva servita con il ghiaccio. Era una bevanda dissetante e prelibata. I tanti versiliesi
del fiume che scendevano dalla montagna per farsi un
tuffo al mare, si fermavano al banchetto della Lorè per combattere l'arsura
dell'estate con un bel bicchiere di questa buonissima acqua. Quel sapore fresco e piacevole mi è parso di risentirlo quando mio figlio mi ha regalato, non molto tempo fa, delle caramelle all'anice.<br />
<br />
<div style="text-align: right;">
<b>Renato Sacchelli</b></div>
.http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5043157401563757662.post-7112536623866685832018-05-23T18:35:00.004+02:002023-09-27T15:43:37.532+02:00Due angeli nel pozzo<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh0z8lOK2Zz09RAXUDvuMKK0eFKxTt5aUrZh5kd24QzYVFFMeZ60btJNy0vbEayslV26n8D8wg72QSBHyK5Zl1_Vw6wNqIaTQBUn5_85TR1Ybyv0WfKww1ZWcAeczoylu54ADsgasH_3t0J/s1600/Nando_Alfredino.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="315" data-original-width="630" height="160" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh0z8lOK2Zz09RAXUDvuMKK0eFKxTt5aUrZh5kd24QzYVFFMeZ60btJNy0vbEayslV26n8D8wg72QSBHyK5Zl1_Vw6wNqIaTQBUn5_85TR1Ybyv0WfKww1ZWcAeczoylu54ADsgasH_3t0J/s320/Nando_Alfredino.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
Un uomo, col volto <br />da lacrime bagnato
<br />dall’orlo del pozzo<br />col microfono in mano
<br />attaccato a un filo <br />penzoloni nel vuoto<br />parlava al bambino:
<br />“Stai calmo, tranquillo, <br />non disperarti Alfredino.<br />Una macchina bella <br />splendente come una stella
<br />è partita e ti raggiungerà, <br />tra poco ritornerai <br />tra le braccia <br />di mamma e papà.
<br />Sì, è davvero fantastica,<br />a te parrà irreale... <br />sai, perfora la terra, <br />raggiunge la luna
<br />lambisce le stelle <br />e tocca il fondo del mare. <br />Stai calmo Alfredino".<br />
<br />
Per ore e ore <br />il buon Nando parlava <br />e il piccino lo sentiva vicino.<br />Erano le parole che udiva <br />a scaldare il suo corpicino.<br /><br />E con le cose belle <br />che il vigile del fuoco diceva
<br />Alfredino, nel buio profondo,<br />rivedeva la luce, il sole,
<br />i prati fioriti e i giochi felici.<br /><br />Il tempo però passava <br />e come la tv ci mostrava
<br />la macchina non arrivava.<br /><br />
Era l’udire il pianto straziante,<br />a farci sentire il suo soffrire,<br />il lento morire
sprofondato <br />a decine di metri più giù.<br /><br />C’è stato un momento <br />in cui s’è davvero sperato <br />che venisse salvato <br />dai coraggiosi giovani<br />che legati alle corde <br />nel pozzo si son calati
<br />e hanno raggiunto <br />il piccolo Alfredino, <br />ma invano
hanno lottato, <br />il fango la loro stretta <br />ha allentato <br />e con poco fiato <br />non hanno più riprovato.
<br /><br />Dio che tanto abbiam pregato
<br />perché vivo dai suoi cari <br />potesse ritornare<br />solo non l’ha lasciato.<br />Un angelo gli ha mandato <br />che ha accarezzato, <br />asciugato e baciato<br />quel caro e piccolo <br />volto infangato <br />finché sul suo viso <br />è riaffiorato il sorriso
<br />e dolcemente <br />si è addormentato<br />per sempre in Paradiso.<br />
<br />
<div style="text-align: center;">
Renato Sacchelli</div><div style="text-align: center;"><br /></div><div style="text-align: left;"><br /></div><div style="text-align: left;"><br /></div><div style="text-align: left;">Dedico questa poesia all'amico don Giorgio Servi, che purtroppo ci ha lasciati diversi anni fa. Fu lui, dopo avergliela letta, a suggerirmi di concludere con le parole "in Paradiso".</div>
.http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5043157401563757662.post-8352857882581085262018-04-19T16:10:00.002+02:002018-04-19T16:10:34.762+02:00Anche a Seravezza prediche inutili<b>Ripropongo un articolo che scrissi per Versilia Oggi il 4 novembre 1985. Sono passati molti anni e diversi lavori sono stati fatti. L'acqua del fiume non è più torbida e inquinata come una volta, e il cimitero non è nelle condizioni disastrose in cui si trovava all'epoca. Molte cose però restano da fare. E i cittadini non devono mai smettere di far sentire, forte, la propria voce. </b><br />
<b><br /></b>
<b>- - - - - - - - - -</b><br />
<br />
<br />
La politica più incisiva è quella che parte dalle piccole cose. Proviamo ad
elencarle.
In Versilia ci sono ancora persone che scaricano nel fiume rifiuti di ogni
genere. Sovente vedo l’acqua torbida scorrere su un letto pieno di melma e fango, che a lungo andare causerà la cessazione di ogni forma di vita esistente in tale
mondo acquatico. Poi, quando cadrà molta pioggia, ci penserà la piena a riversare
nel mare tutti i rifiuti e così l’inquinamento continuerà ad allargarsi.<br />
<br />
Per la
salvaguardia della vita del fiume, vitale per la continuazione di quella degli uomini,
occorrono adeguate e continue misure di sorveglianza. Se le attuali leggi non sono
sufficienti, il legislatore dovrà impegnarsi ad emanare nuove norme più efficaci per
far sì che nel fiume scorra sempre acqua limpida. Insomma ogni sforzo dovrà essere
fatto perché non venga trasformato in una fogna di scarico di liquami velenosi: certamente il fenomeno è esteso. Ne sono interessate diverse regioni d’Italia ed
anche altre nazioni. Ma io desidererei che nella nostra bella Versilia tutto
ciò non accadesse.<br />
<br />Tempo fa alla periferia di Forte dei Marmi, ai margini di strade interne, ed anche in
mezzo di alcune pinete, ho visto rottami di un televisore, bottiglie vuote, sacchetti di
immondizia, persino materiale di scarico derivante dalla ristrutturazione di
immobili. Non è questo il modo di comportarsi. Non si può pretendere che gli
addetti al ritiro di tali rifiuti arrivino dovunque. Non ce la potrebbero mai fare.
Dobbiamo dare loro una mano. Come? Basterebbe concentrare i rifiuti
nei punti di raccolta e scaricare gli altri materiali nei luoghi consentiti. Che bello
sarebbe vedere tutto il territorio della Versilia accuratamente pulito e che ricordo
indimenticabile della nostra terra si porterebbero a casa i turisti al rientro dalle
vacanze. Nel 1959 mi recai un giorno a Lugano. Oltre alla bellezza di quel paesaggio
lacustre, mi colpì il fatto di non avere notato, nelle strade, neppure un
pezzettino di carta: erano tutte estremamente pulite.<br />
<br />
Ogni tanto mi reco al cimitero di Seravezza dove sono sepolti cari parenti, amici e tante persone che ho avuto modo di conoscere. Per ciò che furono in vita e per tutto quello che seppero tramandare ed insegnarci
coloro che ora vi riposano, il cimitero è un luogo sacro e come tale deve essere ben tenuto
mentre le condizioni in cui si trova quello di Seravezza lasciano molto a desiderare. I
morti vengono sepolti, ma poi?
Un tratto del muro di cinta (parte alta a destra salendo) è sostenuto da paletti di
legno che sono ridotti in pessimo stato d’uso a causa della lunga esposizione alle
intemperie. Quindi sta per crollare. Dietro il muro pericolante sono stati
ammucchiati, detriti, forse prodotti dai lavori di costruzione di nuove tombe. Il
crollo provocherebbe anche la rovina dei marmi scolpiti che adornano le vecchia
tombe, sarebbe un peccato perché si tratta pur sempre di opere d’arte.
Infiltrazione dal tetto di acqua piovana hanno ridotto le pareti interne della cappellina, ubicata al centro più in alto del cimitero, in uno stato pietoso.<br />
<br />
Vetri
rotti alle finestre completano il quadro desolante. Urgono quindi urgenti lavori di
riparazione e di imbiancatura dell’immobile. I servizi igienici , pieni di sporcizia e di
residui di materiali per la costruzione di tombe (cemento contenuto in sacchetti di
carta) sono visibilmente in disuso da molto tempo. Dal rubinetto dell’acqua
all'interno del cimitero in certi giorni non esce una goccia d’acqua. Bisognerebbe
quindi installarvi un deposito.
Sono stato informato che alcune persone in visita ai loro cari defunti, a causa
dell’inefficienza dei servizi igienici, sono stati costrette a ritornare frettolosamente a
casa per soddisfare impellenti necessità personali.<br />
<br />
Qualche volta fra la terra
accumulata ai bordi delle tombe appena scavate ho visto brandelli di stoffa e pezzi
di legno delle casse che contenevano i morti. Certe visioni anche se ci inducono a
meditate riflessioni non sta bene vederle. Ritengo che quando le persone visitano il
cimitero tutto dovrebbe essere in ordine. Alcuni scalini di marmo sono sconnessi (lato destro salendo) e qualche persona potrebbe inciamparvi e farsi del male. Il
senso di smarrimento maggiore l’ho provato quando domenica mattina il 14 luglio
1985 ho notato nel locale adibito alle eventuali “autopsie” delle salme , diversi
sacchetti di plastica contenente le ossa dei morti dissepolti per consentire la
tumulazione nella terra delle persone decedute negli ultimi tempi. Forse non è più
possibile accedere all'ossario, visto che la porta d’ingresso è legata con fili
metallici ad alcuni paletti di legno messi all'esterno in modo orizzontale. Forse è
necessario costruire un nuovo ossario?<br />
<br />
Di fronte ai resti dei nostri simili tutti
dovremmo inchinarci in linea generale. E quando non ci sono richieste dei familiari
per deporli in apposite cassette da sistemare in altre tombe, dovrebbero essere
messi tutti insieme in una stanza ampia ed illuminata da fasci di tenua luce, in
modo da farli apparire come elementi di una costruzione a forma piramidale, una sorta di monumento alla ritrovata fratellanza, troppo spesso in questo mondo
dimenticata. Ecco come sistemerei le ossa di coloro che non si possono permettere
di avere un’altra sistemazione, oppure desiderano essere sepolti nella terra.
Una sistemazione siffatta mi sembra suggestiva e bella, tale da onorare degnamente i defunti. Invece a Seravezza li ho visti in sacchetti di plastica e se le cose
non cambieranno, un giorno la stessa sorte toccherà ad altri e nessuno potrà
lamentarsi.<br />
<br />
Tramite Versilia Oggi, su cui si riflettono tutte le facce della realtà versiliese, vorrei invitare il signor Sindaco di Seravezza e le altre Autorità comunali ad
adoperarsi nel modo migliore possibile sia per impedire l’inquinamento delle
acque del fiume e sia per dar corso al lavori necessari affinché il cimitero divenga il più bello e funzionale della Versilia. Lo chiedo anche
a nome di diversi lettori del suddetto periodico, perché sono stati loro a pregarmi
di descrivere le condizioni attuali del fiume e del cimitero.<br />
<div style="text-align: right;">
Renato Sacchelli</div>
.http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5043157401563757662.post-86881814792533947812018-03-07T19:20:00.000+01:002018-03-16T21:52:11.698+01:00Chierichetto a Seravezza i primi anni del 1940 <br />
<div class="MsoNormal">
All’inizio degli anni 40 iniziai a frequentare la <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>parrocchia<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>di Seravezza, facente parte della Diocesi di Pisa, nella cui canonica si
riunivano festosi <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>molti ragazzi. Ricordo
che<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>c‘erano tanti chierichetti che
dedicavano il loro tempo libero ad assistere<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>i sacerdoti quando celebravano le Sante Messe e le altre funzioni
religiose che erano i<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Vespri cantati,
le<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Processioni, i<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Battesimi, la scopertura del<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>quadro della Madonna del Soccorso, i
Matrimoni<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>ed i<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Funerali dei nostri parrocchiani defunti.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Siccome vidi che fra
noi ragazzi c’era amore,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>rispetto e
gioia di vivere, decisi anch’io di divenire un chierichetto iniziando, prima di
ogni altra cosa, a servire la Santa Messa che allora si celebrava in<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>latino. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
In quel tempo ero già grandicello,
forse<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>frequentavo la terza o quarta
classe elementare. Ricordo che nel giorno della festa delle Palme sin da quando
ero più piccolo di età, noi bambini andavamo in chiesa portando ognuno di noi i
palmizi<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>dentro i quali c’era una
piccolissima figura del neonato bambino Gesù,<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>formato da un impasto zuccherino<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>secco,
che, terminata<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>la festa,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>lo
succhiavamo, provando anche <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>un certa
emozione facendolo disciogliere <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>nella
nostra bocca. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Quindi pensandoci bene ,
non fui mosso dalla ricerca di un qualcosa di nuovo per passare le giornate, ma
perché sentivo di essere attratto dalla fede nel Cristo Redentore, che era
stato inchiodato sulla Croce per salvare l’Umanità dal peccato originale. Durante
la sua vita terrena Gesù compì miracoli<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>incredibili, quali furono la moltiplicazione dei pani, far risuscitare Lazzaro
, infine salì in cielo dopo la sua morte inchiodato sulla Croce per vivere
accanto al suo ed anche nostro Padre celeste. Sentii da piccolo che Gesù aveva conquistato
il mio cuore, perché lui predicava amore, carità e perdono,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span> il suo emblema è
rappresentato dalla Croce. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
L’attrazione verso la nostra chiesa aumentò quando sentii
parlare di don Giovanni Bosco, il santo<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>e apostolo<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>della carità
cristiana, nato in contrada Becchis c. di Castelnuovo d’Asti <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>il 16. 8.1815, deceduto a Torino il 31.1.1888.
Si dedicò alla cura dei fanciulli poveri o abbandonati per dare ad essi una
educazione ed un mestiere. Per realizzare tutti i suoi ottimi progetti
anche<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>a livello mondiale fondò nel 1859<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>la
Congregazione dei Salesiani, per l’educazione e l’istruzione della
gioventù<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>più bisognosa<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>e delle figlie<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>di Maria Ausiliatrice<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>per le ragazze abbandonate, tant’è che i suoi
principi educativi ebbero una grande diffusione nelle parrocchie italiane,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>in tutta l’ Europa<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>e nel Sud America. Fu beatificato il 19 marzo
1929 e proclamato Santo il 1° aprile<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>1934 da Pio XI.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
Ricordo quando d‘inverno mi alzavo molto presto <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>dal letto<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>tutto infreddolito e con le mani che mi duolevano perché intirizzite dal
freddo (un malessere <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>chiamato in
dialetto versiliese “gronchio”) , mentre raggiungevo,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>con gli zoccoletti ai piedi<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>protetti dai calzettoni di lana di pecora che
mi faceva la mia mamma, il Duomo di Seravezza intitolato ai Santissimi Lorenzo
e Barbara il cui parroco era monsignor<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Angelo Riccomini coadiuvato dal Cappellano<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Don Giuseppe Bertini, nato a Barbaricina zona
periferica di Pisa, trucidato dalle SS tedesche nel 1944,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>medaglia d’oro al valor militare,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>di cui ne ha già parlato su Vita Nova
del<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>28.5.2017<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Antonio F. Gimignano.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
Più di una volta anziché attraversare le strade di un paese
ancora non completamente illuminate dalle luci del giorno, mi pareva di
percorrere un paesaggio lunare col ghiaccio a forma di candele<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>formatesi sotto le gronde dei tetti a seguito
dello sgocciolio delle ultime gocce della pioggia caduta sulle case di<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Seravezza, oppure dallo scioglimento della
neve<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>la cui coltre aveva imbiancato Seravezza.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ricordo di avere
servito la Santa Messa anche all’ anziano sacerdote Don Binelli che era un
cugino della mia mamma,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>che spesso
vedevo uscire all’ora del pranzo insieme a tutti gli altri impiegati della <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>filiale <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>del Monte dei Paschi di Siena di Seravezza ,
tanto da farmi immaginare <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>che fosse
anche lui un impiegato di questa nostra antica banca Toscana. Sicuramente Don
Binelli <span style="mso-spacerun: yes;"> </span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>doveva conoscere i bisogni della mia famiglia,
col babbo cavatore che quando si scatenava il bruttissimo tempo (forte pioggia
e caduta della neve) <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>non poteva
raggiungere la cava e quindi <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>in casa <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>non avendo altre entrate di<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>denaro all’infuori di quelle derivanti
dal<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>lavoro di mio padre, <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>eravamo nell’impossibilità di pagare la spesa
che ogni giorno si doveva fare per sopravvivere. Meno male che c’erano i
bottegai che segnavano a loro credito le vendite <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>dei generi alimentari, dando, <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>la possibilità ai cavatori di saldare i debiti
<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>quando venivano pagati per il loro
lavoro. La sopravvivenza di <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>molte
famiglie si deve quindi a questa benemerita categoria di commercianti.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Una mattina don Binelli, <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>dopo avergli servito la Santa Messa si avvicinò
a me mettendo nelle mie mani mezza lira, <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>dicendomi:<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>“Mettila in<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>tasca e non ci
rumare. Non la devi <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>spendere, devi darla
alla tua mamma. “ Appena arrivai a casa diedi, <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>con molta gioia, <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>quella mezza lira alla mia cara mamma.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
I recenti gravissimi episodi che vedono coinvolti la
cosiddette baby gang mi hanno <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>fatto
ripensare<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>agli anni in cui<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>anch’io<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>ero un piccolo fanciullo <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>che però
voleva crescere e vivere nella fede in santa pace con tutti i miei coetanei e
non nel disordine<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>e nella violenza.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="mso-spacerun: yes;">
</span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Renato
Sacchelli<o:p></o:p></div>
<br />.http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5043157401563757662.post-47878065939089844442018-01-09T15:36:00.001+01:002018-02-21T11:59:23.442+01:00NEC RECISA RECEDIT<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhHiu3JwO3WZLIsc7uU7otAN_Bjr55Jk4ql-1ZxQUpgh0Ld4TlTheOEk1LQOqZgg2UJ7UFp6VwI6jOE90C1jm9yvcbEIMm5RSFToqf7MPZp_9I3f952wyU9kJOs-IEfna1RIdeX6INY15c/s1600/Gabriele_D%2527Annunzio_1922.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="524" data-original-width="429" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhHiu3JwO3WZLIsc7uU7otAN_Bjr55Jk4ql-1ZxQUpgh0Ld4TlTheOEk1LQOqZgg2UJ7UFp6VwI6jOE90C1jm9yvcbEIMm5RSFToqf7MPZp_9I3f952wyU9kJOs-IEfna1RIdeX6INY15c/s320/Gabriele_D%2527Annunzio_1922.jpg" width="261" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
Ecco il motto araldico che si vide sullo sfondo della gigantesca fotografia dei leader che parteciparono al summit del G8 a l’Aquila presso la scuola Allievi Marescialli della Guardia di finanza di Coppito dove si svolse l’importante incontro tra i cosiddetti grandi della terra e che io avevo già scolpito nel mio cuore dal 15 luglio 1949, quando iniziai a frequentare a Roma, nella caserma Piave, il corso di allievo finanziere. </div>
<div>
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
Fu il poeta soldato, Gabriele d’Annunzio, cavaliere, marinaio ed aviatore, decorato
di due medaglie d’oro, tre di argento ed una di bronzo che volle dedicare alla
Guardia di Finanza, per iscritto, questo motto araldico divenuto patrimonio spirituale
e viatico di fede per quanti hanno onorato ed onoreranno il Corpo compiendo fino in
fondo, oltre ogni ostacolo, il loro dovere. </div>
<br />
I rapporti tra i militari della Guardia di Finanza e il poeta soldato iniziarono il 10
dicembre 1918, quando, dopo tre giorni di marce dure, giungeva a Fiume la XXX
compagnia della Guardia di Finanza messa alla diretta dipendenza del corpo di
occupazione interalleato con compiti di vigilanza nel porto e di polizia marittima
lungo le coste e della costituzione di una dogana interalleata. Il 15 luglio 1919 il
reparto fu rinforzato con la 9° compagnia del III battaglione mobilitato e
successivamente da altri finanzieri, arrivando a costituire il battaglione che
d’Annunzio ispezionò il 21 ottobre successivo.
