sabato 24 dicembre 2016

Auguri a tutti e viva il Presepio!

Da bambino vedere il Presepio nelle chiese della mia terra, la Versilia, ed anche in qualche abitazione privata, mi ha sempre fatto provare delle bellissime sensazioni. Ricordo quando, insieme alla mamma e a mio fratello Sergio, visitai per la prima volta quello allestito nella chiesa di Vallecchia, l'antica Pieve di Santo Stefano. Era stato preparato utilizzando statuine vecchie di secoli e, proprio per questo motivo, di grande valore. La nascita di Gesù bambino deve aver commosso molto il cuore di San Francesco d'Assisi, che fu il primo uomo al mondo a pensare di dare vita, nel 1223, ad una rappresentazione iconografica della Natività.

 Ai tempi in cui frequentavo l'asilo infantile Delatre di Seravezza, in una fredda serata invernale, vicina alle feste natalizie, dopo cena mia mamma, appena sparecchiata la tavola, nella cucina annerita dal fumo del camino e scarsamente illuminata da una lampada a petrolio, pose una scatola sulla tavola. La aprì e vidi che al suo interno erano state avvolte con minuziosa cura, nella carta di giornale, diverse statuine di gesso che sarebbero servite per allestire il Presepio. Le aveva acquistate in un negozio seravezzino. Rivedo i volti gioiosi del babbo e della mamma e i bagliori sprizzanti dai loro occhi felici quando notarono che quel dono aveva riempito di gioia il cuore dei loro due bambini (gli altri due miei fratelli ancora dovevano nascere). In quel periodo mio padre lavorava su una cava del Trambiserra. Quando a causa del brutto tempo, specie d'inverno, non poteva raggiungere il posto di lavoro, la mamma soffriva perché sapeva che senza i soldi guadagnati da mio padre lei non avrebbe potuto pagare la spesa che faceva ogni giorno per darci da mangiare, non essendovi, purtroppo, altre entrate nella nostra famiglia.

Fortunatamente i titolari delle botteghe segnavano su un apposito registro gli importi della spesa fatta, annotando ovviamente anche la data. E appena i cavatori ricevevano la “quindicina” (si riceveva il salario ogni due settimane) andavano a saldare il conto. Si deve al credito fatto da queste botteghe se negli anni della mia fanciullezza, ed anche in quelli delle precedenti e successive generazioni, molte famiglie sono riuscite a sopravvivere dignitosamente. Mia madre per molti anni si servì della bottega di generi alimentari situata a Riomagno, gestita dalla signora Onorina e da suo marito, un invalido, non ricordo se del lavoro o di guerra. Il bellissimo Presepio ricevuto in dono dai miei genitori mi ha sempre fatto pensare ai sacrifici che devono aver fatto per comprarlo, viste le loro ristrettezze economiche. Quando i tedeschi, nella tragica estate del 1944, fecero saltare in aria molte case di Seravezza, da Riomagno alla Fucina, sotto il Monte Canala e lungo la criniera del Monte di Ripa, tra le quali, al Ponticello,  vi era anche la nostra casa, radendo al suolo anche Corvaia e Ripa, anche il mio Presepio finì sotto un cumulo di macerie.

Ho sempre pensato alla sacralità delle feste natalizie, per questo resto di stucco ogni volta che leggo le polemiche sui Presepi “negati” nelle scuole o in altri edifici pubblici. Trovai incredibile, qualche anno fa, la notizia che un grande magazzino italiano avesse deciso di cessare la vendita delle statuine, quasi che quell'articolo, “passato di moda”, non fosse più desiderabile dai clienti. E rimasi addirittura allibito quando appresi che in una località vicina a Pordenone mani ignote avevano sottratto da un Presepio la statuina di Gesù bambino, che fu ritrovata impiccata all'interno di un cimitero. Sono stato battezzato e credo nel Signore, anche se ho profondo rispetto nei confronti di chi professa religioni diverse da quella cristiana, o non crede affatto. Non mi piace però che in nome del principio sacrosanto della laicità si impediscano, come purtroppo è avvenuto, le benedizioni degli studenti (nei periodi di Pasqua o di Natale) all'interno di alcune scuole pubbliche.

Credo sia una triste quanto inutile sopraffazione. Chi professa la propria fede va rispettato. A maggior ragione tenuto conto che la fede, nel caso specifico, fa parte anche della nostra cultura (“non possiamo non dirci cristiani”, diceva Benedetto Croce). Auspico l'approvazione di una legge che tuteli chi, nel proprio Paese, intende continuare a festeggiare le antiche tradizioni popolari della nostra fede, che dovrebbero essere viste con piacere e rispetto anche dagli stranieri non cristiani che, per vari motivi, si trasferiscono da noi. L'integrazione parte anche dal rispetto. Che deve essere reciproco, ma senza che ognuno sia costretto, stupidamente, a negare la propria identità.

Renato Sacchelli  

giovedì 22 dicembre 2016

Il Feroce Saladino e il sogno di un bambino

Verso la fine degli anni 30 insieme al mio amico Gianfranco Pea (purtroppo scomparso qualche anno fa), con cui frequentai l’asilo e successivamente la scuola elementare, ci demmo molto da fare per trovare una rara figurina chiamata "il Feroce Saladino".

Noi ragazzi del Ponticello non avevamo nemmeno pochi spiccioli per comprare un pallone, tant’è che giocavamo con un involucro rotondo fatto con la carta avvolta con gli stracci. Poter avere le bellissime figurine prodotte dalle ditte più importanti dell'epoca (Perugina, Barilla, Liebig e molti altri famosi marchi) per noi ragazzi era un vero e proprio sogno.

Una mattina, mentre passavo davanti alla casa dove abitava la famiglia Speroni, mi sentii chiamare dal loro giovane figlio, William, che aveva qualche anno più di me. Insieme al suo babbo era nel fondo che avevano al piano terra della loro casa: si accingevano a fare il trasloco per trasferirsi nella nuova abitazione, fatta costruire vicino alla sala cinematografica, in cima alla strada che conduce al Palazzo Mediceo, allora sede del Comune di Seravezza.

Appena entrai William mi disse subito che voleva regalarmi delle figurine che aveva raccolto e conservato negli anni. Mi parve di cogliere un leggero sorriso sul volto di suo padre, quando ascoltò la generosa offerta che mi aveva fatto suo figlio. Un dono che mi rese felice come non mai.

Purtroppo quando gli operai della Todt fecero saltare in aria le case di una parte di Seravezza, tra le quali la mia, tutte quelle figurine finirono sotto le macerie, insieme ad altri bei ricordi dell'infanzia.

E ora che William e i suoi genitori sono nella casa del nostro Padre Celeste, amo ricordarli tutti come persone buone e giuste. Ciao William!
Renato Sacchelli