domenica 26 agosto 2012

UNA NUOVA LUNA PER SOGNARE




















Per tantissimi anni
l'uomo ha sognato e cantato
dolci canzoni d'amore
che facevano vibrare
il cuore degli amanti
che vivevano passioni ardenti
sotto il lume
della risplendente,
rossa, verde, pallida, 
sorridente luna.
Ce n'era una
anche algerina.

Quando Neil Armstrong
sceso dal Lem,
posò i piedi sul suolo lunare,
cosparso di polvere e sassi.
e constatò che tutto intorno
era grigio e nero
finì per gli uomini
il fantastico sogno
che durava fin dall'antichità:
arrivare fin lassù
per amare donne dalla pelle chiara di luna.

Era il ventuno luglio
millenovecentosessantanove,
ore quattro e cinquantasei.
 Da allora l'uomo avverte
un gran bisogno
di scoprire una nuova luna
per continuare a sognare,
amare e cantare.


venerdì 24 agosto 2012

Alfredo e Violetta al mare nel golfo dei Buratti



 terza puntata

Mantenendo fede alla sua promessa Alfredo, la domenica successiva a quella in cui aveva conosciuta la bella Violetta,
arrivò puntualmente a Livorno davanti al monumento dei quattro Mori. Lì ad aspettarlo c'era già Violetta che quando vide apparire la macchina del giovane versiliese avvertì una intensa felicità. Sceso dal mezzo i due si scambiano affettuosi abbracci e baci. La donna ha con sé un piccolo frigo contenente bevande analcooliche, cibo e dolciumi , il tutto da lei fatto in casa. 
Alfredo, saputo quanto c'era dentro il frigo, dice a Violetta che arrivati al mare, dovrà lasciarlo nel bagagliaio dell'autovettura perché è intenzionato a offrirle un pranzo nel più bel ristorante della zona. "Ma perché vuoi spendere tanti soldi, ho preparato cibo ottimo che mi farebbe piacere che lo assaggiassi". "Violetta non insistere, non negarmi la gioia di offrirti questo pranzo, ci tengo tanto. Via, sali in macchina e andiamo".

Alfredo, che guida osservando le norme stabilite, arriva senza alcuna difficoltà nel fantastico golfo dei Buratti, facilitato da Violetta che ben conosce la località.
Nella zona ricca di alte piante verdeggianti, trovano subito un ristorante aperto, davanti al quale ci sono ombrelloni, sedie e lettini. Così prenotano il pranzo e un ombrellone con due sdraio.
Nella cabina Violetta si spoglia e si mette un tanga, mentre Alfredo indossa un costume.
I due prima di sdraiarsi sotto l'ombrellone decidono di fare una passeggiata. Il tanga di Violetta fa ancor di più risaltare la bellezza del suo corpo. Si stringono felici le mani mentre camminano sul fondo ferroso di quelle acque, dove al tempo degli Etruschi veniva fuso il ferro.

Alfredo appena sfiora col suo corpo quello di Violetta la giovane emette un grido: "Ahi! Ahi..". "Ma come, non ti ho neppure toccata e già gridi" le dice Alfredo. "Scusami, appena ti sei avvicinato mi è parso di avere urtato contro un paletto di ferro... non mi sento bene, senti come scotto".
Appena Alfredo posa sulla fronte di Violetta la sua mano, esclama: "Bruci da morire. Ti porto subito al pronto soccorso di Livorno, non c'è tempo da perdere". Una cameriera del ristorante aiuta Violetta a togliersi il tanga ed a indossare il vestito. Anche Alfredo si toglie il costume, si mette i pantaloni e, a torso nudo, inizia la corsa per raggiungere Livorno, dopo aver provveduto a far distendere Violetta sul sedile destro della sua auto. Mentre guida Alfredo pensa che mai avrebbe immaginato di utilizzare i sedili pieghevoli per trasportare la donna che ama addirittura al pronto soccorso. Ben altri, come si può capire, erano i suoi sogni.
Appena arrivata all'ospedale la giovane viene subito visitata. I medici decidono di sottoporla ad un intervento immediato di appendicectomia per evitare che il male si trasformi in peritonite. Trovato il numero telefonico dei genitori della ragazza, trascritto su una agendina di Violetta conservata nella sua borsetta, Alfredo li avverte che la loro figlia è all'ospedale per accertamenti, essendosi sentita improvvisamente male mentre stava con lui al mare. Così Alfredo conosce i genitori di Violetta giunti trafelati all'ospedale.
Appena il gruppo incontra il chirurgo che ha operato la ragazza questi li informa che l'intervento è perfettamente riuscito e quindi non ci sono preoccupazioni di sorta, pertanto li invita a stare assolutamente tranquilli.
Dopo qualche ora di attesa Alfredo entra nella corsia per salutare Violetta. Il loro incontro è particolarmente commovente. Entrambi si lasciano con la promessa di rivedersi presto anche per tornare al golfo di Buratti, quando suggelleranno il loro amore unendosi in matrimonio.
                                        FINE
                            