In quella occasione il, Poeta soldato pronunciò un grande discorso:<br />
<br />
“Le Fiamme Gialle sono rimaste con me a difendere l’italianità di questo sacro
lembo di terra nostra.
I finanzieri d’Italia che possono gloriarsi di avere sparato al ponte di Brazzano il
primo colpo di fucile della nostra guerra di riscossa, che in tutte le guerre che
prepararono e compirono il nostro Risorgimento, dalle cinque giornate alla difesa di
Roma, dall’assedio di Venezia fino all’attuale guerra dove nei più fieri combattimenti di Pal Piccolo, degli Altopiani, del Trentno, del Podgora, del Carso e del Piave
compirono prodezze gloriose, tingendo di sangue le rocce scabre e le paludi
fabbricose, non potevano far mancare il loro contributo alla causa di Fiume la più
bella la più santa, la più divina della cause per le quali gli uomini abbiano
combattuto. Che se la vostra opera è, non dico misconosciuta, ma troppo poco
conosciuta, non per questo è meno nobile, meno apprezzabile, meno gloriosa e
meno ispirata a nobilissime tradizioni , ch’io son fiero di esaltare.
<br />
<br />
Con lo stesso animo che vi assistette durante l’ultima guerra vittoriosa vi consacrate
ora alla difesa di Fiume. Questa vostra dedizione mi è sommamente cara. Ed è assai
strano e non senza significato che, di fronte all’avida finanza internazionale, al
cospetto delle insidie senza scrupoli tentate dai finanzieri democraticamente
privilegiati, si affermi sempre salda ed incorruttibile la schiera dei nostri finanzieri di
ferro, che il buon diritto italico, il più perfetto dei diritti, contrappone ai finanzieri
dell’oro sospinto da brame impure e a contrastarci il possesso della più italiana delle
città”.<br />
<br />
Il 4 dicembre 1919 d’Annunzio consegnò al battaglione il gagliardetto offerto dalla
donne fiumane e il 25 giugno 1920, nel corso di una solenne cerimonia, volle
personalmente fregiarlo della “ Medaglia di Ronchi”. Anche in questa circostanza il
Poeta soldato parlò ai finanzieri:<br />
<br />
“Fiamme Gialle - disse- è sempre con profonda commozione che io vi vedo, che io vi
incontro. In ciascuno di voi ed in voi tutti noto un gesto affettuoso; ed io vi saluto
vedendo sempre in voi l’esemplare del legionario fiumano: la dignità e la semplicità
non mai interrotte.
Io vi ho dimostrato più di una volta quale sia la riconoscenza della città, che voi
avete salvata con gli altri legionari, per esempio che avete dato e date ogni giorno
in disciplina, in sagacia, in coraggio ed in resistenza, voi lo sapete, e n’è testimonio il
gagliardetto giallo che vi affidarono le donne fiumane. E’ alta ventura per me
offrirvi oggi il segno di Ronchi, segno di legionari in questo mese di giugno che è per
voi ricco di ricorrenze gloriose. A monte Pal Piccolo, nella primezza della guerra, lo
ricordate un battaglione di fiamme Gialle fu assalito da più battaglioni austriaci, fu
accerchiato, fu respinto, fu decimato, e nondimeno continuò a combattere senza
aiuto di artiglierie, senza aiuto di rinforzi, chiesto insistentemente, e tenne la linea.
Pal Piccolo, poi Piave Vecchio e il Piave Nuovo, sulla fine della battaglia che ieri si
chiuse, detta del solstizio; e fu appunto il 21 giugno che le vostre bella Fiamme
Gialle irruppero nelle posizioni del nemico e lo annientarono. Parlo del VII , VIII E XX
battaglione che occuparono il Piave Nuovo e finalmente raggiunsero la sponda el
Piave Vecchio.
Come sul Pal Piccolo, sul Podgora, sullo Sperone, sul Carso, in Val d’Astco, sul
Cimone, dove ricordo l’eroismo di ventotto finanzieri modello ed esempio di
disciplina e di sacrificio, voi avete tenuto fermo, o Fiamme Gialle , voi avete
compreso che noi siamo qui, come sul Piave, alla difesa suprema della Patria.<br />
<br />
Quindi a voi più che ad ogni altro legionario, a voi che ogni giorno respirate col
vento la salsedine e la frescura del Carnaro, è dovuto il segno di Ronchi.
Fiamme Gialle, debbo confermare che aggradisco di cuore il vostro pensiero di
promuovermi appuntato della Guardia di Finanza. Il vostro capitano mi aveva
chiesto in precedenza di scegliermi un grado dei finanzieri: io mi glorio di essere
appuntato...”
Al termine del discorso d’Annunzio volle anche dedicare alla Guardia di Finanza, per
iscritto, il motto araldico che è divenuto patrimonio spirituale e viatico di fede per
quanti hanno onorato e onoreranno il Corpo compiendo fino in fondo, oltre ad ogni
ostacolo, il proprio dovere: “ Nec recisa recedit".<br />
<br />
Il poeta soldato mostrò sempre negli anni che seguirono, di ricordare con
particolare sentimento la sua “ promozione ” ad appuntato della Guardia di
Finanza; come attesta anche una lettera indirizzata il 9 settembre 1935 al
Comandante Generale dell’Epoca; in cui fra l’altro scrisse:... “ le guardie di Finanza ,
le Fiamme Gialle; in Fiume d’ Italia furono soldati esemplari: ed io ebbi l’onore di
essere iscritto nel Corpo. Cosicché a Lei scrive oggi un subordinato... ".<br />
<br />
La lettera finiva con queste parole meravigliose: "Le Fiamme Gialle nella mia
memoria splendono e ardono.
Il 3 marzo 1938, a Gardone Riviera (Brescia), tra le numerose corone che
precedevano il feretro del “ Comandante ” - accompagnato anche da un plotone di
25 finanzieri – ce n’era una bellissima, guarnita con un nastro verde orlato di giallo
su cui spiccava in lettere d’oro la dedica “ La Guardia di Finanza al suo glorioso
Appuntato d’onore".<br />
<div style="text-align: right;">
Renato Sacchelli</div>
.http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5043157401563757662.post-33806191548568211412017-11-12T12:04:00.000+01:002017-11-12T12:05:56.101+01:00Giacomo Puccini, appuntato ad honorem della Guardia di Finanza<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYTdB0jUrrq7IcAjM0rF96Zx30EQhsclqwCflwdjEpzA9-e0C2cO9-hGLstFVxfxBbt3qlELNDqbP_JBjzFPYO1o5CRWSeocf4SflP1tzQZ1TC1AILMQ_VHt-LF6b7OanezfjUVB63DjZb/s1600/Giacomo-Puccini.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="548" data-original-width="396" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYTdB0jUrrq7IcAjM0rF96Zx30EQhsclqwCflwdjEpzA9-e0C2cO9-hGLstFVxfxBbt3qlELNDqbP_JBjzFPYO1o5CRWSeocf4SflP1tzQZ1TC1AILMQ_VHt-LF6b7OanezfjUVB63DjZb/s320/Giacomo-Puccini.jpg" width="231" /></a></div>
<div style="text-align: left;">
Novantatre anni fa, il 29
novembre 1924, cinque giorni dopo essere
stato sottoposto ad un intervento chirurgico alla gola, moriva a Bruxelles l’a<b>ppuntato
ad honorem</b> della Regia Guardia di Finanza <b>Giacomo Puccini</b>, celebre
autore di opere immortali che tuttora vengono rappresentate nei più importanti teatri del mondo. </div>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Discendente di una famiglia di
musicisti, era nato a Lucca il 22 dicembre 1858. Studiò al conservatorio di
Milano, con il violinista Antonio Bazzini e
Amilcare Ponchielli come maestri. Nella città della Madonnina visse con la
sua compagna Elvira, che per seguirlo abbandonò il marito.
La coppia attraversò un periodo di stenti. Con il successo, ottenuto nel 1884 attraverso la rappresentazione della sua prima
opera “Villi”, Puccini ebbe dall’editore Ricordi l’incarico
di scriverne una nuova. Riuscì così a portare avanti la sua attività
di maestro compositore di opere musicali, fino a raggiungere i
massimi livelli. </div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La sua musica fa pulsare il sangue nelle vene, è rara,
dolce, drammatica, piena di pathos. Porta l’ascoltatore a
immedesimarsi nelle scene che gli appaiono davanti agli occhi,
riuscendo a farlo sognare mentre si inebria. Quelle sue note, magicamente assemblate come i colori sulla tavolozza di un grande artista, inducono a pensare a quanto sia bella la
vita se l’uomo è in grado di amare. Ma non voglio dilungarmi oltre sui
sentimenti che la musica di Puccini è capace di suscitare in chi
l’ascolta. In questo mio scritto desidero soffermarmi sull’uomo Giacomo
Puccini, quando negli anni tra il 1920 e il 1921 trascorse lunghi periodi tra Orbetello e Capalbio, dove aveva acquistato una torre cinquecentesca chiamata <b>Tagliata Etrusca</b>, vicina
alla quale vi era un piccolo edificio che ospitava la sede della Brigata della Guardia di Finanza litoranea, con pochi uomini in
forza, impiegati a svolgere servizi di vigilanza doganale
marittima lungo 14 km di costa. </div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi-Odv-dfubXUGdbfgDecBoVKdNetNusw0r_W-uQyE3TCneeHu4AXrUMj6n1JFPGjY6wtO2LKH_GI4Y3MZ8D2b9AfcDrT_X2N6-pjsxxVdVuEcfBPrf2uEQGpIlg_QgL5DVyyU17y7M8Lk8/s1600/Torre_Tagliata_Puccini.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="340" data-original-width="720" height="151" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi-Odv-dfubXUGdbfgDecBoVKdNetNusw0r_W-uQyE3TCneeHu4AXrUMj6n1JFPGjY6wtO2LKH_GI4Y3MZ8D2b9AfcDrT_X2N6-pjsxxVdVuEcfBPrf2uEQGpIlg_QgL5DVyyU17y7M8Lk8/s320/Torre_Tagliata_Puccini.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La passione per la
caccia portò Puccini a trasferirsi temporaneamente da Torre del Lago (LU)
in Maremma, sicuramente attratto da quel territorio dove volavano una
miriade di uccelli migratori di tante specie. Nel tempo trascorso
nella Torre Tagliata (<i>foto</i>) il Maestro strinse rapporti di cordiale amicizia e di
reciproca stima con il comandante del reparto, l’appuntato
<b>Teriggi Campelli</b>, e con tutti gli altri finanzieri. Spesso giocava con loro a tressette e beveva
volentieri un bicchiere di vino giovane. Altre volte, invece, si soffermava a mangiare il minestrone preparato dal finanziere addetto alla
cucina. L’appuntato Teriggi amava ed apprezzava le cose belle, tra
le quali la musica, cosicché il Maestro spesso gli chiedeva cosa
pensasse di certi brani musicali che lui stava componendo. </div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Puccini era cordiale ed
amichevole con tutti i finanzieri. Comprendeva il duro
servizio che svolgevano sia di giorno che di notte, anche con il brutto tempo. Il carattere buono e socievole del Maestro conquistò
il cuore di tutti i finanzieri che a loro volta nutrivano, nei
suoi confronti, sentimenti di vivo e sincero affetto. Una mattina Puccini andò a trovare in caserma il Comandante, che era
ancora al letto. "Stanotte sono andato a dormire alle quattro,
dopo 14 ore di perlustrazione ero molto stanco, sono stato a
scambiare il visto al fiume Chiarone col drappello di Montalto.
Almeno avessi incontrato qualche contrabbandiere", gli disse il
Teriggi. "Ma se non ci sono i contrabbandieri perché fate questi
servizi? gli chiese allora il Puccini. "I contrabbandieri
non ci sono perché ci siamo noi". Fu al termine di questo cordiale
colloquio che Puccini invitò il comandante della brigata ad
utilizzare per l’avvenire il suo asino, così si sarebbe stancato
di meno. </div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Quando Puccini lasciò definitivamente la Torre
Tagliata, oltre ad una sua fotografia volle donare al comandante della
Brigata il proprio <b>asinello</b>. Solenni onori furono attribuiti dalla
Guardia di Finanza a Giacomo Puccini dopo la sua morte. Sulla facciata della
torre Tagliata fu murata una lapide di marmo con la seguente scritta a caratteri cubitali: </div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijuEtHT4cLz2d0P0_7XcQfsoFFNTaMdHBsWUebd4jdVfzStk7buNM4T4Ni5sQ9s-zieorX4X1F2WqYh03uh80z-ul7OykC2v8QermdMhlvTKZVt6Kz2FBc8BSp4AVMegZgMd6N7ZAY3Rus/s1600/giacomo-puccini-lapide_torre_tagliata.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1197" data-original-width="1600" height="239" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijuEtHT4cLz2d0P0_7XcQfsoFFNTaMdHBsWUebd4jdVfzStk7buNM4T4Ni5sQ9s-zieorX4X1F2WqYh03uh80z-ul7OykC2v8QermdMhlvTKZVt6Kz2FBc8BSp4AVMegZgMd6N7ZAY3Rus/s320/giacomo-puccini-lapide_torre_tagliata.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
"IN
QUESTA TORRE CHE FU SUA GIACOMO PUCCINI RIPOSANDO NELLA SILENTE
POETICA QUIETE DI MILLENARI RICORDI - NEL FRAGORE DELLE ONDE RIPETENTI SULLO SCOGLIO L’ECO DI GRANDI NOMI VISSE FRATERNAMENTE
DUE ANNI CON I MILITI DELLA REGIA GUARDIA DI FINANZA - APPREZZANDONE
LA SINCERITA’ DEGLI AFFETTI E L’ABNEGAZIONE DELLA VITA TUTTA
VOTATA ALLA PROSPERITA' DELLA PATRIA. I FINANZIERI GRATI DI TANTO ONORE POSERO QUESTO RICORDO. MAGGIO 1925".</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<b>Renato Sacchelli</b></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
.http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5043157401563757662.post-56617773426129940422017-10-26T11:58:00.002+02:002017-11-03T11:10:07.835+01:00Ricordo dell'amico don Giorgio ServiConservo un ricordo sempre vivo nel cuore del sacerdote pisano don <b>Giorgio
Servi</b>, che conobbi verso la fine dell’anno 1984, da quando, con la
famiglia mi trasferii da Pisa a Casciavola, nel Comune di Cascina.
Tutte le mattine attendevo l'autobus per arrivare in città, dove si
trovava il reparto della Guardia di finanza cui ero in forza. Lui
usciva dal cancello delle suore dell’ordine di S. Antonio, che
gestivano un asilo infantile, dopo aver celebrato la Messa
nella chiesina annessa al loro fabbricato, che don Giorgio
raggiungeva ogni giorno, al mattino presto, salendo su uno dei primi
bus che partivano da Pisa diretti a Pontedera.
Quando l’automezzo non era affollato mi sedevo sempre accanto a lui. Mi
raccontava molte cose interessanti.<br />
<br />
Don Giorgio era nato nell’inverno del 1926
dopo che il “carro di Tespi” e alcuni carrozzoni giunsero a
<b>Fusignano</b> (Ferrara) con a bordo i teatranti della Celebre Compagnia
Drammatica, che doveva recitare il lavoro teatrale intitolato
“Stefano Pelloni il Passatore”, dramma storico in 6 atti e 9
quadri, incentrato sulla vita del famoso bandito della Romagna che fu
appunto il Pelloni. La compagnia era diretta dal capo della famiglia,
Ubaldo Servi (padre del futuro sacerdote don Giorgio), che era anche
l’attore più importante del gruppo insieme alla moglie, prima
attrice.<br />
<br />
Qualche volta, durante i nostri brevi viaggi per Pisa, capitava che non
riuscendo a concludere gli argomenti trattati appena arrivavamo in
città don Giorgio mi accompagnasse, a piedi, fino al ponte
Solferino, in modo tale da poter terminare i suoi racconti.
La mamma di don Giorgio quando giunse a Fusignano era agli ultimi giorni
di gravidanza. Infatti, subito dopo l'arrivo nella località
romagnola, partorì il figlioletto, che dopo la nascita venne
lasciato a succhiare il latte dal seno di un'ottima balia, che lo
allevò fino al 18° mese. Don Giorgio mi fece anche un drammatico racconto, relativo al devastante
bombardamento aereo effettuato su Pisa dalle fortezze volanti
americane il 31 agosto 1943, che procurò moltissimi morti, feriti e
ingenti danni (<a href="http://larno.it/2017/08/31/pioggia-di-fuoco-su-pisa/" target="_blank"><b>leggi qui il racconto del bombardamento</b></a>).<br />
<br />
Alle ore 7 del 2 luglio 1950 nella primaziale di Pisa l'Arcivescovo <b>Ugo
Camozzo</b> chiamò Giorgio Servi sacerdote per il popolo cristiano,
consacrandolo ed immettendolo come “cadetto pastore”, prima di
affidargli ulteriori incarichi. La commozione unita alla sua fresca
purezza gli fecero sognare opere e conversioni grandiose. Ma il suo
impatto con Dio fu indovinato e giusto, tanto da rallegrare per
sempre la sua scelta di vita.