                                   

Racconto di Nello Staccherai - anagramma di Renato Sacchelli

mercoledì 22 agosto 2012

ALFREDO E VIOLETTA

                                                           -  seconda puntata -


Alfredo dopo due domeniche da quando aveva incontrato a Ripa i pisani che aveva conosciuto nella locale sala da ballo, decise che il pomeriggio della terza settimana lo avrebbe trascorso a Pisa sperando di conoscere qualche bella ragazza con cui trascorrere un lieto pomeriggio.

Intorno alle 16 arriva nella città della Torre pendente a bordo della sua Fiat 850 carrozzata Pininfarina, acquistata usata e con i sedili anteriori da lui modificati avendoli resi pieghevoli per rendere l'interno dell'autovettura più confortevole.

Parcheggiata l'auto nella piazza davanti alla stazione centrale delle ferrovie si dirige verso l'edificio dal quale provengono le musiche che gli fanno capire che lì c'è una sala da ballo.
Appena entrato, dopo aver pagato il biglietto che non viene richiesto alle donne, Alfredo adocchia subito una bionda e bella signorina alla quale si avvicina chiedendole : “Balliamo?”Lei lo guarda negli occhi e subito i due giovani si lanciano in pista.
Alfredo sente il giovane corpo della donna fremere. Anche lei è sensibile al fascino del versiliese.Entrambi sono chiaramente soddisfatti di essersi conosciuti. Ballano ripetutamente sempre insieme, non vorrebbero mai staccarsi. Durante una sosta fra un ballo e l'altro Alfredo chiede alla giovane come si chiama e cosa fa di bello'. “Mi chiamo Violetta e sono una commessa dell' UPIM di Livorno. Amo il Mare e, come vedi mi piace molto anche ballare”. “Violetta, Violetta, mi fa pensare all'opera  di Giuseppe Verdi, intitolata La Traviata,  dove Violetta canta il suo inno di amore Amami Alfredo...”.
I miei genItori si conobbero al teatro in occasione della rappresentazione dell'opera di Verdi.e così quando io nacqui mi vollero chiamare Violetta” puntualizza la giovane ad Alfredo che subito le risponde: E' molto bella la storia che mi hai appena accennato. Voglio festeggiare questo incontro con un bicchiere di champagne che ordina al cameriere che serve i giovani seduti ai rispettivi tavoli.
Champagne?, Non l'ho mai bevuto, in casa, abbiamo festeggiato liete ricorrenze soltanto con lo spumante italiano, le fa presente Violetta.
Sono felice che per la prima volta lo sorseggi insieme a me.. Alla nostra salute entrambi dicono i due giovani quando alzano i bicchieri prima di bere lo champagne. “E anche alla nostra felicità, aggiunge Alfredo.” Bravo, hai detto una parola stupenda che mi ha colpito, peccato che tra poco devo prendere il treno per ritornare a casa”.
Ti accompagno con la mia macchina, non ci sono problemi stiamo ancora un po' insieme, facciamo ancora qualche ballo”, insiste Alfredo.
Quando decidono che è il momento di lasciare la sala da ballo, Alfredo accompagnato dalla ragazza arriva nell'area di parcheggio dove ha lasciato la sua auto. Apre la portiera dell'auto e dice a Violetta se vuole vedere come funzionano i sedili anteriori da lui costruiti. . “Non voglio vederli, non vorrei rimanerci ...stritolata, risponde Violetta”. A questo punto fra loro scoppia una grande risata.
Durante il breve tragitto Alfredo manifesta alla ragazza il desiderio di rivederla, motivo per cui fra sette giorni ritornerà a Pisa se a lei farà piacere. Sarò felice di rivederti presto. Ma che domanda mi fai' le risponde Violetta Ascoltami, Sarei felice se si trascorresse qualche ora insieme al mare. Conosco una spiaggia antica che fu abitata dagli etruschi. Parlo dello stupendo golfo dei Buratti dove si possono vedere anche le tombe di questo popolo antico  che abitò in  quella località. Accontentami Alfredo.
Violetta che bella idea hai avuto. Dimmi l'ora e il luogo dove possiamo incontrarci per arrivare a questo famoso golfo”. “Ti aspetterò davanti al monumento ai quattro Mori alle ore 9”. Prima di arrivare a Livorno Alfredo rallentata la marcia si ferma in una piazzola al lato della strada. Violetta, ascoltami prima che tu scenda . voglio dirti che mi piaci da morire. Anche a me piaci, amami Alfredo, a questo punto le loro labbra si uniscono per scambiarsi frenetici baci. L' ultimo è lungo, tanto da togliere il respiro a Violetta che con fatica riesce a mormorare “Alfredo i tuoi baci ardenti hanno acceso al massimo il mio amore per te. Quando Alfredo riaccende il motore Violetta le dice che dovrà scendere nei pressi della stazione dove abita la sua famiglia. Ivi giunti Alfredo spegne il motore Scende dall'auto e saluta Violetta ,”Arrivederci. ..Arrivederci a domenica prossima. Ciao Alfredo, ti aspetto non vedo l'ora di rivederti, le dice Violetta.  Ma non riescono a staccarsi. Le loro labbra si uniscono ancora per scambiarsi ancora tanti teneri  baci.                            
                                           continua
Nello Staccherai