Dalle sue dotte omelie, che sgorgavano dal cuore e si basavano sulla
lettura approfondita dei Vangeli e sugli esempi di vita terrena del
nostro Redentore, mi resi conto di quanto fosse grande la fede che
don Giorgio nutriva verso il Creatore. Egli rivolgeva sempre il suo
pensiero affettuoso nei confronti dei più bisognosi, dei poveri e
degli ammalati, e invocava l’aiuto di Dio affinché tutti potessero
trovare ristoro dalla sofferenze, non solo fisiche.<br />
<br />
Che
bello fu per me poterlo ascoltare quando mi raccontò che da giovane,
oltre ad essere tifoso della Juventus ebbe una grande passione per
il calcio fino ad arrivare a giocare ad ottimi livelli. Fu per questo
che i suoi colleghi seminaristi lo nominarono loro capitano. Un
giorno il futuro sacerdote don Giorgio disputò una partita contro
una squadra che schierava, tra le proprie file, <b>Carlo Annovazzi</b>, un
forte giocatore del Milan. Quest'ultimo rimase sorpreso nel vedere
giocare così bene il giovane seminarista. Quando durante una fase
di gioco si trovarono vicini, sul campo, Annovazzi gli chiese se per
caso giocasse in serie B.<br />
<br />
Nei giorni festosi del Santo Natale e della Santa Pasqua, in cui i mezzi
pubblici non circolavano, lo andavo a prendere a Pisa per portarlo
con la mia vecchia auto a Casciavola, dove rimaneva per celebrare la
Santa Messa dalle suore Antoniane. Al termine della celebrazione lo
riportavo nella città della torre pendente.
Nelle sue preghiere don Giorgio pronunciava sempre parole di amore volte a
glorificare la nostra fede cristiana, dichiarandosi un umile e povero
pastore del gregge di Dio.
<br />
<br />
Quando divenne prete fu nominato parroco della più povera parrocchia
dell’alta Versilia, <b>Basati</b>, il paese dove era nata la mia cara
nonna materna, Marianna Marrai. Nella
comunità di Basati, dove fu parroco per nove anni, don Giorgio fu un
abile camminatore di Dio, con scarponi ai piedi e zaino sulle spalle
per il pane quotidiano, molto faticoso per un sacerdote che operava
tra le rocce e i castagni. Basati, però, gli è sempre rimasta nel
cuore. Quando le circolari mandate dalla Curia lo ammonivano per la
scarsa partecipazione della sua parrocchia rispetto a quanto
facevano altre, che presumibilmente avevano più congrue rendite, per
attenuare il suo dispiacere don Giorgio metteva fuori dalla
finestra, al freddo della notte e al sibilo del vento della
tramontana (chiamata “cavallaccia”), le lettere che aveva
ricevuto, e al mattino le riponeva malconce in casa, tirando un
sospiro di sollievo.<br />
<br />
In occasione della <b>processione</b> del Corpus Domini un anno disse alle
ragazze di portare loro il baldacchino e quando uscirono dalla Chiesa
tra gli uomini esterrefatti udì la voce del capo sezione del <b>Pci</b>
bofonchiare... dopodiché, con alcune occhiate d’intesa, furono i giovanotti a
sostenere lo sforzo portando le aste dorate.
Il suono amichevole delle campane era reso più convincente quando i
fiaschi di vino ungevano le funi ai sonatori, tanto da non sentire lo
sfregamento delle corde sulla pelle delle loro mani. Le feste paesane
erano attese sempre con trepidazione, come se si trattasse
dell’arrivo di re o principi: mentre si riunivano i comitati, che
promuovevano adunanze, raccolte e sonetti per i minori del paese e
per le famiglie, le mense si rallegravano per la gente accorsa numerosa da fuori per
gustare i buonissimi e nutrienti <b>tordelli</b> preparati dalle
casalinghe, e i preti delle vicine parrocchie si ritrovavano per la
Messa e per i Vespri. L’organo diffondeva note musicali che
facevano vibrare sempre di più il cuore dei fedeli.
Talvolta capitava che le campane suonassero “al fuoco”, nottetempo, per
chiamare i parrocchiani a spegnere gli incendi seguendo l'ordine del
parroco, unico tutore della legge e della sicurezza.Basati
era abitata da famiglie povere e buone, ospitali ed umili, che
trasmettevano a don Giorgio una sensazione di responsabilità e
fiducia nei suoi interventi a vantaggio dell’intera Comunità.
Verde vallata era, ed è tuttora, quella di Basati percorsa da piccoli
ruscelli “chiacchieroni” e puliti che cambiano volto solo quando
arrivano al piano, giungendoci contenti perché aiutano l’operosa
volontà dell’uomo di cava, di segheria e di laboratorio della
Versilia”: ecco un altro dei tanti bei pensieri scritti da don
Giorgio nel suo bellissimo libretto intitolato “<b>Serse da Pisa</b>”
che lui mi volle donare un giorno.<br />
<br />
Per diversi anni don Giorgio prestò servizio quotidiano nelle colonie
estive. Furono anni per lui molto belli, in quanto udiva il
linguaggio del mare al quale rispondeva con le preghiere rivolte a
Dio. Conobbe poi il servizio quotidiano svolto nel Pian di Pisa. Un periodo che
visse con stanchezza, per l'età avanzata, ma anche con grande
freschezza spirituale, per avere lì trovato e portato gioia, con le
sue celebrazioni, alle Suore Antoniane.
Alla luce del bene che nutrivo nei suoi confronti più di una volta lo
invitai a cena a casa mia, dove veniva sempre accolto con grande
festa dai miei familiari. Quando arrivava il momento del caffè e gli
veniva messa la tazzina nel posto che lui occupava, a tavola, lo
beveva solo dopo averlo versato nel piattino, precisando, mentre
tutti noi sorridevamo, che così lo sorseggiava il cardinale Svampa.
Mi sembra doveroso e opportuno elencare, qui di seguito, l’attività
sacerdotale svolta da don Giorgio durante la sua vita.<br />
<br />
Inizio da
Basati, che fu per lui una grande palestra di zelo e semplicità, e
dove fu amatissimo dalla popolazione; il breve mostrarsi a Palazzi
gli valse come giro di volta per correggere il precedente
comportamento di timidezza che ebbe verso gli altri di ogni grado; la
dolce pausa a Forte dei Marmi gli ridiede la fiducia in sé e nei
confronti della gente che conobbe; il cappellanato agli Istituti
Riuniti lo rese amichevole educatore dei giovani che valse anche per
il servizio comandato; l’insegnamento religioso nella scuola media
lo rese amico di tanti ragazzi e famiglie; la collaborazione in S.
Pierino con don Burgalassi gli aprì la mente verso gli interessi
culturali; il servizio volontario ai Cavalieri lo vide generoso
servitore; la libera collaborazione all’Associazione diocesana del
clero lo vide festosamente impegnato; il servizio triennale ripetuto
come confessore delle suore lo tenne spiritualmente fertile; ritenne
magnifiche le esperienze di Assistente Scout che ebbe per circa venti
anni; i servizi prestati in occasione delle feste di S. Matteo e S. Antonio, e presso l'Arcivescovado, lo misero a stretto contatto con il mondo giovanile cristiano;
le varie supplenze interinali nelle parrocchie di San Pierino e San
Prospero, affidategli dal Superiore e la guida spirituale del
movimento Vedovile di spiritualità lo tenne mensilmente impegnato
nella chiesa dei Galletti per oltre 10 anni. Svolse altre attività prettamente clericali, come la predicazione di esercizi alle suore o in grandi parrocchie che fecero sentire a don
Giorgio di essere stato un prete sereno e felice.<br />
<br />
Un anno chiesi al signor Comandante del Gruppo di Pisa della <b>Guardia di
finanza</b> di invitare don Giorgio a partecipare alla bella festa per
la ricorrenza della fondazione del nostro Corpo, risalente al 1774.
La mia richiesta fu accolta. Fui felice quando vidi il nostro
arcivescovo, il compianto monsignor <b>Alessandro Plotti</b>, celebrare
nel cortile della nostra caserma la Santa Messa, con al fianco, come
concelebrante, don Giorgio Servi, che in quella occasione indossò un
nuovo abito talare.
Il padre di don Giorgio, l'attore Ubaldo Servi, era stato un letterato
cattolico molto apprezzato, come dimostrò con una sua opera teatrale
sulla Passione di Gesù che fu molto gradita dal Vescovo e da tutti
gli spettatori. Egli terminò l’attività di attore e regista nel
1931, per esercitare successivamente l’attività di bancario.
Quando suo figlio era parroco di Basati andò a trovarlo per stare un
po' insieme a lui. Purtroppo però il tempo fu troppo breve: fu
colpito, infatti, da un infarto che lasciò nel più profondo dolore
il figlio don Giorgio.<br />
<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiPFbG-6wudenBojA8GicTSdyHYjiHNizRftTevKhYORcb0jcCke5erLu3Dq1tEoznCnU0IEoks0gFdNPmbpGDLPl1XrAjShSH9XKtEp9jmULgLXvoCD27C1HWKI-9wv4SivMzFHERph9r-/s1600/don_giorgio_1958.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1114" data-original-width="734" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiPFbG-6wudenBojA8GicTSdyHYjiHNizRftTevKhYORcb0jcCke5erLu3Dq1tEoznCnU0IEoks0gFdNPmbpGDLPl1XrAjShSH9XKtEp9jmULgLXvoCD27C1HWKI-9wv4SivMzFHERph9r-/s320/don_giorgio_1958.jpg" width="210" /></a>Una bella fotografia di don Giorgio (<i>vedi a lato</i>) ritratto insieme a Piero, Dario Giannini,
Luciano Leonardi, l’ho trovata stampata sul bel libro intitolato
“<b>Sui sentieri delle Apuane</b>” scritto dal compianto don Florio
Giannini, fondatore della rivista cattolica “II Dialogo” e
parroco di Ruosina e successivamente del Tonfano, a Marina di
Pietrasanta. Detta foto, con l’immagine del corpo di Gesù
crocifisso, reca anche le annotazioni “Traversata” e l’anno
1958. Mi è rimasta sempre nel cuore la rivista fondata da don
Florio, di cui ero abbonato e appassionato collaboratore.
Quale pastore delle anime dei fedeli, don Giorgio fu sempre più vicino ai
fedeli della chiesa del Signore. Oltre che nelle chiese celebrò funzioni religiose in più di 500 altari: caserme, campeggi,
cimiteri, rettorie, fabbriche, Circo Medrano, Palazzo della
Provincia, istituti religiosi oltre ad alcuni altari improvvisati su
dighe, cave di marmo, alberghi, pinete, spiagge. Da livello 0, a
bordo di navi nel mar Tirreno e nell’Adriatico, salì fino ai 2757
metri della Cima Coppi, al passo dello Stelvio.
Con i suoi confratelli sacerdoti ebbe rapporti consolanti che lo
arricchirono. Nel suo libretto ha ricordato don Borla, don Virgili,
don Burgalassi ed altri che gli sono stati fratelli nell’aiuto e
nel consiglio, come ad esempio don Innocente e il suo seminarista in
Versilia, don Leonardi. Ma anche don Luigi Morra, cappellano
militare della <b>46^ Brigata Aerea</b> di Pisa, che lo introdusse in un
ambiente che quando era giovane aveva chiesto di poter frequentare al
suo superiore, sempre ottenendo una risposta negativa.<br />
<br />
Don Giorgio fu legato da vincoli di fraterna amicizia anche con l'allora
parroco della Cappella, <b>don</b> <b>Hermes Lupi</b> (ora monsignore e parroco a
Seravezza). Don Hermes è un grande sacerdote amato da tutta la
popolazione seravezzina. Molti anni fa vidi arrivare don Giorgio con
molta sorpresa a Seravezza, dove mi trovavo a trascorrere un periodo
di riposo estivo nella casa di mio suocero, Giuseppe Pucci. Don
Giorgio viaggiava a bordo di una Vespa. Mi disse che doveva salire
alla Cappella, dove era parroco il suo confratello e amico don Hermes
Lupi.<br />
<br />
In occasione della Messa d’argento l'arcivescovo di Pisa, <b>Benvenuto Matteucci</b>,
dimostrò molta generosità nei confronti di don Giorgio, offrendogli
un bellissimo pellegrinaggio in Francia mentre altri due confratelli,
don Sabucco, parroco di Forte dei Marmi, e Borlas, gli offrirono un
pellegrinaggio in Israele, di cui lui fece un bel resoconto pubblicato nella diocesi di Pisa e a Gerusalemme, che successivamente donò anche a me.
Ricordo il dispiacere che mi manifestò quando subì un furto, nella sua
modesta abitazione, da alcuni malviventi che avevano gettato a terra
tutta la biancheria e gli abiti che teneva riposti con ordine nei
cassetti del canterale e nell’armadio. Sotto agli abiti rinvenne
anche il calice che usava quando celebrava la Santa Messa. Gli
rubarono delle monetine che aveva raccolto quando era andato in
pellegrinaggio a Gerusalemme, a Roma ed in altre località dove
esistevano basiliche e famosi santuari cristiani.
Quando fu sfrattato dalla casa in cui abitava a Pisa non riuscì a trovarne
un’altra in cui andare ad abitare né trovò una stanza per poter
dormire. Non trovò aiuto da nessuno, e questo indubbiamente lo fece
molto soffrire. Accettò, alla fine, la proposta di andare a stare
presso una anziana signora di profonda fede cristiana che abitava
vicina alla chiesa della Parrocchia di Sant'Ermete, a Forte dei
Marmi. Nel periodo in cui era stato parroco del Forte don Sabucco,
questi si era avvalso della collaborazione di don Giorgio. Fu per
questo fatto che tale chiesa rimase sempre nel cuore di don Giorgio.
In quegli anni don Sabucco inviò una lettera a don Giorgio che
iniziava così: “Al caro puntello spirituale di Forte dei Marmi…”.
Credo che sia stata questa grande e meritata considerazione a
convincere don Giorgio a trasferirsi in Versilia.<br />
<br />
Quando
andai a trovarlo nella sua nuova abitazione mi disse che aveva avuto
un infarto che lo aveva scosso e fatto molto soffrire, aggiungendo
anche: “Ora non ci vedo più “.
Appena seppi che era stato ricoverato in gravi condizioni all’ospedale vicino al Lido di Camaiore, andai a visitarlo. Lo trovai disteso su un lettino. Soffriva molto e si lamentava. Accanto stava
seduta su una sedia una giovane donna che lo assisteva. Subito gli
dissi: “Don Giorgio, sono il maresciallo Sacchelli”. A fatica e
con scarsa intellegibilità ripetette “ma-re-sci-al-lo,
Sac-chel-li” , emettendo anche dei rantoli che mi fecero capire che
stava per morire. Infatti il 2 febbraio 2005 si spense.
Trovai conforto dalla certezza che subito dopo il decesso la sua anima era
subito volata nella casa del nostro Padre Celeste, per vivere in
eterno accanto ai suoi genitori, ai suoi cari defunti ed a tutti
coloro che lo conobbero e gli vollero bene. Quando uscii
dall’ospedale non pensai di dare il numero della mia utenza
telefonica alla donna che assisteva don Giorgio, perché lo desse a
qualcuno dei suoi nipoti o alla signora presso la quale era stato
accolto a Forte dei Marmi. Fu a causa di questa mia imperdonabile
dimenticanza che non mi venne comunicata la morte di don Giorgio,
motivo per cui non partecipai al suo funerale.
<br />
<br />
Voglio ricordare che quando gli lessi, nel 1989, la mia poesia “Due
Angeli nel pozzo”, dedicata alla memoria del piccolo Alfredino
Rampi (morto a Vermicino nel 1981 dopo essere caduto in un pozzo
artesiano), l’ultima parola scritta, “Paradiso”, è sua. Fu lui
che volle che l’aggiungessi subito dopo che gliel'avevo letta. È
sua anche la presentazione di un mio libretto di poesie (C. Cursi
editore 1989) che volle firmare anonimamente, “un amico”.
Ho sempre vivo nel cuore il suo pensiero su ciò che scrivevo in merito
alla fede cristiana da me sempre fortemente sentita, facendomi
intendere che era stato Dio a scegliermi per diffondere le parole di
amore, carità e perdono e quant’altro espresse Gesù Cristo quando
discese fra gli uomini in terra.
Ebbi da lui anche il dono di una bella penna a sfera “Aurora”: gli dissi
che non doveva donarmi nulla ma lui non volle ascoltarmi. Quando si
trasferì a Forte dei Marmi mi volle regalare anche diversi
bellissimi volumi sulla storia del calcio, di cui era grande
appassionato.<br />
<br />
Caro don Giorgio, spero che le mie parole possa sentirle lassù nel
Cielo: le confesso che le ho voluto tanto bene. Mi perdoni se non
gliel’ho mai detto, ma voglio pensare che in anni lontani lei abbia
compreso questo mio muto pensiero che ho sempre avuto nei suoi confronti.<br />
<br />
Concludo rivolgendo il mio pensiero a nostro Dio Misericordioso
perché, quando morirò, accolga la mia anima in cielo per poter
rivedere tutti i miei cari e l'amico don Giorgio.
.http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5043157401563757662.post-46690832920971534522017-07-17T10:49:00.001+02:002017-07-17T10:49:24.263+02:00I Martiri di Pechino“Vogliamo la libertà!
<br />Chiediamo di poter<br />crescere
e vivere<br />
in uno stato
democratico!”
<br />Nella grande piazza
Tien An Men<br />gli studenti disarmati
di Pechino<br />sono stati trucidati,<br />
mentre rivendicavano<br />i diritti sacri,<br />inalienabili
dell’uomo.
<br />Carri armati, autoblinde
<br />fuoco e fuoco.
<br />No! Non è così
<br />che si governa
un popolo!