venerdì 3 agosto 2012





Ricordo di Duilio Angelini

Parlando al telefono con mio fratello Sergio, abitante a Ripa, sono stato informato che era deceduto il noto seravezzino novantatreenne Duilio Angelini che entrambi conoscevamo sin da ragazzi.
Ricordo Duilio quando da “giovanétto” consegnava alle botteghe di generi alimentari di Seravezza, il pane prodotto da forno per cui lavorava . Trasportava il grosso cesto sul manubrio della bicicletta. La sua pedalata nelle vie polverose del centro urbano non asfaltato, era sempre vigorosa.
Era molto ammirato per quanto faceva dalla clientela dei negozi che riforniva puntualmente ogni giorno di pane appena cotto. Il ricavato di questa sua attività credo che, da buon figlio, lo abbia impiegato per aiutare la famiglia a farlo studiare fino a diplomarsi, se non mi sbaglio, in ragioneria
Lo rividi a Giustagnana dove anche lui con la famiglia era sfollato nell'estate del 1944. Quando mio padre decise di scappare da quella località, nella quale anche noi ci eravamo rifugiati, si caricò sulle spalle mia madre, ferita dalle schegge dei colpi di mortaio che colpirono Giustagnana subito dopo l'arrivo dei soldati americani della divisione Buffalo. Con me e altri tre figli valicammo Montornato e attraversammo Valdicastello per raggiungere Capezzano Pianore dove suo fratello Dario lavorava in un frutteto di proprietà di una coppia di sposi che disponevano di un piccolo casottino adibito a ripostiglio di attrezzi che era attaccato ad un pollaio. I proprietari furono lieti di metterlo a disposizione della nostra famiglia. Qualche notte dopo mentre dormivamo distesi su un giaciglio di paglia, udimmo in lontananza il lugubre canto di una civetta. Anche nella notte successiva la sentii nuovamente cantare ancora più vicina. Il giorno dopo, per la terza volta consecutiva, ritornò a far sentire il suo brutto canto; si era cosi avvicinata al nostro casottino tanto da farmi pensare che forse era scesa sul suo tetto.
L'indomani la mia mamma incontrò Duilio a Capezzano Pianore che aveva raggiunto coi suoi familiari dopo essere fuggito anche lui da Giustagnana. Fu proprio Duilio a dare la notizia della morte di mia nonna a mia madre che era la sua terzogenita, che avevamo lasciato lassù e che una sfollata di Seravezza, coniugata e con una figlia, mi pare di ricordare, si era impegnata ad assisterla.A lei fu lasciato quello che ci era rimasto da mangiare, comprese le due scatolette di carne congelata che avevo avuto dagli americani per le due pesanti cassette che gli avevo portato, prese dal loro deposito sito a Valventosa all'inizio della mulattiera per Gallena.   