<br />L’eco delle grida
<br />dei martiri stritolati
<br />con le loro biciclette,
<br />non si è ancora spenta
<br />e mai si spegnerà,
<br />perché l’uomo <br />non può vivere <br />senza libertà!<br />
<br />
Renato Sacchelli<br />
<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
<i>Ho scritto questi versi diversi anni fa. Mi piace riproporli sul mio blog come omaggio alla memoria del professor Liu Xiaobo, uno dei "martiri di Pechino", morto di recente a 61 anni, dopo una durissima condanna che gli era stata inflitta dalle autorità cinesi perché aveva osato chiedere libertà e democrazia per il suo popolo.</i> </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhWbf_zOCPQaOGwhhWyDsoM_m6ucPevJTd09eSvrgPhMT7TTroNv-zMBK8CL5u9VTObMxOw7W5VW3uXJLaikEhgkLyVhUXuQdHpT2a-hvvCyrAFU-J2oJoVwuyQF0YmEQGKh9mAfme6p9ye/s1600/liu_xiaobo.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="338" data-original-width="480" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhWbf_zOCPQaOGwhhWyDsoM_m6ucPevJTd09eSvrgPhMT7TTroNv-zMBK8CL5u9VTObMxOw7W5VW3uXJLaikEhgkLyVhUXuQdHpT2a-hvvCyrAFU-J2oJoVwuyQF0YmEQGKh9mAfme6p9ye/s320/liu_xiaobo.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgV1A_G05ryU48xIEiq6yXU_WH0-1cXsgr0pVT6tHOWMkUK5_LZTDoXmV0XfHgzJMTSHmo-60_3IX4oZe9DTVrtTgYjGLmqvbZ5GkhHofP1yVHBatZ5VSeLwkenoSvaREbnDTVm6pfiLs5y/s1600/tien_an_men.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="182" data-original-width="276" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgV1A_G05ryU48xIEiq6yXU_WH0-1cXsgr0pVT6tHOWMkUK5_LZTDoXmV0XfHgzJMTSHmo-60_3IX4oZe9DTVrtTgYjGLmqvbZ5GkhHofP1yVHBatZ5VSeLwkenoSvaREbnDTVm6pfiLs5y/s1600/tien_an_men.jpeg" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
.http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5043157401563757662.post-16201643799587768242017-07-06T10:52:00.000+02:002017-07-08T14:54:43.859+02:00Le mie Fiamme Gialle<br />
<div style="text-align: center;">
<div style="text-align: justify;">
C’è qualcosa nel suo cuore </div>
</div>
<div style="text-align: center;">
<div style="text-align: justify;">
che non riesco a spiegare, </div>
</div>
<div style="text-align: center;">
<div style="text-align: justify;">
intanto a dieta deve stare. </div>
</div>
<div style="text-align: center;">
<div style="text-align: justify;">
Dottore, ma proprio ora
ch’è Natale </div>
</div>
<div style="text-align: center;">
<div style="text-align: justify;">
e con tutto il po' po' di buono</div>
</div>
<div style="text-align: center;">
<div style="text-align: justify;">
che c’è da mangiare? </div>
</div>
<div style="text-align: center;">
<div style="text-align: justify;">
Sì, non c’è da scherzare, </div>
</div>
<div style="text-align: center;">
<div style="text-align: justify;">
il suo cuore, ci pensi, </div>
</div>
<div style="text-align: center;">
<div style="text-align: justify;">
pompa
da quasi novant’anni </div>
</div>
<div style="text-align: center;">
<div style="text-align: justify;">
e ora deve stare attento </div>
</div>
<div style="text-align: center;">
<div style="text-align: justify;">
non può più tanto faticare </div>
</div>
<div style="text-align: center;">
<div style="text-align: justify;">
ha bisogno di riposare. </div>
</div>
<div style="text-align: center;">
<div style="text-align: justify;">
Ah! Comprendo dottore, </div>
</div>
<div style="text-align: center;">
<div style="text-align: justify;">
che sollievo mi danno </div>
</div>
<div style="text-align: center;">
<div style="text-align: justify;">
le sue parole.</div>
</div>
<div style="text-align: center;">
<div style="text-align: justify;">
Mi fanno capire </div>
</div>
<div style="text-align: center;">
<div style="text-align: justify;">
dove sono finite </div>
</div>
<div style="text-align: center;">
<div style="text-align: justify;">
le amate Fiamme Gialle </div>
</div>
<div style="text-align: center;">
<div style="text-align: justify;">
che per oltre quaranta anni </div>
</div>
<div style="text-align: center;">
<div style="text-align: justify;">
ho portato con fierezza </div>
</div>
<div style="text-align: center;">
<div style="text-align: justify;">
sul risvolto della giacca grigioverde<br />
mia gloriosa divisa,<br />
e che ora fanno parte <br />del mio cuore. </div>
</div>
<div style="text-align: center;">
<div style="text-align: justify;">
Buon Natale dottore! </div>
</div>
<div style="text-align: right;">
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div style="text-align: center;">
<div style="text-align: justify;">
(Renato Sacchelli)</div>
</div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhI03I9XhlDP0Mcf_jaN0JTi42_2lgvAlIce5ushCmci_ogmFENign8jSzyMdRdYq6lGmrYzlgIap8Q8BYBkzpJG0aFgbJLPbTjCf29eZba1UgpQFSxyYws6DI5wPMJTdaKCIGLXS7ISjnF/s1600/FiammeGialle.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="488" data-original-width="505" height="309" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhI03I9XhlDP0Mcf_jaN0JTi42_2lgvAlIce5ushCmci_ogmFENign8jSzyMdRdYq6lGmrYzlgIap8Q8BYBkzpJG0aFgbJLPbTjCf29eZba1UgpQFSxyYws6DI5wPMJTdaKCIGLXS7ISjnF/s320/FiammeGialle.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
.http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5043157401563757662.post-30970437707682616552017-06-01T17:25:00.003+02:002017-06-01T17:33:36.235+02:00“Mamma, ho visto passare Gesù”. La grandezza di don Quintino, servo di Dio<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSB0gCvKyGkq32XpSfi0edV_nk9mf1fcelrzO-eYnfRiSLDkqCCcRnVv5M-38gtpj88_ePQ4WN_8NEPtFZwd3mXq0p-QBfRYW93JBpF4vO70D3ZtpfPmEC1FEjt0yehl6PD5QENfUF9AOM/s1600/Quintino3.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1127" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSB0gCvKyGkq32XpSfi0edV_nk9mf1fcelrzO-eYnfRiSLDkqCCcRnVv5M-38gtpj88_ePQ4WN_8NEPtFZwd3mXq0p-QBfRYW93JBpF4vO70D3ZtpfPmEC1FEjt0yehl6PD5QENfUF9AOM/s320/Quintino3.jpg" width="225" /></a></div>
Conservo ricordi commoventi rimasti scolpiti nel mio cuore della gita cui partecipai nell'agosto 1997 a Balze (Forli-Cesena), per visitare i luoghi dove visse gli ultimi anni della sua vita don Quintino Sicuro, che dal 1939 al 1947 prestò servizio nel glorioso Corpo della Guardia di Finanza. All’arrivo del pullman (ero con la mia sezione Anfi di Pisa e quella della Versilia storica) fummo accolti dal maresciallo capo Duilio Farneti di Forlì, che insieme a Quintino aveva frequentato a Roma il 19° corso allievi sottufficiali (8 luglio 1945/ febbraio 1946). Farneti fu una guida eccezionale. Dai 7 a 13 anni aveva vissuto accanto al fratello, don Silvio, nel periodo in cui questi era stato parroco di Balze, località famosa perché su un'altura chiamata il “Sasso dell’apparizione” il 27 aprile 1404 due pastorelle infelici videro la Madonna; secondo la tradizione la madre di Cristo ad una delle ragazzine restituì la voce e l’udito, all’altra la vista. Il popolo di Balze volle scolpire su una lastra di marmo il ricordo di questo evento, facendola murare nel luogo esatto dove sarebbe avvenuto il miracolo.<br />
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Quintino Sicuro, quinto di cinque figli, nasce a Melissano (Lecce) il 9 maggio 1920 da Maria Potenza e da Cosimo Sicuro. Da ragazzo esprime il desiderio di farsi frate, ma il superiore del convento di S. Simone non lo ammette perché non ha superato l’esame di ammissione alla terza classe della scuola media. Cambia scuola iscrivendosi all’Istituto tecnico industriale di Gallipoli, che porta a termine con successo. Nel 1939 frequenta il corso Allievi finanzieri e, dopo essere stato promosso finanziere, viene assegnato alla Brigata di Chiavenna (Sondrio).
Durante la Seconda guerra mondiale viene mobilitato nel 1° battaglione a fianco della divisione Julia, del IV reggimento bersaglieri e di altri reparti delle camicie nere. Prende parte, nella squadra degli Arditi, ad alcune dure battaglie sul monte Tumori, contro un nemico forte, ben armato e combattivo. La gelida temperatura dei Balcani procura a molti soldati italiani il congelamento degli arti inferiori. Dopo un breve spostamento a Tre Bisti, sul fronte jugoslavo, ed ai movimenti successivi per raggiungere le città greche di Gianina e di Patrasso, il finanziere Sicuro viene assegnato alla brigata di Cefalonia. Riesce fortunosamente a sfuggire al massacro commesso dai tedeschi contro gli uomini della divisione Acqui, che si rifiutano di consegnare le armi dopo l’8 settembre 1943, impugnandole per scatenare una battaglia proprio contro le truppe germaniche che avevano loro imposto tale ordine. A causa della superiorità di uomini e mezzi, ed anche all’impiego di aerei Stukas, i tedeschi costringono i soldati italiani ad arrendersi.
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhCZMUMKM5CWQYvurGZQZ-hNWHoEWpms4sbOnU_m8jK7BZOVFfVjm4K-_sWGa4qFIjNQ30iGGQZRxJggqFVK4UZCfR0kgiDL82MQJaAcvIFWK_j4yPCnGCQiLFqeB8HVyhebvy5M3OB-ZyK/s1600/Quintino2.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1112" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhCZMUMKM5CWQYvurGZQZ-hNWHoEWpms4sbOnU_m8jK7BZOVFfVjm4K-_sWGa4qFIjNQ30iGGQZRxJggqFVK4UZCfR0kgiDL82MQJaAcvIFWK_j4yPCnGCQiLFqeB8HVyhebvy5M3OB-ZyK/s320/Quintino2.jpg" width="222" /></a></div>
Quintino durante la guerra di liberazione è partigiano nelle squadre di azione Patriottica (SAP). Mai viene coinvolto in fatti di sangue. Dopo la nomina a sotto brigadiere viene decorato della Croce al merito di guerra. Nel mese di maggio 1946 è trasferito alla brigata di frontiera del Brennero e nel novembre 1947 viene assegnato al Nucleo p.t. di Trento. I componenti di tale reparto apprezzano il suo carattere di uomo buono e giusto. A Trento il sotto brigadiere Quintino Sicuro compilerà un verbale di accertamento nei confronti di un padre di famiglia, che non aveva il denaro per pagare il tributo evaso né la pena pecuniaria relativa. Sarà lo stesso Sicuro a versare all’Erario quanto dovuto dal pover uomo sanzionato, attingendo il denaro necessario dai suoi modesti risparmi.<br />
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Sentendosi ancora fortemente attratto dalla vocazione di servire Dio, a 27 anni si congeda dalla Guardia di finanza ed entra nel convento dei frati minori di Ascoli Piceno, nel quale rimane per due anni. Dopodichè raggiunge l’eremo di S. Francesco presso Montegallo, dove resta per 4 anni. Da lì si sposta verso il monte Fumaiolo intorno al quale c’è l’eremo di S. Alberico, che lui prende in custodia.<br />
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Ho avuto modo di conoscere diversi aneddoti della vita di don Quintino, sia grazie all’omelia pronunciata dal parroco di Balze durante la Santa Messa, sia dalla lettura del libro su Sicuro scritto dal Farneti. Avvertire su quel monte la presenza di Dio credo abbia fortificato non poco l’esistenza di don Quintino, che visse in estrema povertà elevando al Signore continue preghiere volte a glorificarne il nome.
La nostra visita all’eremo di S. Alberico si concluse con la deposizione effettuata dal presidente della sezione Versilia storica, cav. uff. Renzo Maggi e da due finanzieri in congedo, di una corona di alloro sulla tomba dove riposano i resti di don Quintino. Tomba da lui scavata, quando era ancora in vita, sulla roccia arenaria esistente davanti alla chiesa. Quel giorno fui particolarmente felice: insieme a me c’erano i cari amici Primo Giorgi e Guido Angelini, insieme ai quali frequentai a Roma il corso allievi finanzieri dal 15/7/1949 al 15/1/1950.<br />
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Nell’eremo don Quintino dormiva su una tavola di legno e con la testa poggiata su un sasso. Viveva della carità dei suoi fedeli, che avendolo conosciuto lo consideravano già un santo. Il maggiore ed unico desiderio che ebbe Quintino fu quello che tutti gli uomini della Terra potessero conoscere Dio e che gli dessero gloria, salvando così la loro anima. Sì, Quintino pensava di continuo all’anima degli uomini, la cui vita non si spegne con la morte ma continua a vivere in eterno, un premio solo per gli uomini buoni e giusti.
La vita di don Quintino dedicata alla preghiera e alla predicazione del bene, colpì il cuore di tutti coloro che ebbero la fortuna di conoscerlo.<br />
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Un ragazzino che un giorno lo vide transitare davanti alle case ubicate in località Capanne, corse verso la sua casa urlando: “Mamma, mamma, ho visto passare Gesù!”
La povertà, attraverso la quale Dio si presenta sulla Terra all’uomo che vive quotidianamente aiutato anche dalla divina provvidenza, suscita stupore ed ammirazione negli abitanti di Balze e dei dintorni, quando lo vedono camminare scalzo, coi piedi sanguinanti, sui sentieri difficili delle montagne piene di sassi sconnessi, per raggiungere l’eremo da lui scelto per sentirsi più vicino a Dio.<br />
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È l’arrivo all’eremo di tanti fedeli, che giungono da località lontane, che lo sprona ad iniziare i lavori di ristrutturazione di quell'immobile fatiscente, con porte e finestre rotte, così come gravemente danneggiato è anche il tetto. Anche il camino della cucina non tira più fuori il fumo prodotto alla legna che arde. Don Quintino a questo punto decide di ricostruire la chiesa e ristrutturare la sua abitazione, ubicata al piano superiore, in quanto le pareti dei locali, molto umide, sono ridotte in pessime condizioni. Infine ristruttura l’intero edificio innalzandolo anche di un piano.
Quintino aiuta i muratori nei lavori più pesanti. Impasta il calcestruzzo che poi, con i secchi, porta sulle spalle ai muratori che lavorano sui ponti. Ai giovani che recano lassù per aiutarlo dice chiaramente, fin da subito, che non può offrire che un piatto di spaghetti. Paga invece i materiali necessari: mattoni, calce, cemento, sabbia e quant’altro serva per i lavori, con gli oboli che gli donano i fedeli. Anche se la maggior parte delle offerte vanno, come al solito, ai più poveri. In quella località, ricca di cento fontane, l’eremo di Sant’Alberico diventa un'oasi di spiritualità.<br />
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Nel luogo dove don Quintino visse da eremita è rimasta scolpita nella memoria la sua figura di asceta e penitente, sempre amorevolmente vicino ai giovani che si stringevano forte a lui quando salivano all’eremo per conoscerlo. Quintino confortò i malati e i più bisognosi e fu così che tutti quelli che lo conobbero gli vollero bene.
Soffriva di disturbi cardiaci e morì la gelida mattina del 26 dicembre 1968, mentre stava per raggiungere e benedire un nuovo impianto di sciovia. L’autovettura sulla quale era salito andò in panne, a causa dell’alta neve che era caduta nella nottata. Sceso dal mezzo insieme agli altri occupanti, si mise a spingerla per parcheggiarla in un vicino spiazzo. Ad un certo punto cadde a terra, fulminato da un infarto.<br />
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Il 29 agosto 1991 nell’antica cattedrale di Sarsina (Forli-Cesena), si concluse positivamente il processo diocesano di beatificazione del servo di Dio don Quintino Sicuro. Tutto l’incartamento, sigillato col timbro vescovile, fu inviato alla Congregazione della causa dei santi del Vaticano.
Alla luce di una vita interamente dedicata all’amore contrassegnato dalla croce, emblema di luce e speranza, mi piace pensare che un giorno le campane delle chiese potranno risuonare a festa per annunciare ai fedeli che don Quintino è salito agli onori degli altari.<br />
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Renato Sacchelli</div>
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* <i>L'articolo è stato pubblicato sulla rivista Fiamme Gialle (Aprile 2017)</i></div>
.http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5043157401563757662.post-57933687195666711262017-05-29T19:44:00.001+02:002017-07-01T16:17:11.112+02:00Giro d'Italia, quell'amore che non passa mai<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9Pntp1WX6lbf4uUw6QKOuISn7ugjAdXQGU8upCiqqDFCLwMUeqT8FK2jBK3WSSD3_loyod9BDN1L7Snfwj6eG43LHWnYZjpDxOwnAjZd2WzP0dGAodon8r57xzzGd00PlehdPHejdgJD-/s1600/Dumoulin.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="563" data-original-width="1000" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9Pntp1WX6lbf4uUw6QKOuISn7ugjAdXQGU8upCiqqDFCLwMUeqT8FK2jBK3WSSD3_loyod9BDN1L7Snfwj6eG43LHWnYZjpDxOwnAjZd2WzP0dGAodon8r57xzzGd00PlehdPHejdgJD-/s320/Dumoulin.jpg" width="320" /></a></div>
Si è appena conclusa la 100^ edizione del Giro d'Italia, con la vittoria dell'olandese Tom Dumoulin davanti al colombiano Nairo Quintana e al nostro grandissimo Vincenzo Nibali. E' stata proprio una bella ed entusiasmante corsa quella scattata ad Alghero il 4 maggio e conclusasi il 28 maggio a Milano.<br />
<br />
Nei miei ricordi riaffiorano le gesta di moltissimi campioni. Il primo giro che vidi passare davanti ai miei occhi fu quello disputato nell'immediato dopoguerra. Eravamo nel 1946 e l'Italia era ancora piena di macerie. Attesi il passaggio dei corridori nella parte finale della prima tappa Genova-Montecatini. Li vedi salire il Monte Quiesa, vicino al valico per Lucca, a poca distanza dalla curva dove c’è una edicola con una madonnina scolpita in marmo. In quel periodo la mia famiglia abitava a <b>Compignano</b>, nella zona più alta del Monte Quiesa, in una casa di proprietà del commendatore Giovanni Luisini. Proprio lì vicino era stato trucidato <b>Amos Paoli</b>, medaglia d'oro al valor militare, che avevo conosciuto quando frequentava la scuola elementare e tutti i giorni passava sotto le finestre ,con le crucce sotto le ascelle, della casa in cui abitavo nel rione Ponticello. Eravamo miracolosamente scampati ai tragici eventi dell'estate del 1944, prima con lo sfollamento sul Monte Pelliccino, poi a Giustagnana e infine a Capezzano Pianore, dove rimanemmo fino allo sfondamento del fronte (linea Gotica).<br />
<br />
Finita la guerra mio padre fu riassunto al lavoro dall’ingegner Cerpelli, per recuperare materiali e macchinari della sua officina, ubicata alla Centrale, accanto al deposito della tranvia dell’Alta Versilia fatto saltare in aria come molti altri edifici. Mio padre accettò l’offerta dell'ingegnere di occupare una grossa stanza adibita a deposito, situata al piano terra, con annesso capannone con il tetto sfondato dalle cannonate tedesche, ubicato a Pietrasanta in via dei Piastroni, motivo per cui la mia mamma doveva cuocere il cibo su un fornello traballante, alimentato dal fuoco degli stecchi che raccoglieva qua e là, tenendo l’ombrello aperto quando pioveva. Terminato il recupero dei beni mobili rimasti per sette mesi sotto le macerie, mio padre ebbe il problema di trovare una nuova sistemazione, e quindi un giorno si recò a Compignano per parlare con suo fratello Pietro, che era sfollato lassù e lì era rimasto, con la sua famiglia. avendo ottenuto dal fattore di occuparsi, a mezzadria, di un oliveto e di una grossa vigna.<br />
<br />
Quando fu di ritorno non ci disse subito che aveva deciso di subentrare al fratello nella conduzione del podere da lui coltivato, visto che questi intendeva tornare al Pelliccino per far ricostruire la casa distrutta dalla cannonate degli americani. Si capì che aveva preso questa decisione non potendo continuare a sopportare la difficile vita che tutta la nostra famiglia conduceva.<br />
<br />
Dallo sfollamento iniziato l'11 luglio 1944 si viveva come randagi: in casa non avemmo la forza di dire niente in contrario alla decisione di nostro padre. Neppure io dissi nulla, che avevo ripreso a frequentare l’avviamento professionale al lavoro di Seravezza, riaperto prima della fine dell’anno scolastico 1944/1945. Così dovetti interrompere gli studi senza poter ottenere il diploma, anche se successivamente seppi di essere stato ammesso a sostenere gli esami finali.<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSaWQsiOVFIEHgOMSfH-blKSZ2vRZJcj2IwYBF2bG0xxTH-gfUCpg-W4XrUYikmDyq6rPA-WLTGZ3DjOfzQn88vpMoD7lwGb_e-CrP5PYun_F0TeQ6sOuZKvQfuAgCLWdg1_nwJqTiqFPy/s1600/Adolfo_Leoni.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="662" data-original-width="489" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSaWQsiOVFIEHgOMSfH-blKSZ2vRZJcj2IwYBF2bG0xxTH-gfUCpg-W4XrUYikmDyq6rPA-WLTGZ3DjOfzQn88vpMoD7lwGb_e-CrP5PYun_F0TeQ6sOuZKvQfuAgCLWdg1_nwJqTiqFPy/s320/Adolfo_Leoni.png" width="236" /></a>Appena la casa sul Pelliccino fu ricostruita tornammo a Seravezza, stabilendoci in località Uccelliera nella casa di proprietà del nuovo datore di lavoro che gestiva una cava sul monte Costa dove lavorò per un po di tempo il mio genitore, Nella casa dell'Uccelliera avevamo anche la conduzione a mezzadria del piccolo oliveto e di due vignette il tutto concesso a mezzadria a mio padre, dal suo datore di lavoro. Al centro dell'oliveto avevamo anche una piccola stalla per il ricovero di alcune pecore.<br />
<br />
Ma torniamo al Giro d'Italia. Quella volta che, con grande emozione, per la prima volta lo vidi passare il primo a scattare sui pedali fu <b>Adolfo Leoni</b>, seguito a ruota da un collega di cui non ricordo il nome. La tappa, che terminò a Montecatini Terme, fu vinta proprio da Leoni.<br />
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L'anno seguente (o forse due) da Querceta vidi passare un altro Giro di Italia. Restando sempre un grande appassionato della bici, negli anni successivi ho sempre seguito con interesse e curiosità le notizie riguardanti la bella corsa rosa, compresa la centesima edizione appena conclusa.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi9jqQlsJn8txCSkHo25M3cy6q4xZ6u7QVqSd-eVI91g-KWuP72UYrumvHvxwpgUKNcH0fZTEjUOxOjSTpkEkVauZDQ-zf2rtMDs-m4FBl1Tk4eg13qY1peEE-qJUjZ_m1VEld4e-Uf6gpt/s1600/Coppi_Bartali.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="800" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi9jqQlsJn8txCSkHo25M3cy6q4xZ6u7QVqSd-eVI91g-KWuP72UYrumvHvxwpgUKNcH0fZTEjUOxOjSTpkEkVauZDQ-zf2rtMDs-m4FBl1Tk4eg13qY1peEE-qJUjZ_m1VEld4e-Uf6gpt/s320/Coppi_Bartali.jpg" width="320" /></a></div>
Ho sempre vivo nel cuore il ricordo dei grandi Giri conquistati da campioni del calibro di <b>Gino Bartali</b> e <b>Fausto Coppi</b>, Ma i nomi che mi fa piacere ricordare sono davvero tanti. Molti non li ho mai visti dal vivo, ma ho letto le loro gesta sui giornali oppure ho sentito le cronache alla radio o, più tardi, in tv. Così, i loro nomi, si sono sedimentati nella mia memoria e, certamente, anche in quella di milioni di persone che, come me, amano le corse in bici. Ne cito solo alcuni, in ordine sparso: <b>Alfredo Binda</b>, Learco Guerra, Fiorenzo Magni, Felice Gimondi, Gastone Nencini e l'indimenticato <b>Marco Pantani</b>. Molti di loro dominarono non solo al Giro ma anche al Tour de France, riempiendoci di gioia.<br />
<br />
Le imprese in bicicletta mi hanno sempre emozionato e reso felice. Mi sento di ringraziare tutti questi grandi campioni con affetto, perché mi hanno regalato tante bellissime e indimenticabili sensazioni, come solo lo sport sa fare. <br />
<br />
Mio nipote <b>Tommaso Fiaschi</b> ama correre in bicicletta da quando era molto piccolo. Fa parte di una importante squadra Under23. Credo nelle sue capacità e voglio pensare che possa riuscire a infiammare il mio cuore con le sue prossime e travolgenti vittorie come riusci a fare alcuni anni fa quando vinse con una formidabile volata il trofeo Buffoni a Torano di Massa. Forza Tommaso!
Il tuo nonno Renato..http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5043157401563757662.post-48591531229512291792017-04-28T10:11:00.002+02:002017-09-30T06:39:42.967+02:00Il Comune Unico della Versilia<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgGcWpgEZoZmwCtQ-cTWNnU2S4FjUaCw30eLe3ALOJ-Vgy3G2fap8SfKPGjG0kxctIrvNEAdHxc6ReF_Gq6oNN3LGBgG0r_vcsZsSifyURKW2H1TK4VQvss0ldp010eFEENaB7FxU8_tNh5/s1600/mappa_versilia.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="203" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgGcWpgEZoZmwCtQ-cTWNnU2S4FjUaCw30eLe3ALOJ-Vgy3G2fap8SfKPGjG0kxctIrvNEAdHxc6ReF_Gq6oNN3LGBgG0r_vcsZsSifyURKW2H1TK4VQvss0ldp010eFEENaB7FxU8_tNh5/s320/mappa_versilia.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Dal sito versilia.org</td></tr>
</tbody></table>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<i>"La costituzione del Comune Unico
della Versilia è un obiettivo a cui si deve arrivare per migliorare
la situazione dell'intero territorio e dei suoi abitanti, tenendo
conto del quadro economico e sociale sempre più complesso, con
continui tagli alla spesa pubblica e sacrifici richiesti ai
cittadini, a cui purtroppo non corrispondono adeguati servizi. Torno a parlare di questa proposta,
propugnata anche da Pietro Marchi quando fu sindaco di Seravezza (dal
1911 al 1919 e dal 1944 al 1946), perché la ritengo ancora oggi di estrema
attualità. Quello che segue è un mio articolo pubblicato
su "Versilia Oggi" nell'ottobre 2003. </i></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
-----</div>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
"Con i suoi articoli ”Versilia
senza respiro” e “Non fate finta di sognare”, pubblicati su
Versilia Oggi nei mesi di marzo e di agosto, Paolo Macchia mise a nudo la situazione del territorio versiliese, che aveva già
evidenziato nel libro “La Versilia Storica - aspetti geografici
di un piccolo sistema territoriale", pubblicato nel 1977 a cura della
Banca di Credito Cooperativo della Versilia, in accoglimento della
proposta avanzata dal professor Milvio Capovani. Condivisi la sua analisi a 360 gradi. Anch'io, anni addietro,
accennai su Versilia Oggi alla conurbazione che interessava il
nostro territorio, cioè a quel processo di formazione di una
grande città dovuto al collegamento di piccoli centri urbani
intorno al nucleo maggiore. Questa convinzione l’ebbi quando con
mio figlio salii nel 1988 in cima al monte Canala per arrivare a
Cerreta S.Nicola, ai piedi del Folgorito, Dal paesaggio che vidi
dalla criniera del monte di Ripa, notando le differenze dai primi anni Quaranta, mi resi conto che
si stava completando l’intera urbanizzazione della pianura
versiliese. </div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Nello stesso articolo parlai della difesa del territorio
minacciato dalle calamità naturali, dell’inquinamento, dell’approvvigionamento idrico e dello smaltimento dei rifiuti
solidi urbani , tutte problematiche che andavano affrontate e
risolte sulla base di un piano unico riguardante l’intero
territorio versiliese. Diedi risalto
all’idea che uomini liberi, disinteressati e colti, appartenenti
al movimento dell’Unione Versiliese, ebbero nel progettare il Comune
Unico della Versilia, che poteva avere a disposizione più risorse
finanziarie e un maggiore peso a fini elettorali. Purtroppo questo
progetto naufragò ancora prima di nascere, a mio parere per
interessi partitici e di campanilismo. Naufragò soprattutto perché
gli elettori versiliesi non seppero cogliere l’importanza di
questa nuova formazione politica, l’unica che avrebbe potuto garantire
traguardi unitari. Non si vollero eliminare le poltroncine locali,
si preferì andare avanti alla peggio. E pensare che nel 1776 l’illuminato granduca Pietro
Leopoldo, resosi già allora conto della situazione, pose fine alla frammentazione della Versilia in tanti
comunelli, accorpando il territorio in sole tre comunità.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
In un libro che gli è costato una fatica durata due anni, a mio
parere una pietra miliare della storia del nostro territorio, Paolo Macchia afferma che "per realizzare con successo qualunque
forma di riorganizzazione del territorio dell’intero sistema è
necessario intervenire in modo organico e completo su tutta
l’area, con un unico progetto che abbia finalità chiare e non
consideri le parti del sistema sia spaziali che aspaziali, come indipendenti e
svincolate le une dalle altre". </div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Anche se non siamo arrivati
all’ultimo respiro, come ha scritto nel suo articolo Roberto
Ippolito, chi scrive è convinto che se le cose continueranno ad
andare avanti di questo passo, l’uomo non potrà più disporre in
Versilia di altri spazi di territorio da destinare all’ulteriore
sviluppo industriale e artigianale, in quanto già interamente
occupato da agglomerati urbani, e da preesistenti opifici. Per
arrivare al Comune Unico, importante anche per disciplinare la
situazione antropica dell’intera Versilia e per evitare possibili
diseconomie, c’è bisogno davvero di operare una svolta decisiva.<br />
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Renato Sacchelli</div>
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.http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5043157401563757662.post-14714481734782757072017-04-08T12:34:00.000+02:002018-03-04T16:36:12.623+01:00Il Progetto Mare Monti<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgEAxQinJDdOwDri1AFubgAOJahlQQPqRGAPvpKUQrbkJFcQcQKfkN6U8DKadCddWGUOmsnvqnE9nk9YlddmaXX-SNkBtTEti4ZdqjvBSOujwHGi4-ZXczW96f6L1_fRqPU4bgSbOX11ugP/s1600/pallone_funicolare.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgEAxQinJDdOwDri1AFubgAOJahlQQPqRGAPvpKUQrbkJFcQcQKfkN6U8DKadCddWGUOmsnvqnE9nk9YlddmaXX-SNkBtTEti4ZdqjvBSOujwHGi4-ZXczW96f6L1_fRqPU4bgSbOX11ugP/s320/pallone_funicolare.jpg" width="208" /></a></div>
Il 5.2.1987, periodo in cui collaboravo assiduamente con "Versilia Oggi", mensile diretto da Giorgio Giannelli, fu pubblicato un mio articolo intitolato "ll progetto mare–monti". Non feci alcun cenno ad un sogno a cui avevano lavorato agli inizi del Novecento due uomini geniali quanto intraprendenti: <b>Alemanno Barsi</b> e suo figlio <b>Daniele che t</b>entarono di realizzare una linea di risalita dal mare fino ai loro due alberghi, costruiti sugli arditi rilievi apuani, nella zona alta del Matanna, da Grotta dell’Onda alla Foce. L'impianto di risalita era basato su un pallone aerostatico frenato, tenuto ancorato al suolo con grosse catene metalliche (<a href="http://paolomarzi.blogspot.it/2015/02/un-lontano-1910quando-dalla-versilia.html" target="_blank"><b>qui trovate un interessante articolo che parla di questa incredibile storia</b></a>).<br />
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Quando scrissi quell’articolo non spiegai perché il pallone frenato fu chiamato "Rosetta" che era la moglie di Daniele Barsi e non accennai neppure al suo primo volo de(l’aerostato di Casoli, che aveva fatto il 28 agosto del 1910, mandando in visibilio i pochi fortunati che avevano potuto ammirare dall’alto la bellezza dei luoghi appena sorvolati.<br />
Nel mio articolo parlai della storia dell'estrazione dai nostri monti del marmo e della sua lavorazione che mutarono, nei secoli passati le condizioni di vita della gente della Versilia del fiume fino allora dedita all'esercizio della pastorizia ed all' agricoltura, quest'ultima praticata su piccoli terreni della montagna al fine di disporre di una più vasta estensione di terreno da coltivare per aumentare i raccolti e fare così fronte ai bisogni dei nuclei familiari arroccati sui monti. In buona sostanza parlai soprattutto del duro lavoro della terra svolto dai versiliesi nei secoli passati, e che avevano ricamata coi sassi, di cui sono ancora oggi visibili le tracce negli oliveti e castagneti della nostra amata terra.<br />
<br />
Raccontai una storia scritta con il sudore e il sangue, quest'ultimo versato dai tantissimi cavatori morti sulle cave. Mi soffermai anche su un episodio che piacque anche al mio babbo, perché lo riguardava in prima persona. Nel 1928, poco più che ventenne, lavorava nella cava del Palazzolo, situata vicino al passo del Vestito, di proprietà dei fratelli Pellizzari industriali del marmo di Seravezza. Mentre insieme ad altri colleghi, per raggiungere il posto di lavoro percorreva un sentiero ricoperto dalla neve, scivolando precipitò nel baratro sottostante. Fece un volo di oltre centro metri. Cadde su un mucchio di neve e fortunatamente se la cavò solo con l’incrinatura di alcuni anelli della spina dorsale, che lo costrinse a rimanere sei mesi disteso su una lastra di marmo dell’ospedale di Massa. Amo pensare che se uscì vivo da questa terribile caduta fu grazie agli angeli protettori dei cavatori.<br />
<br />
Ecco come concludevo l’articolo scritto nel 1987: <i> "Sono convinto la bellezza dei nostri monti potrà sempre richiamare in Versilia una più larga massa di turisti e villeggianti solo se saremo capaci di costruire sulle cime più suggestive terrazze raggiungibili con le funivia.
In tal modo il sogno: ”Versilia- mare monti “ sarebbe finalmente una realtà". </i><br />
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L’idea di rifare un nuovo "pallone frenato" non avrebbe senso, per due ragioni: in primo luogo perché la tecnologia ha fatto passi avanti notevoli, e riproporre un sistema di quel genere sarebbe anacronistico. Inoltre perché il maltempo, oggi come allora, potrebbe cancellare, in pochi attimi, tutta la struttura. Al di là del "pallone", però, restava e resta ancora oggi più che mai valida la <b>lucida lungimiranza</b> di quel progetto: sviluppare il turismo della nostra terra utilizzando ciò che di bello e incredibile la natura ci offre, la vicinanza tra il mare e le nostre bellissime e per certi versi uniche montagne. Viverle appieno e farle vivere ai turisti, salvaguardando la natura, creando sviluppo e posti di lavoro per la nostra gente. Politici e imprenditori della Versilia, pensateci!<br />
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Renato Sacchelli
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.http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5043157401563757662.post-76332352129923540812017-03-23T16:45:00.000+01:002017-04-27T16:46:22.778+02:00Quei migranti italiani morti prima di raggiungere l’America<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgP7mJYu5jhUGGLgeI8TWD75S6xnoN14koFIV2_E-s0mckyiZwKs8rkG-UrMFFO0EQaaUUQddf-AjPcy0CLEeKlYCecDJcOZJjyJaptpcwbifAujHVUlwsWKHEBc04cpG6EmRgPlqfMHBya/s1600/migranti1.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="202" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgP7mJYu5jhUGGLgeI8TWD75S6xnoN14koFIV2_E-s0mckyiZwKs8rkG-UrMFFO0EQaaUUQddf-AjPcy0CLEeKlYCecDJcOZJjyJaptpcwbifAujHVUlwsWKHEBc04cpG6EmRgPlqfMHBya/s320/migranti1.jpg" width="320" /></a></div>
Dovevo leggere il libro di Gian Antonio Stella, intitolato “Odissee-Italiani sulla rotta del sogno e del dolore”, per rendermi pienamente conto delle tragedie vissute dai nostri migranti nel tardo Ottocento e all'inizio del Novecento. Emigravano in massa in America, dove speravano di migliorare le proprie condizioni di vita, lasciando alle spalle fame, miseria e malattie. Nel loro Paese spesso vivevano in condizioni davvero disperate. Molti si nutrivano solo di polenta, motivo per cui si ammalavano di “pellagra”, dovuta alla mancanza in questo cibo della vitamina PP.<br />
<br />
Da un'indagini parlamentare condotta da<b> </b><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Stefano_Jacini" target="_blank">Stefano Jacini</a> per anni ministro dei Lavori pubblici, pubblicata nel l880, emerge che le condizioni di vita di centinaia di migliaia di contadini italiani erano disperate. In maggioranza abitavano coi loro cari in uno stanzone lezzo, puzzolente umido e fatiscente, dove mangiavano e dormivano coi loro familiari su mucchi di paglia, vicini ai propri animali, mucche, capre, maiali e pollame, considerati spesso più preziosi di un figlio. E lì davanti ai figli e nipoti e fanciulli. gli adulti compivano le “funzioni animali della generazione”. Non mancavano atti ripugnanti di incesto e pederastia.<br />
<br />
Il letame veniva lasciato in un angolo della stanza, oppure ammucchiato sulla via davanti alla porta di ingresso, Le strade dei paesi erano piene di sudiciume, in quanto non esisteva alcun servizio di nettezza urbana.