Piansi a dirotto e soffrii un dolore cocente ancora vivo nel mio cuore. Lo scrissi anche al signor Presidente della Repubblica quando esaminò il carteggio che lo ha portato a concedere la medaglia di argento al Valor civile alla città di Seravezza. Alla mia lettera a sostegno della richiesta del signor sindaco Ettore Neri che aveva chiesto la concessione della medaglia d'oro, allegai la mia poesia dialettale dedicata alla mia cara nonna, intitolata “Morì senza nimo accanto”.

Il canto della civetta udito per tre notti consecutive seguito dalla notizia della morte di mia nonna, mi confermò che questo uccello era davvero di malaugurio.

Nel 1948 iniziai a scrivere quello che doveva essere il mio primo romanzo in cui parlavo di cavalieri impegnati nella difesa di uomini sfruttati e abbandonati al loro triste destino. .Di questo manoscritto che avevo pensato di farlo vedere a Duilio, in quel tempo corrispondente de La Nazione o del Telegrafo, per avere una parola di incoraggiamento a continuare a scrivere nulla mi è rimasto.Quel giorno che andai a cercarlo in via Bastia dove abitava non lo trovai. Cessai di scrivere quando l'anno successivo mi arruolai nel Corpo della Guardia di Finanza


Mio cugino Marcello Bandelloni ex guardia frontiera e poi passato nell'Arma dei Carabinieri, dove prestò onorato servizio per molti anni, nel dopoguerra, un giorno mi raccontò di avere avuto da Duilio Angelini, allora sergente maggiore, ottimi consigli per svolgere al meglio il servizio militare. La stima di mio cugino per Duilio rimase sempre alta.

Quando mi occupai della difesa dell'antico ospedale Campana scrissi un articolo su Versilia Oggi che fu apprezzato da Duilio, il quale disse a mio suocero Giuseppe Pucci che dovevo allacciare i rapporti con il giornalista professionista dr. Lando Landi, che fu un mio compagno di asilo, anche lui contrario alla eliminazione del nostro nosocomio, per alimentare una forte campagna di stampa affinché il Campana continuasse la sua benemerità attività. Purtroppo la Regione Toscana non tenne in alcun conto le migliaia di firme apposte in calce alla richiesta popolare dei seravezzini, ( ottomila o forse di più) propugnata da Giorgio Giannelli, direttore di Versilia Oggi e fondatore dell'Unione Versiliese una associazione apartitica che operò per un tempo assai breve, affinché l'ospedale continuasse a rimanere attivo nella nostra Seravezza. L'ultima volta che scambiai alcune parole con lui,  fu quando lo incontrai nelle Scuderie Medicee di Seravezza quando, qualche anno fa, fu festeggiato il maestro Narciso Lega. Gli fece piacere quando gli ricordai i giorni lontani,  durante i quali  consegnava il pane ai bottegai seravezzini.