Che facevano i governi per migliorare le condizioni di vita di queste persone? Poco o nulla! Il governo Crispi pensò alle avventure africane in terre poverissime, dove furono inviati contingenti militari per combattere contro l'Abissinia I nostri soldati, però, furono sconfitti nelle battaglie sull’Amba Alagi nel 1895, a Macallè e ad Adua nel 1896.<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhADr7t0Z3esWlG8QASDFYArf3YaPR9eYbKvlJWR3BOFVOeTelbzatBeeRXbMb_Ftes_YxdwSQ4HQgzFe6N0sLdmAPCoS5qOKTPvQzYMduMQt7o1EIp-5_CYPTVhJxDKNtRIuIGDAp1-WH_/s1600/migranti2.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhADr7t0Z3esWlG8QASDFYArf3YaPR9eYbKvlJWR3BOFVOeTelbzatBeeRXbMb_Ftes_YxdwSQ4HQgzFe6N0sLdmAPCoS5qOKTPvQzYMduMQt7o1EIp-5_CYPTVhJxDKNtRIuIGDAp1-WH_/s320/migranti2.jpg" width="320" /></a></div>
Molti emigranti italiani morirono a bordo dei piroscafi, vere e proprie "<b>carrette del mare</b>" sulle quali si imbarcavano coi loro cari per raggiungere il nuovo mondo. Perdevano la vita a causa delle malattie scoppiate durante la navigazione (vaiolo, colera, tifo ecc.). Sulla nave italiana Carlo<b style="font-style: italic;"> </b>R<b><i>., </i></b>partita il 29.7.1894 da Genova e fermatasi con uno scalo a Napoli, scoppiò il primo caso di colera.<br />
Oltrepassate le Azzorre ogni giorno contraeva questa terribile malattia almeno una ventina di emigranti. Per loro il mare fu la tomba. Arrivata a Rio de Janeiro le autorità portuali imposero alla nave italiana il divieto assoluto di approdo, ordinando anche alle unità da guerra di sparare colpi di cannone senza l’intenzione di colpirlo. Il Carlo R. fu costretto a fare ritorno in Italia. Arrivò all’Asinara il 27.9.1894. I morti di colera, durante questo viaggio di andata e ritorno di 368 giorni, furono 141, altre 70 persone morirono a causa di altre malattie.<br />
<br />
Non fu la sola nave ad invertire la rotta. Anche al piroscafo <b>Remo</b>, salpato da <b>Genova</b> il 15.8.1893 con a bordo 900 emigranti ed altri 700 caricati a Napoli, fu imposto dal governo brasiliano l’ordine di allontanarsi dal molo dell’isola Grande, dove aveva attraccato con la bandiera gialla issata sul pennone e di riprendere la navigazione e fare ritorno in Italia. Per impedire il ritorno al molo della nave "Remo" che si era momentaneamente staccata dal molo per gettare al largo la prima vittima del colera si trovò davanti una corazzata brasiliana che gli impedì la manovra. Così la nave fu costretta a ritornare in Italia. Dopo 65 giorni approdò a <b>Napoli</b> e tutte le persone a bordo furono messe in quarantena. Novantasei persone morirono per il colera.<br />
<br />
Moltissimi emigranti persero la vita a seguito dei naufragi delle navi su cui viaggiavano, avvenuti nella baia di Gibilterra e sulle scogliere di capo Falos, promontorio orientale della Spagna.<br />
<br />
Un numero considerevole di emigranti non riuscì maiad arrivare nell’Eldorado americano, in quella terra tanto attesa e lontana. Molti uomini senza scrupoli, "venditori di sogni", trassero ingenti guadagni dagli inganni volti a favorire l'immigrazione di massa in America: la descrivevano come una terra ricchissima, piena di ogni ben di Dio, con frutta e verdura di dimensioni enormi, in grado di sfamare tutti. In realtà, invece, anche nel <b>Nuovo Mondo</b> la vita non era facile. Pure tra gli armatori delle navi impiegate per trasportare gli emigranti c'erano uomini senza scrupoli, che vergognosamente lesinavano persino sull’acquisto delle vettovaglie necessarie a sfamare i passeggeri dei piroscafi.<br />
<br />
Convinti da una falsa e martellante propaganda a partire in cerca di fortuna, senza farsi troppi problemi, masse di contadini analfabeti vendettero tutto ciò che possedevano per imbarcarsi sulle navi e raggiungere la terra promessa, spesso con famiglia al seguito.
Anche molti <b>versiliesi</b> affrontarono il lungo viaggio verso il Nuovo Mondo rinchiusi nelle stive delle navi, dove non avevano il minimo spazio per muoversi né l’aria sufficiente per respirare. Stavano sdraiati, ammucchiati l’uno accanto all’altro, tra un tanfo insopportabile.<br />
<br />
Anche i miei nonni paterni, con otto cugini, e il nonno materno emigrarono in America verso la fine dell’Ottocento. Voglio pensare che abbiamo affrontato un viaggio sopportabile e non come uno di quelli sopra descritti.<br />
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I neonati venuti alla luce durante la navigazione si attaccavano inutilmente al seno delle madri divenuto arido a causa dello scarsissimo cibo con cui si alimentavano le donne. Morirono così tanti piccini, i cui corpi furono gettati in mare, tra le urla di disperazione delle loro mamme affrante dal dolore.
Un gruppo di trecento contadini trevigiani, ingannati da un marchese francese, anziché approdare in luoghi ubertosi furono sbarcati su una terra rocciosa, aspra, assolutamente non coltivabile, situata al confine di una giungla. Molti persero la vita in seguito alla grande fame patita; alla fine solo pochi superstiti riuscirono a raggiungere l’Australia..http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5043157401563757662.post-58535657739565489552017-02-22T13:31:00.000+01:002017-04-17T14:06:03.942+02:00La gloriosa storia degli Alpini<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiDEtT0IZkFJO3oSoptsJLAekVWGpjMkoRApR7BjXOXA3feiA06cgUzsxAJMLHDGsFcX91mwIF2-_ohGyzx54KVACn0_ZIc1fCWt_XYYMBngcJ-EFGkhTrrm6D12JZwZ-APhdYh_nmQ5r8T/s1600/alpini.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="205" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiDEtT0IZkFJO3oSoptsJLAekVWGpjMkoRApR7BjXOXA3feiA06cgUzsxAJMLHDGsFcX91mwIF2-_ohGyzx54KVACn0_ZIc1fCWt_XYYMBngcJ-EFGkhTrrm6D12JZwZ-APhdYh_nmQ5r8T/s320/alpini.jpeg" width="320" /></a></div>
L’esercito italiano fu riorganizzato dopo il successo prussiano nella guerra combattuta e vinta contro la Francia negli anni 1870- 71. Fu con il Regio decreto 15.10.1872, voluto dal generale e ministro della guerra Cesare Francesco Ricotti Magnani, che le nostre forze armate furono strutturate ispirandosi al modello prussiano, fondato sull’obbligo di breve durata, per sottoporre all’addestramento militare tutti gli iscritti alle liste di leva fisicamente idonei, e all’abolizione della surrogazione (chi ne aveva i mezzi, ricevuta la chiamata alle armi, poteva pagare un altro perché prendesse il suo posto) in modo tale da trasformare l’esercito italiano in una numerica espressione delle capacità umane della nostra nazione.<br />
<br />
Dal fervore operativo scaturito dalla riforma “Ricotti” si ebbero i nuovi piani di difesa dei valichi alpini, ritenuti fino a quel momento impossibili da realizzare (e sostanzialmente inutili), tenuto conto dell’antico pensiero ormai consolidato nei secoli, secondo il quale gli eventuali eserciti invasori sarebbero stati ostacolati dalle montagne e definitivamente fermati nella pianura Padana. Ma se fosse rimasta inalterata questa tattica. Si sarebbero ulteriormente e completamente sguarniti tutti i passi alpini dal Sempione allo Stelvio e tutto il Friuli, con le inevitabili conseguenze. L’idea di un’azione difensiva solo nel territorio padano fu quindi abbandonata, in quanto fu chiaro che difenderci sulle montagne rimaneva la sola via da percorrere per resistere contro un eventuale attacco militare portato dall’impero Austro-Ungarico.<br />
<br />
Per arrivare a questa rivoluzione strategica furono indispensabili gli studi di Giuseppe Domenico Perrucchetti, ex insegnante di geografia che con il grado di maggiore di fanteria fu destinato allo stato maggiore. Nella battaglia di Custoza fu insignito della medaglia di argento al valor militare. Il 26 aprile 1891 viene nominato aiutante di campo onorario di S.A.S. il duca di Aosta e successivamente divenne capo di stato maggiore del VII reggimento. Congedato a 65 anni per raggiunti limiti di età, con motu proprio fu nominato dal re senatore del Regno d’Italia. Il suo progetto fu inserito nella riforma “Ricotti”, tant’è che lo sbarramento della zona alpina fu affidato agli uomini nati sulle montagne, i cui punti di forza, come aveva pensato Perrucchetti, erano evidenti, in quanto oltre ad essere abituati ai rigori dell’inverno, conoscevano meglio le zone in cui operare.<br />
<br />
Perrucchetti era nato nel 1839 a Cassano d’Adda (MI). Non in montagna, dunque, e mai divenne un alpino, ma fu soltanto un attento e scrupoloso studioso al quale fu riconosciuto il merito di aver fondato il Corpo degli Alpini (1872). Ad appena 20 anni fugge dalla sua terra per arruolarsi nell’esercito piemontese.
Conosceva molto bene i confini dello stato in cui era fuggito, avendo effettuato ricognizioni sullo Spluga, sulle alpi Carniche e Retiche. Nella sua memoria c’erano anche le gesta delle milizie montanare ai tempi dell’imperatore Augusto dove sulle Alpi furono fermati gli invasori barbarici. Perrucchetti ebbe modo di conoscere anche l’organizzazione militare creata dal re Vittorio Emanuele con tutte le evoluzioni avvenute in quel tempo. Entrata in vigore la riforma “Ricotti” furono costituite 15 compagnie che aumentarono a 36, ripartite in dieci battaglioni nel 1876.Nel 1882 furono costituiti i primi 7 reggimenti, con i quali nel 1887 furono formati 22 battaglioni. Il privilegio di essere il primo reparto di alpini lo ebbe la classe 1852, che fu chiamata “classe di ferro”.
Il “battessimo del sangue” avvenne nella battaglia di Adua (Abissinia), nel marzo 1896, cui gli alpini presero parte con quattro compagnie.<br />
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Fu ad Adua che il capitano Pietro Cella, del 6° reggimento degli alpini, fu insignito della prima medaglia d’oro al valor militare, mori mentre stava sparando gli ultimi colpi, insieme ad altri quattro valorosi ufficiali, anch’essi insigniti della medaglia d’oro al valor militare.
Nel 1909 il Corpo degli alpini era formato da 88 battaglioni riuniti in 20 Gruppi, 9 raggruppamenti e 4 divisioni. Terminato il primo conflitto mondiale rimasero in vita 8 raggruppamenti, ai quali si unì il 9° gruppo costituito nel 1919. Altre tre volte gli alpini combatterono in Africa, in Libia nel 1911, nella guerra per la conquista dell’Abissinia (1935- 36 ) e contro le forze alleate nel 1941. Dopo la conquista della Libia le truppe alpine svolsero con l’impiego di 5 battaglioni servizi di vigilanza a Derna, Assaba sull’altopiano del Maghreb.<br />
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Sempre dopo la conquista della Libia un raggruppamento di alpini fu lasciato nella colonia per presidiare la Tripolitania, da dove furono ritirati prima dello scoppio della prima guerra mondiale.
Nel corso del primo conflitto mondiale gli alpini combatterono aspre battaglie per difendere i confini italiani anche per strappare pochi metri del territorio sul quale si erano trincerate le forze nemiche. Furono gli alpini che riuscirono a fermare. dopo la disfatta di Caporetto, sul Montello, sul Grappa e sul Piave l’avanzata degli Austro Ungarici, andando all’assalto all’arma bianca e lasciando sul terreno un’infinita schiera di eroi, uccisi e ridotti a brandelli sanguinanti sui fili spinati. Gli alpini che morirono combattendo furono 24.896, i feriti 76.670, e i dispersi 18.305.
Ho trovato molto bello e commovente il seguente giudizio sugli alpini espresso dal famoso scrittore inglese Rudyard Kipling, il cui unico figlio, John, fu ucciso nella battaglia di Loos, sul fronte francese: “Alpini, forse la più fiera la più tenace specialità impegnate su ogni fronte di guerra, combattono con pena e fatica tra le grandi dolomiti fra i boschi un mondo splendente di sole e di neve,, di notte un gelo di stelle nelle loro solitarie posizioni contro un nemico che sta sopra di loro più ricco di artiglieria, le loro imprese sono frutti solitari di coraggio e di gesti individuali grandi bevitori, di lingua svelta e di mano tesa, orgogliosi di sé del loro corpo, vivono rozzamente, muoiono eroicamente”.<br />
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Anche nei miei ricordi di bambino, nato nel 1930 vi sono gli alpini. Sono cresciuto cantando spesso la loro canzone, coi miei coetanei del rione Ponticello, interamente fatto saltare in aria dai tedeschi nel 1944, avvalendosi degli operai della Todt incaricati di fortificare la parte terminale della Linea Gotica che arrivava a toccare le acque del Tirreno.
Tale canzone esaltava la vita degli alpini che terminava così. "Viva, viva, il reggimento, viva, viva, il Corpo degli alpini:". Potevo cantarla con orgogliosa fierezza essendo stato mio padre, Orlando, (della classe 1906) e come lui anche gli altri tre suoi fratelli, Pietro (classe 1908), Lorenzo (classe 1914) e Guido (classe 1919), quest'ultimo dichiarato disperso in Russia mentre era in forza alla divisione Cuneense, reparto someggiata - munizioni e viveri -, senza avere potuto vedere nascere il suo bambino.
Con molto piacere ricordo di aver prestato servizio per oltre 42 anni nel glorioso Corpo della Guardia di finanza i cui militari parteciparono con 19 battaglioni mobilitati sia alla prima che alla seconda guerra mondiale.<br />
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Alla seconda guerra mondiale gli alpini parteciparono con 88 battaglioni mobilitati e con 66 gruppi di artiglieria, schierando complessivamente 240.000 uomini.
Per conoscere ancora di più le sofferenze patite dagli alpini e dai propri familiari, che non videro più i loro cari ritornare a casa, penso che sarebbe utile leggere il libro di Giuseppe Vezzoni, "Mai più dal Don a Sant' Anna di Stazzema", ricco di commoventi testimonianze. Coloro che riuscirono a tornare a casa dalla Russia dopo lo sfondamento del fronte, lo debbono anche all’arrivo a Nikolajewka dei battaglioni italiani in ritirata, “Vestone”, “Verona”, “Val Chiese” e dei resti di quelli del “Tirano”, “Edolo” e “Valcamonica”, che si unirono agli uomini della Tridentina (l’unica divisione ancora in grado di combattere), spronati dal grido “Tridentina, avanti!”, uscito con un forte dolore dalla bocca del generale Riverberi. Fu questa eroica battaglia, combattuta dagli alpini con coraggio, che costrinse alla fuga i soldati russi.<br />
Gli alpini versiliesi reduci della seconda guerra mondiale, vollero onorare la memoria dei loro colleghi, che non fecero più ritorno a casa,costruendo, con le loro mani, un tempio votivo in località Ponte Stazzemese realizzato dal progetto dell'architetto Tito Salvatori che fu tenente degli alpini della divisione Tridentina che combatte sul fronte greco durante il secondo conflitto mondiale e nel 1952 fu nominato tenente colonnello del genio militare degli alpini.<br />
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A Nikolaiewka la neve si tinse di rosso del sangue dei nostri a alpini ed è per questo che il più volte citato villaggio russo è ricordato come la tomba delle nostre valorose penne mozze.
Con la vittoria degli alpini avvenuta a Nikolayewka fu aperta la via per consentire a 13.400 alpini di uscire dalla sacca. Purtroppo si contarono 7.500 alpini tra i feriti e congelati. Circa 40-000 alpini rimasero indietro, tanti morirono sulla neve. Altri furono dichiarati dispersi oppure catturati e imprigionati.<br />
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Renato Sacchelli </div>
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<b>Le decorazioni agli Alpini</b> (tratte dal sito internet esercito.difesa.it)<br />
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Attualmente i reggimenti degli Alpini sono otto e le loro bandiere sono decorate di 9 Croci di Cavaliere dell'Ordine Militare d'Italia, 10 Medaglie d'Oro, 30 Medaglie d'Argento, 8 Medaglie di Bronzo ed 1 Croce di Guerra al Valor Militare, di 3 Medaglie di Bronzo al Valore dell'Esercito, 1 Medaglia d'Oro, 1 d'Argento e 1 di Bronzo al Valor Civile e 1 Croce d'Oro e 1 Croce d'Argento al Merito dell'Esercito, 6 Medaglie d'Argento di Benemerenza, 4 Medaglie di Bronzo al Merito della Croce Rossa Italiana.
.http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5043157401563757662.post-88720693674099278652017-01-29T12:40:00.001+01:002018-04-18T06:37:10.393+02:00Auguri a Versilia Oggi<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJKKmPNZNoOKwdUKBvLYEPtF4zfHZuG5Y7y-edflBFcko8R_507xPaN5LF83939A517MJExc298lsiPGSsuO_OiPVfZe3NwyU9-Rc1klxbbnh3Jxmbb81llYhvQhloYmDZAFWFIkfLYPsz/s1600/Versilia_Oggi.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJKKmPNZNoOKwdUKBvLYEPtF4zfHZuG5Y7y-edflBFcko8R_507xPaN5LF83939A517MJExc298lsiPGSsuO_OiPVfZe3NwyU9-Rc1klxbbnh3Jxmbb81llYhvQhloYmDZAFWFIkfLYPsz/s320/Versilia_Oggi.jpg" width="255" /></a></div>
Sono sempre stato molto attaccato a Versilia Oggi, che quest'anno festeggia 50 anni. Iniziai a scrivervi nel 1982, perché mi ricordava le radici della mia terra nativa. Un sentimento che sentivo forte, anche perché per decenni avevo vissuto lontano da essa, in giro per l'Italia, avendo<br />
prestato servizio per molti anni, nel mitico Corpo qual è la Guardia finanza.<br />
<br />
Ho sempre sostenuto il lavoro del direttore Giorgio Giannelli, nelle sue numerose battaglie, sperando che il nostro giornale potesse diventare sempre più letto e importante (sognavo anche una sede con una grande scritta luminosa sul tetto, come i grandi quotidiani nazionali).
Se l'Aquilone (così Giannelli amava chiamare il suo giornale) viene ancora oggi ricordato e apprezzato lo si deve sicuramente alle capacità del suo fondatore, e alla bravura e all'impegno dei tanti collaboratori che nel corso degli anni hanno scritto pagine davvero molto importanti. Sarebbe bello, anche se difficile, poterli ricordare tutti, uno ad uno.<br />
<br />
Fu grande la gioia che provai quando vidi scorrere, nei nostri fiumi, l'acqua non più col colore del latte,cui si arrivò dopo una lunga battaglia intrapresa anche da Versilia Oggi per far cessare lo scarico dei residui della segatura dei blocchi di marmo nel fiume, forte fu anche la difesa dell'ospedale per evitare di trasferirlo altrove con gravi disagi per la popolazione del posto. Tutto fu vano nonostante un plebiscito popolare di cui le autorita regionali non ne tennero conto. Versilia Oggi svolse anche<br />
una forte propaganda a favore della costituzione del Comune Unico pensato da uomini illustri che avevano fondato l-Unione Versiliese.<br />
.<br />
In un articolo del 1985 denunciai il pessimo stato in cui era tenuto il cimitero di Seravezza, in modo particolare ero rimasto colpito dal fatto che non vi fosse un bagno pubblico in funzione. Qualche anno dopo raccontai la disavventura di una ragazza,residente a La Spezia in visita coi suoi familiari al nostro camposanto alla disperata ricerca di un bagno, che ancora non c'era. La poveretta fu costretta a fare i suoi bisogni nel vicino bosco. Ricordo anche che parlai dei grandi sacchi neri per l'immondizia all'interno dei quali vidi racchiuse le ossa dei defunti, dissepolti dalle loro tombe. Quei poveri resti erano lasciati in una stanzetta adibita alle eventuali autopsie, aperta, senza alcun rispetto, alla mercè di tutti.
Nel mio piccolo, credo di aver aiutato anch'io l'Aquilone a volare, cercando di scrivere cose che scaturivano dal mio cuore, a difesa degli interessi della nostra terra.
Viva La Versilia! Di ieri, di oggi e di domani.
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Renato Sacchelli</div>
.http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5043157401563757662.post-70181839048822611732016-12-24T18:20:00.000+01:002017-04-08T13:00:49.941+02:00Auguri a tutti e viva il Presepio!<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiLlcKYmO1je37zvNZ6NN1Ue4dSts83II0qiFYpztmDwjtB4XPW9VUUCkXyWGdzWY9cHK_pw_2KHkEFQc5nw8-Q16zhDFBohzzrgifedyAZLTQdOsiKuGq28yR2BEwOB57zXEcVB2lmjTbb/s1600/presepe.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiLlcKYmO1je37zvNZ6NN1Ue4dSts83II0qiFYpztmDwjtB4XPW9VUUCkXyWGdzWY9cHK_pw_2KHkEFQc5nw8-Q16zhDFBohzzrgifedyAZLTQdOsiKuGq28yR2BEwOB57zXEcVB2lmjTbb/s320/presepe.jpg" width="320" /></a></div>
Da bambino vedere il Presepio nelle chiese della mia terra, la Versilia, ed anche in qualche abitazione privata, mi ha sempre fatto provare delle bellissime sensazioni. Ricordo quando, insieme alla mamma e a mio fratello Sergio, visitai per la prima volta quello allestito nella chiesa di Vallecchia, l'antica Pieve di Santo Stefano. Era stato preparato utilizzando statuine vecchie di secoli e, proprio per questo motivo, di grande valore.
La nascita di Gesù bambino deve aver commosso molto il cuore di San Francesco d'Assisi, che fu il primo uomo al mondo a pensare di dare vita, nel 1223, ad una rappresentazione iconografica della Natività.<br />
<br />
Ai tempi in cui frequentavo l'asilo infantile Delatre di Seravezza, in una fredda serata invernale, vicina alle feste natalizie, dopo cena mia mamma, appena sparecchiata la tavola, nella cucina annerita dal fumo del camino e scarsamente illuminata da una lampada a petrolio, pose una scatola sulla tavola. La aprì e vidi che al suo interno erano state avvolte con minuziosa cura, nella carta di giornale, diverse statuine di gesso che sarebbero servite per allestire il Presepio. Le aveva acquistate in un negozio seravezzino. Rivedo i volti gioiosi del babbo e della mamma e i bagliori sprizzanti dai loro occhi felici quando notarono che quel dono aveva riempito di gioia il cuore dei loro due bambini (gli altri due miei fratelli ancora dovevano nascere).
In quel periodo mio padre lavorava su una cava del Trambiserra. Quando a causa del brutto tempo, specie d'inverno, non poteva raggiungere il posto di lavoro, la mamma soffriva perché sapeva che senza i soldi guadagnati da mio padre lei non avrebbe potuto pagare la spesa che faceva ogni giorno per darci da mangiare, non essendovi, purtroppo, altre entrate nella nostra famiglia.<br />
<br />
Fortunatamente i titolari delle botteghe segnavano su un apposito registro gli importi della spesa fatta, annotando ovviamente anche la data. E appena i cavatori ricevevano la “quindicina” (si riceveva il salario ogni due settimane) andavano a saldare il conto. Si deve al credito fatto da queste botteghe se negli anni della mia fanciullezza, ed anche in quelli delle precedenti e successive generazioni, molte famiglie sono riuscite a sopravvivere dignitosamente. Mia madre per molti anni si servì della bottega di generi alimentari situata a Riomagno, gestita dalla signora Onorina e da suo marito, un invalido, non ricordo se del lavoro o di guerra.
Il bellissimo Presepio ricevuto in dono dai miei genitori mi ha sempre fatto pensare ai sacrifici che devono aver fatto per comprarlo, viste le loro ristrettezze economiche. Quando i tedeschi, nella tragica estate del 1944, fecero saltare in aria molte case di Seravezza, da Riomagno alla Fucina, sotto il Monte Canala e lungo la criniera del Monte di Ripa, tra le quali, al Ponticello, vi era anche la nostra casa, radendo al suolo anche Corvaia e Ripa, anche il mio Presepio finì sotto un cumulo di macerie.<br />
<br />
Ho sempre pensato alla sacralità delle feste natalizie, per questo resto di stucco ogni volta che leggo le polemiche sui Presepi “negati” nelle scuole o in altri edifici pubblici. Trovai incredibile, qualche anno fa, la notizia che un grande magazzino italiano avesse deciso di cessare la vendita delle statuine, quasi che quell'articolo, “passato di moda”, non fosse più desiderabile dai clienti. E rimasi addirittura allibito quando appresi che in una località vicina a Pordenone mani ignote avevano sottratto da un Presepio la statuina di Gesù bambino, che fu ritrovata impiccata all'interno di un cimitero.
Sono stato battezzato e credo nel Signore, anche se ho profondo rispetto nei confronti di chi professa religioni diverse da quella cristiana, o non crede affatto. Non mi piace però che in nome del principio sacrosanto della laicità si impediscano, come purtroppo è avvenuto, le benedizioni degli studenti (nei periodi di Pasqua o di Natale) all'interno di alcune scuole pubbliche.<br />
<br />
Credo sia una triste quanto inutile sopraffazione. Chi professa la propria fede va rispettato. A maggior ragione tenuto conto che la fede, nel caso specifico, fa parte anche della nostra cultura (“non possiamo non dirci cristiani”, diceva Benedetto Croce).
Auspico l'approvazione di una legge che tuteli chi, nel proprio Paese, intende continuare a festeggiare le antiche tradizioni popolari della nostra fede, che dovrebbero essere viste con piacere e rispetto anche dagli stranieri non cristiani che, per vari motivi, si trasferiscono da noi. L'integrazione parte anche dal rispetto. Che deve essere reciproco, ma senza che ognuno sia costretto, stupidamente, a negare la propria identità.<br />
<br />
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Renato Sacchelli
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.http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5043157401563757662.post-28429683941045440662016-12-22T11:31:00.000+01:002016-12-22T19:30:52.750+01:00Il Feroce Saladino e il sogno di un bambino<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiiTJLWPTrAmi1C-2LRPQXlYzKUiu6xO5HuxfDhohmbqZizEmrPVxP5kemflZh-pTqndnzByrIVVpW19o1IAfE8HuNbejAffeBTAF5cxK7By-j8OtmIaHU9lYXlF9n1DMUpqHMd2mONnay2/s1600/FeroceSaladino.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiiTJLWPTrAmi1C-2LRPQXlYzKUiu6xO5HuxfDhohmbqZizEmrPVxP5kemflZh-pTqndnzByrIVVpW19o1IAfE8HuNbejAffeBTAF5cxK7By-j8OtmIaHU9lYXlF9n1DMUpqHMd2mONnay2/s320/FeroceSaladino.jpg" width="165" /></a>Verso la fine degli anni 30 insieme al mio amico Gianfranco Pea (purtroppo scomparso qualche anno fa), con cui frequentai l’asilo e successivamente la scuola elementare, ci demmo molto da fare per trovare una rara figurina chiamata "il Feroce Saladino".<br />
<br />
Noi ragazzi del Ponticello non avevamo nemmeno pochi spiccioli per comprare un pallone, tant’è che giocavamo con un involucro rotondo fatto con la carta avvolta con gli stracci. Poter avere le bellissime figurine prodotte dalle ditte più importanti dell'epoca (Perugina, Barilla, Liebig e molti altri famosi marchi) per noi ragazzi era un vero e proprio sogno.<br />
<br />
Una mattina, mentre passavo davanti alla casa dove abitava la famiglia Speroni, mi sentii chiamare dal loro giovane figlio, William, che aveva qualche anno più di me. Insieme al suo babbo era nel fondo che avevano al piano terra della loro casa: si accingevano a fare il trasloco per trasferirsi nella nuova abitazione, fatta costruire vicino alla sala cinematografica, in cima alla strada che conduce al Palazzo Mediceo, allora sede del Comune di Seravezza.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjUU0DmO5vS1qUYC_wMnnGFbmFsyFtWPTyDZ64IQVbdeXnqhBBlsKhrqil2jRSube8djaCClTqFudEhc61sLiIU-WJKRXrCmvopgIQjRpjW_CZ4rYmK-eoFY9jrgOi_lCo7TsVBGTe94_QV/s1600/Piola.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjUU0DmO5vS1qUYC_wMnnGFbmFsyFtWPTyDZ64IQVbdeXnqhBBlsKhrqil2jRSube8djaCClTqFudEhc61sLiIU-WJKRXrCmvopgIQjRpjW_CZ4rYmK-eoFY9jrgOi_lCo7TsVBGTe94_QV/s1600/Piola.jpg" /></a></div>
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjJ2OXc6EoJP3veHojfl5qovFtoMI9XDphyy94tkRJHkO215FWLoJ3uesCo-UlpTskO0MiQbPZQT6jZl7ty4BIoDyZ6wm4rgMyzfq9GB68bAhfBZ96zVRu_fu81sPyzMWEQbFU_rjSHsbtB/s1600/bonaventura1-630x430.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: left;"><img border="0" height="218" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjJ2OXc6EoJP3veHojfl5qovFtoMI9XDphyy94tkRJHkO215FWLoJ3uesCo-UlpTskO0MiQbPZQT6jZl7ty4BIoDyZ6wm4rgMyzfq9GB68bAhfBZ96zVRu_fu81sPyzMWEQbFU_rjSHsbtB/s320/bonaventura1-630x430.jpg" width="320" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjo6bYVjiOf0gUNA7ZrrXBUqNQ-VN2F9kM4hPj88JPpwB-nDr837bYNrVkWEXp8mOONhtP4Dis8uj1b7vuNZkd62Ts_HIscMTza63OW7F5fECwv3C6n5xcjSpCsAJ9rvq6vFP6_otWD7ndl/s1600/figurine-quattro-moschettieri.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjo6bYVjiOf0gUNA7ZrrXBUqNQ-VN2F9kM4hPj88JPpwB-nDr837bYNrVkWEXp8mOONhtP4Dis8uj1b7vuNZkd62Ts_HIscMTza63OW7F5fECwv3C6n5xcjSpCsAJ9rvq6vFP6_otWD7ndl/s320/figurine-quattro-moschettieri.jpg" width="320" /></a>Appena entrai William mi disse subito che voleva regalarmi delle figurine che aveva raccolto e conservato negli anni. Mi parve di cogliere un leggero sorriso sul volto di suo padre, quando ascoltò la generosa offerta che mi aveva fatto suo figlio. Un dono che mi rese felice come non mai.<br />
<br />
Purtroppo quando gli operai della Todt fecero saltare in aria le case di una parte di Seravezza, tra le quali la mia, tutte quelle figurine finirono sotto le macerie, insieme ad altri bei ricordi dell'infanzia.<br />
<br />
E ora che William e i suoi genitori sono nella casa del nostro Padre Celeste, amo ricordarli tutti come persone buone e giuste. Ciao William!<br />
<div style="text-align: right;">
Renato Sacchelli</div>
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<br /></div>
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<br /></div>
.http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5043157401563757662.post-80037682901239985892016-05-23T17:28:00.001+02:002016-05-23T19:41:45.543+02:00Grazie professor Costantino Paolicchi<div class="MsoNormal">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi9-nSfKnPon-vsdULQqzawffZqjYoO-nGQm4qPuZakx_p1lnr89x9HGwKSsVGOQal41CiD2Bs6bW_uSKFszkTlOKhS_q9YCIt5tOuAAUJAdEnx5PlfUJz7n8kct4aw7lGaOsHi1_kV_Oaz/s1600/enrico_pea.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="221" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi9-nSfKnPon-vsdULQqzawffZqjYoO-nGQm4qPuZakx_p1lnr89x9HGwKSsVGOQal41CiD2Bs6bW_uSKFszkTlOKhS_q9YCIt5tOuAAUJAdEnx5PlfUJz7n8kct4aw7lGaOsHi1_kV_Oaz/s320/enrico_pea.jpg" width="320" /></a></div>
<span style="font-size: 16.0pt; line-height: 107%;">Mi fa piacere parlare del professor Costantino Paolicchi, il "versiliese doc" di cui sono
sempre stato ammiratore. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: 16.0pt; line-height: 107%;">Qualche anno
fa lessi con gioia, su Versilia Oggi, il suo articolo intitolato il ”Paese dell’anima”. Con questo suo scritto
riuscì a farmi rivedere la mia Seravezza
degli anni 30 e dell’immediato dopoguerra, con tutti i ponti fatti saltare
in aria dai tedeschi e molte abitazioni rase al suolo (tra le quali
anche quella dove io nacqui) al di là del fiume, a ridosso
del Monte Canala, da Riomagno fino
alla Fucina. La totale distruzione delle case continuò in Corvaia, alla
Centrale ed anche a Ripa. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: 16.0pt; line-height: 107%;">Seravezza
fino a quando non fu insanguinata dalla guerra con l’arrivo degli alleati, che avvenne dopo la metà di settembre del
1944, era popolata da uomini impegnati nei lavori sulle cave, lungo le vie a
lizza, nelle segherie, fonderie, officine, falegnamerie e in numerosi laboratori
del marmo, nei quali lavoravano scultori molto bravi.</span><br />
<span style="font-size: 16.0pt; line-height: 107%;"><br /></span>
<span style="font-size: 16.0pt; line-height: 107%;">Personalmente ricordo di
avere visto scolpire una copia della Pietà di
Michelangelo nel laboratorio sopra i telai della segheria del Salvatori, nel
periodo dopo la caduta del fascismo, vicino al molino del Bonci. Ho
rivisto la fantastica uccelliera che era davanti al bar di Angelo Battelli,
ubicato nella centrale piazza Carducci dietro il monumento ai Caduti, dedicato
all’uomo nudo di Seravezza che tiene alzato sopra la testa una grossa
pietra. Ho rivisto anche innalzarsi nel cielo il pallone aerostatico fatto
costruire da già citato Angelo Battelli, che sempre animava le feste seravezzine.
<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: 16.0pt; line-height: 107%;">Ho rivisto
anche la
criniera del monte di Ripa, senza più neppure una pianta di pino né un
arbusto: la cima crivellata
dalle cannonate e dai colpi di mortaio
sparati su quel terreno, pieno di trincee dei soldati americani della divisione
Buffalo, pareva fosse stata arata: non c’era rimasto un solo filo di erba
in quel punto a ridosso del formidabile
caposaldo difensivo creato dai tedeschi sulla cima del monte chiamata il
“Castellaccio”. </span><br />
<span style="font-size: 16.0pt; line-height: 107%;">Il giorno che percorsi
quel terreno respirai l’aria maleodorante dei resti dei soldati
americani sepolti vicini alle trincee in buche poco profonde e ricoperte con
poche palate di terra. </span><br />
<span style="font-size: 16.0pt; line-height: 107%;"><br /></span>
<span style="font-size: 16.0pt; line-height: 107%;">Era il lavoro che si svolgeva nella nostra terra che dava la vita alla
gente, anche se era davvero molto faticoso non solo per gli operai, ma
anche per i buoi
che tiravano i carri carichi di grossi blocchi di marmo dai poggi di
caricamento della Desiata, fino alle
segherie spronati anche dalle urla e dalle imprecazioni dei cavatori
che frustavano gli
animali.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: 16.0pt; line-height: 107%;">Quando ero
bambino le vie centrali di Seravezza venivano cosparse di ghiaia, motivo per cui
a causa del passaggio di carri e degli
autocarri si alzava molta polvere: per ridurre questo fastidioso fenomeno con
una autocisterna (mi pare che fosse del Comune) condotta dal figlio più grande
del barbiere del paese, di nome Scali,
sulle strade veniva spruzzata molta acqua con gli annaffiatoi applicati sulla
parte anteriore dell’autocisterna.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: 16.0pt; line-height: 107%;">Insieme al parroco di Seravezza, monsignor Angelo Riccomini,
partecipai, come chierichetto, alla benedizione della casa abitata dalla signora Teresa Pilli, mamma del professore Dino Bigongiari, che dal 1904 al 1950 fu docente presso la Columbia Università di New York.
La mamma di Dino ai primi tempi del 1940 era la donna più anziana di Seravezza. In quel tempo
era costretta a letto e veniva continuamente assistita, notte e giorno,
dalla mamma di Elena Tabarrani sorella
di Vincenzo, calciatore del
Seravezza (veniva indicato come Tabarrani II).<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: 16.0pt; line-height: 107%;">Voglio anche
accennare al famoso scrittore e poeta Enrico Pea, che nacque a
Seravezza nel 1881 e morì Forte dei Marmi nel 1958. La prima volta che lo vidi fu nel 1950: lo incontrai vicino
al ponte della Passerella. Aveva un passo svelto e una barba ben curata. </span><span style="font-size: 16pt; line-height: 107%;">Nei tempi in cui andavo a scuola seppi dal
mio coetaneo ed amico fraterno Gianfranco Pea che Enrico Pea era suo cugino. </span><br />
<span style="font-size: 16pt; line-height: 107%;"><br /></span>
<span style="font-size: 16pt; line-height: 107%;">Il professor Paolicchi nei suoi scritti
ha ben evidenziato il pensiero di Pietro Pancrazi, che collocando Enrico Pea fra gli scrittori d’eccezione, sottolineò che costoro “scrivono come
detta dentro e basta”. Poi, chiedendosi come il Pea avesse imparato l'arte, osservò che se fosse stata rivolta a lui questa domanda “si sarebbero visti gli occhi commossi del Pea rivolti al cielo per
farci capire il suo riferimento alla Provvidenza”.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: 16.0pt; line-height: 107%;">Quando
frequentavo le scuola elementare venni a
sapere che un seravezzino insegnava ai giovani americani in una famosa università: non riuscivo a comprendere come fosse potuto
accadere un fatto del genere. Mi sembrava, all'epoca, una cosa davvero incredibile.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: 16.0pt; line-height: 107%;">Renato
Sacchelli<o:p></o:p></span></div>
.http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5043157401563757662.post-41417121340736879402016-05-18T16:02:00.003+02:002016-05-18T16:15:06.062+02:00ENZO TORTORA, PER NON DIMENTICARE<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiPxUGI0EkoRVXGu7cosvk8ApXDNgCJpNFzSlQUy5pMiWkEj4qLrwNqs-QR3i7zrMstYO4FhSfGZUWcSdDn-PYNGHZzs2hr6nGdTBc6EgMaVAK-LSJSZWW7FvbodXFSZ_vNbrwDGjvHoi8i/s1600/TORTORA_ARRESTATO.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="241" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiPxUGI0EkoRVXGu7cosvk8ApXDNgCJpNFzSlQUy5pMiWkEj4qLrwNqs-QR3i7zrMstYO4FhSfGZUWcSdDn-PYNGHZzs2hr6nGdTBc6EgMaVAK-LSJSZWW7FvbodXFSZ_vNbrwDGjvHoi8i/s320/TORTORA_ARRESTATO.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<i>Desidero ricordare l'anniversario della morte di Enzo Tortora, avvenuta il 18 maggio 1988, pubblicando sul mio blog la cronistoria della sua odissea nella giustizia. Bersagliato da accuse infamanti, dopo un lungo calvario riuscì a veder riconosciuta la propria innocenza, ottenendo l'assoluzione con formula piena. Le tappe di questa triste vicenda sono state sintetizzate da sua figlia Silvia in un articolo che fu ripubblicato da un gruppo di fantastici studenti universitari della facoltà di Scienze Politiche di Pisa, nel loro foglio che si chiamava "IL" (Informazione Liberale).</i><br />
<br />
- <b>17 giugno 1983</b> - Alle quattro e un quarto del mattino, Enzo Tortora viene arrestato all’Hotel Plaza di Roma dove alloggia temporaneamente per le registrazione del programma di Retequattro Italia Parla, condotto con Pippo Baudo. Portato alla questura Centrale , Tortora attende ( nonostante che sia stato colpito da un collasso cardiaco) fino alle ore 11 di essere trasferito al carcere di Regina Coeli. L’accusa non la conoscono nemmeno in Questura. Hanno eseguito un ordine d’arresto, spiccato dalla Procura di Napoli, per associazione a delinquere di stampo camorristico, finalizzata al traffico di armi e stupefacenti. Appena lascia la Questura in manette Tortora si trova davanti a centinaia di giornalisti, teleoperatori e fotografi. La sua foto, con i ferri ai polsi, fa il giro del mondo.<br />
<br />
- <b>27 giugno 1983</b> – I giudici napoletani Lucio Di Pietro e Felice Di Persia arrivano a Roma per il primo interrogatorio. Sono passati 10 giorni dall’arresto e la notizia di Tortora in carcere mantiene le prime pagine sui giornali. Si parla di affiliazione alla Nuova Camorra Organizzata. Il nome di Tortora sarebbe stato fatto da due camorristi pentiti: Pasquale Barra e Giovanni Pandico.<br />
<br />
- <b>15 agosto 1983</b> - Enzo Tortora viene trasferito dal carcere di Regina Coeli a quello di Bergamo, più attrezzato clinicamente: le sue condizioni di salute, infatti, stanno peggiorando.<br />
<br />
- <b>29 settembre 1983</b> - A Bergamo si svolge il secondo interrogatorio di Tortora dopo tre mesi e mezzo di detenzione. Lo conduce il Giudice istruttore Giorgio Fontana. A Barra e Pandico si è aggiunto un certo Margutti; sedicente pittore che avrebbe visto coi suoi occhi Tortora spacciare droga negli studi di una emittente privata. Inoltre il numero telefonico del presentatore sarebbe stato rinvenuto nell’agendina di un malavitoso di nome Giuseppe Puca, rinchiuso in un carcere di Lecce. Tortora nega ogni addebito.<br />
<br />
- <b>1 ottobre 1983 </b>- Il Corriere della Sera pubblica un articolo, a firma di Adriano Baglivo, nel quale si accusa Tortora, tra l'altro, di essere proprietario di yacht e di avere rubato i fondi destinati ai terremotati dell’Irpinia, raccolti attraverso alcune trasmissioni televisive. In seguito il giornalista viene condannato per diffamazione.<br />
<br />
- <b>17 gennaio 1984</b> - Enzo Tortora lascia il carcere di Bergamo per tornare a casa sua a Milano. Gli vengono concessi gli arresti domiciliari. Dopo poco viene ricoverato per accertamenti in una clinica.<br />
<br />
- <b>4 febbraio 1984</b> - Ha inizio a Napoli il processo di primo grado. Durerà 7 mesi, 67 udienze e una settimana di sedute in camera di consiglio. Nel frattempo Tortora che si è visto revocare gli arresti domiciliari, frequenta regolarmente il Parlamento europeo.<br />
<br />
- <b>9 marzo 1984</b> - Tortora viene trasportato in ambulanza da Milano a Napoli. Nel frattempo le sue condizioni di salute sono peggiorate e nonostante che i medici gli sconsiglino il viaggio , accetta di sottoporsi, nella caserma Pastrengo di Napoli ad un confronto con due nuovi pentiti Gianni Melluso e un certo Andrea Villa che viene presentato a Tortora , con un cappuccio nero in testa. Alla presenza dei giudici Tortora nega qualunque circostanza o conoscenza con i due pregiudicati. Dopo venti ore di viaggio in ambulanza Tortora torna alla clinica città di Milano.<br />
<br />
- <b>5 maggio 1984</b> -Tortora annuncia la sua intenzione di candidarsi nelle liste del Partito Radicale alle elezioni per il Parlamento Europeo. La proposta è partita da un vecchio amico Marco Pannella . il mondo politico accoglie la notizia con atteggiamenti differenti. Viene evocato il caso di Toni Negri che una volta eletto nelle liste radicali preferì fuggire in Francia.<br />
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- <b>17 giugno 1984</b> - Dopo sette mesi di carcere, quattro di arresti domiciliari in casa e un mese agli arresti in ospedale, Enzo Tortora viene eletto eurodeputato al Parlamento europeo con oltre 500 mila preferenze , battendo perfino Marco Pannella,. Prima delle elezioni indirizza una lettera al Manifesto, nella quale annuncia: “Mi dimetterò da parlamentare e mi farò processare da privato cittadino . Pronto anche a rientrare in carcere se necessario”.<br />
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- <b>17 luglio 1984</b> - Il Tribunale di Napoli emette l’ordinanza di rinvio a giudizio per 640 imputati (87 nel frattempo hanno ottenuto la libertà perché il provvedimento era frutto di errori). La sentenza di rinvio è di 1426 pagine, 66 delle quali dedicate a Enzo Tortora.<br />
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- <b>17 settembre 1985</b> - Tortora viene condannato a dieci anni e sei mesi di reclusione.<br />
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- <b>17 novembre 1985</b> - Cade Il governo Craxi. Dopo tre giorni il “camorrista” Tortora va al Quirinale in qualità di Presidente del Partito Radicale per le consultazioni di rito con il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga<br />
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- <b>10 dicembre 1985</b> - Tortora pronuncia in francese il discorso di addio al Parlamento europeo.<br />
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- <b>29 dicembre 1985</b> – Il presentatore si consegna alle forze dell’ordine in piazza Duomo a Milano. Viene accompagnato senza manette stavolta a, casa sua, ancora una volta agli arresti domiciliari.<br />
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- <b>14 gennaio 1986</b> – Viene depositata la sentenza di condanna. Sei volumi, 267 pagine su Tortora definito “socialmente pericoloso”, nonché cinico mercante di morte”. Il pm Diego Marmo sostiene che la sua nomina al Parlamento europeo sarebbe frutto di voti della camorra.<br />
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- <b>20 maggio 1986</b> – Comincia il processo d’appello a Napoli, alla quinta Sezione del Tribunale.<br />
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- <b>1 Settembre 1986</b> - L’avvocato Della Valle pronuncia l’arringa di difesa della durata di sette ore. Radio Radicale manda in onda tutto il processo di secondo grado così- com'era avvenuto per il primo. Tortora parlerà l’11 settembre, concludendo rivolto ai giudici: “ Io sono innocente. Spero lo siate anche voi”.<br />
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- <b>15 settembre 1986</b> - La corte pronuncia il verdetto alle undici di mattina. Enzo Tortora è ASSOLTO CON FORMULA PIENA. Dopo 1185 giorni di odissea nell’ingiustizia.<br />
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- <b>20 febbraio 1987</b> – Dopo una serie di serrate trattative con la Rai e con la Fininvest. Tortora torna in Tv. Sceglie la Rai perché dispone della diretta. Su Raidue Tortora riappare con Portobello, il mercatino del venerdì che dal 1977 al 1983 registrò il record d’ascolto della televisione italiana (28 milioni nell’ultima edizione del 1983). La prima frase pronunciata da Tortora, dopo un lunghissimo applauso iniziale, fu questa: “Dove eravamo rimasti?”.<br />
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- <b>17 giugno 1987</b> - La prima Sezione della Corte di cassazione conferma la Sentenza di assoluzione piena formulata nel processo di appello.<br />
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- <b>18 maggio 1988</b> – Nella sua casa di Milano, Enzo Tortora muore stroncato da un tumore, a 59 anni. Ai suoi funerali celebrati a Sant’Ambrogio, partecipano migliaia di cittadini. Poco prima di morire Tortora aveva presentato una citazione per danni contro i magistrati napoletani, in base alla nuova legge sulla responsabilità dei giudici. La cifra richiesta fu di cento miliardi. Non gli è mai stato riconosciuto il diritto al risarcimento. Il Csm archivia il caso Tortora non ritenendo responsabili i magistrati che lo hanno trasformato da cittadino per bene a mostro ”socialmente pericoloso”.<br />
<i>Silvia Tortora</i>.http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5043157401563757662.post-85997676286686388232016-04-25T19:43:00.006+02:002016-04-25T19:44:08.487+02:00Basta disgrazie sulle cave<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5_mDFe4dlzACjM2e3OdnDHWCFi7waxSyJAq7VNm6_FCZKurlAdDOisgR5_AU__PsWhoKAkGrozhr1slbg236nsW4J9_6C6HykJBY9kzWKX0LN14UXitRMkA4GibkXzPt93hIx04tfiBXV/s1600/cave_carrara.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5_mDFe4dlzACjM2e3OdnDHWCFi7waxSyJAq7VNm6_FCZKurlAdDOisgR5_AU__PsWhoKAkGrozhr1slbg236nsW4J9_6C6HykJBY9kzWKX0LN14UXitRMkA4GibkXzPt93hIx04tfiBXV/s320/cave_carrara.jpg" width="320" /></a></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: 16pt;">L'ultima disgrazia sulla cava di <a href="http://iltirreno.gelocal.it/massa/cronaca/2016/04/14/news/grave-incidente-alle-cave-di-marmo-a-carrara-1.13296239" target="_blank">Colonnata (Carrara)</a> mi ha fatto tornare alla mente l'angoscia che provavo quando andavo a scuola, più di ottant’anni fa, mentre udivo i forti
boati causati dalle mine che i cavatori facevano esplodere
sui monti intorno a Seravezza. Chi gestiva le cave non informava la popolazione sulle esplosioni. Così, ad ogni schianto, la paura era forte. In particolare udivamo i boati provenienti dalle cave del Monte Costa, che si trovavano proprio davanti ai due
plessi scolastici che in quegli anni della
mia fanciullezza frequentai.</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: 16pt;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: 16pt;">Mio
padre, quando ero bambino, lavorava su una cava del Trambiserra.
Chissà se si trattava della stessa cava dalla quale furono
estratte le colonne di marmo da applicare sulla facciata della chiesa
di San Lorenzo di Firenze, che fu disegnata da
Michelangelo ma mai realizzata.</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: 16pt;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: 16pt;">Sì, tremavo quando udivo quei boati, perché pensavo ai gravi rischi che
correvano i cavatori, sapendo che molti uomini avevano perso la vita
rimanendo schiacciati sotto i blocchi di marmo estratti dalle
montagne. </span>
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: 16pt;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: 16pt;">Se
ben ricordo, verso la fine del 1939 (o all’inizio del 1940) tre
uomini morirono sul monte Costa, schiacciati sotto un blocco di marmo
appena staccato dopo la varata. Fra i cavatori morti c’era
anche il babbo di un mio compagno d’asilo e dopo di scuola, di
cui ricordo soltanto il cognome, si chiamava Donati. Avevo
conosciuto tutto il suo nucleo familiare, quando la titolare del
telefono pubblico di Seravezza mi chiese, un tardo pomeriggio, di
portare al signor Donati, abitante al Loghetto, il testo </span><span style="font-size: 16pt;">di
una chiamata telefonica </span><span style="font-size: 16pt;">a
lui</span><span style="font-size: 16pt;"> indirizzata. </span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: 16pt;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: 16pt;">Era l’ora di cena. Entrato in casa vidi la tavola con al
centro, su una tovaglia bianca, una polenta ancora fumante da
tagliare, proprio mentre questa famiglia stava per iniziare a
mangiare. Negli anni 90 del secolo scorso, il grande invalido del
lavoro Marino Lorenzoni, abitante vicino al Borgo dei
terrinchesi accanto all’abitazione del mio babbo, mi fece leggere
un libretto che anni prima aveva fatto stampare il parroco di Arni, dove il Lorenzoni era nato. Rimasi impressionato nel leggere i tanti
nomi degli arnini e delle località vicine, morti in seguito alla
disgrazie accadute mentre espletavano il loro duro lavoro sulle cave
dell’alta Versilia.</span></div>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: 16pt;">Il
lavoro è vita e credo che chi dirige qualsiasi attività lavorativa dovrebbe fare il possibile per evitare che non
avvenissero più disgrazie mortali causate da disattenzioni, che fanno sprofondare nel dolore i familiari
delle vittime e feriscono l’intera umanità.</span></div>
.http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5043157401563757662.post-20122923125794480302016-04-07T19:59:00.000+02:002016-04-08T16:42:27.279+02:00Riflessioni sull'amoreSi parla tanto di questo sentimento che dovrebbe unire ed
affratellare tutti i popoli della terra, senza più divisioni
ideologiche, steccati, muri, frontiere e lotte di classe.<br />
Ciò che invece sta accadendo a Beirut, in Iraq, in Iran ed in altre nazioni di questo piccolo mondo,
ci farebbe dubitare della sua esistenza, almeno a quei livelli, se
non fossimo, nel contempo, testimoni di esempi luminosi di amore che
ogni giorno delicate creature, come suor Teresa di Calcutta , tanto
per citarne una, manifestano nei confronti di masse di persone
ammalate o afflitte dalla fame<br />
Altri esempi della specie ci vengono forniti da coloro che
lottano a difesa dei diritti dell’uomo, primo fra i tanti, quello
relativo alla libertà, senza la quale non ci può essere nemmeno
l’amore.<br />
Quindi l’amore esiste sin dal giorno in cui l’uomo è stato
creato.<br />
E’ realtà di sempre e non un sogno irreale.<br />
L’uomo, generato da un atto di amore, è il simbolo e l’emblema di questo sentimento, comune peraltro a tutti gli altri
essere viventi.<br />
Cristo, morto inchiodato sulla croce, rappresenta per coloro che
credono nei valori genuini e più autentici, che la vita non è solo terrena ma eterna, la più alta manifestazione
di amore nei confronti di tutto il genere umano.<br />
Nel giorno in cui si festeggia San Valentino, per antica
tradizione il santo patrono degli innamorati, cessando, per, un
momento, ma solo per un attimo, di pensare alla guerra, ai nostri
fratelli palestinesi che assediati nei loro campi profughi a Beirut,
sono costretti, per sopravvivere, a nutrirsi con la carne
delle persone uccise durante i sanguinosi scontri , voglio ricordare quanto è sublime l’amore che unisce una coppia.<br />
Stare insieme, avere rispetto, l’uno verso l’altra e
viceversa, avere figli, ricevere e donare carezze e baci, sono
frutti che solo l’amore può darci.<br />
Ma l’amore non ha limiti. Esso si manifesta in tutti i
campi della nostra vita.<br />
E’ amore lavorare; seminare la terra, far crescere le piante; impedire che i fiumi i laghi ed i mari siano inquinati dai
rifiuti di ogni genere. E’ una dimostrazione di amore anche questa odierna cerimonia che ci consente di esprimere le nostre gioie,
le ansie e le angosce del nostro tempo inquieto.<br />
Ma amore non significa dover subire passivamente le violenze
e i soprusi degli uomini ingiusti.<br />
Amore significa anche impugnare la spada, così come
fece l’Arcangelo Gabriele per sconfiggere il demonio che, annidandosi dentro l’uomo, è riuscito ad assopire la sua coscienza.
<br />
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<br />
P. S. Questo è il mio primo articolo che fu pubblicato su "Il Dialogo" (aprile 1987), mensile cattolico versiliese diretto e fondato dal compianto don Florio Giannini, che
ha già raggiunto da alcuni anni la Casa del nostro Padre Celeste.<br />
Visto che il tema trattato in questo articolo mi sembra ancora oggi attuale, ho voluto ripubblicarlo sul mio blog, per onorare la memoria di Don Florio..http://www.blogger.com/profile/15255313045000939717noreply@blogger.com0